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Calabria, nuova Cinecittà

   
Ormai è riconosciuta come luogo ideale e scenario naturale per la cinematografia italiana. Una regione, la Calabria, che contiene tutte le parti del mondo che un film possa voler illustrare. Con le bellezze paesaggistiche ed i colori e le professionalità oggi esistenti, spesso è sede di riprese filmiche di importanza nazionale all’interno delle quali, ogni tipo di ambientazione riesce a trovare la location giusta per regalare ad ogni film, una fotografia unica e inimitabile.

 Ed io che ho sempre sostenuto l’idea di non dover partire per cercare il mio cinema, quello che ho voluto e voglio fare, ho trovato negli ultimi anni, un buon segnale che mi convince sempre più e mi sussurra che la mia Calabria non tarderà a divenire la mia e di coloro che lo vorranno, nuova terra di produzioni cinematografiche ed artistiche. Non mancano le professioni, non manca nessun titolo né alcun dettaglio perché si possa far cinema. Nessuno come noi possiede i set senza studi precostruiti. Vogliamo ricordare Paesi del Nord?? C’è tanta di quella neve. Un Far West bruciato dal sole?? Un deserto? Una prateria nord americana? Una spiaggia ed un mare caraibici? Li abbiamo.

E così anche il regista e musicista romano Al Festa, su produzione esecutiva di Vincenzo Samà,ha creduto in ciò, cedendo  al fascino del territorio calabrese per ambientare il suo film, L’eremita, un noir con pennellate di speranza e bagliori di ottimismo che ha visto una numerosa troupe stabilirsi per qualche mese nel nostro territorio con base a Sant’Andrea Apostolo dello Jonio nel cui borgo è stata ambientata la maggior parte delle scene, con tappe anche a Serra San Bruno, Catanzaro, Soverato, per citarne alcune.

La sceneggiatura realizzata da Laura Mondino, ha sviluppato un racconto nel quale una presa di coscienza, partendo da questo nostro Sud, è diventata un invito per l’umanità, ormai stretta nelle più terribili nefandezze e cattiverie, a voler fare i conti con una fine che potrebbe arrivare. Una trama intensa quanto avvincente che attraverso la figura inquietante ma con componenti forti di umanità, di un eremita dal bagaglio esistenziale segnato, porta lo spettatore a riflettere e domandarsi.

Il bravo attore di cinema, tv e teatro Marco Di Stefano ne è il protagonista, con Maurizio Nicolosi, altrettanto prestigioso, la nostra bella soveratese Giusy Criscuolo, e il bravissimo attore-regista anche lui soveratese Claudio Rombolà, la mora badolatese Raffaella Steffanelli, e una partecipazione straordinaria di Diego Verdegiglio, attore catanzarese ma romano di adozione di fama ormai consolidata. Nel cast anche la presenza femminile di due belle come Stefania Stella,  Tanya Kabarova , Francesca Tasini e dell’attore Marco Fattibene.  Una magistrale fotografia è stata curata da Gualtiero Manozzi e una impegnativa organizzazione generale è stata eseguita da Vincenzo Varano con Andrea Frustaci. All’interno di questo gruppo eterogeneo dove ognuno ha rappresentato il tassello giusto al posto giusto, la mia esperienza in qualità di attrice, è stata forte, impegnativa e con un carico di responsabilità che il personaggio interpretato richiedeva: una suora. Figura-simbolo di dedizione totale alla vita religiosa mi è piacevolmente costata ore di preghiere in ginocchio e di bellissimi dialoghi con il protagonista, due opposti che si confrontano, un uomo catastrofista e misterioso, una donna determinata e convinta sostenitrice dell’amore di Dio. Esperienza davvero esaltante nella quale mi è stato necessario, oltre che  dei panni materiali, vestirmi di una identità religiosa che imponeva un “sentirsi” tale. E solo così ho potuto “produrre” l’immagine e l’emozione richiesta. Per realizzare le scene, non è stato necessario ricostruire alcun ambiente, la bella chiesetta del convento delle Suore Riparatrici di Sant’Andrea e la piazza del borgo  sono stati  la cornice mistica che, avvolta nei colori smorzati dai leggeri fumi di scena, ha accolto  la suorina che sono stata e che mi ha ricordato come spesso, pensare a Dio è sempre un bell’affare e una preghiera una rigenerazione dello spirito.

Aspettiamo con ansia l’arrivo di questo bel film il cui destino sarà televisivo o cinematografico, non si sa, ma senz’altro una ulteriore dimostrazione di come  il cinema si sia accorto di noi  che, in quanto calabresi, dobbiamo far tesoro delle ricchezze artistiche che la nostra regione in modo naturale, ci propone.  Noi che ci occupiamo di ciò, dobbiamo valorizzare e credere in questa ricchezza, senza immaginare luoghi altri da questo per animare l’industria cinema che ancora qui non c’è ma che ha  buone speranze di  esistere.

 E, se l’esperienza con Al Festa, mi ha proiettata nella visibilità romana, cosa a me molto gradita che spero continui, è anche vero che  proprio qui  ho sviluppato idee diventate film, come My land, grazie alla produzione Mondialvideo, alla regia di Maurizio Paparazzo, col quale tanti progetti ancora condivido come My land 2, alla sceneggiatura di Ulderico Nisticò, alle riprese e  fotografia di Alberto Ragozzino, agli attori locali, ai service del luogo, ai meravigliosi panorami.

E’ vero,  è proprio qui che ho  trovato la mia Cinecittà.    

 Vittoria Camobreco


 

   
   


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