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ARTE
Michelangelo Pistoletto e l’armonia nel DNA del Terzo Paradiso

   


Questo è un grande evento. Palati assai fini gustano bontà di cultura e specialità di conoscenza, prelibatezze di arte. La presenza di Michelangelo Pistoletto ha catalizzato l’attenzione di tutti gli uomini di sensibilità artistica e particolarmente originale. L’arte contemporanea si materializza come per magia grazie ad Intersezioni 5, la quinta edizione promossa dall’Amministrazione Provinciale Di Catanzaro  presso il sito greco-romano di9 Scolacium a Roccelletta di Borgia, di un progetto tanto ambizioso quanto affascinante: portare l’Arte con la A maiuscola nel nostro territorio. Ci è riuscita largamente avendo avuto artisti come Dennis Oppenheim,  Stephan Balkenhol, Wim Delvoye e Marc Quinn, Antony Gormley, Tony Cragg, Jan Fabre, Mimmo Paladino, oggi Michelangelo Pistoletto, esponente indiscusso e prestigiosissimo dell’Arte Povera.

Questo movimento nato nella seconda metà del secolo scorso di povero ha solo i materiali utilizzati per la realizzazione delle opere.  Oggetti di riciclo, cose inutilizzabili, materiali in disuso. Per il resto è denso di significati, ricco di profonde riflessioni che portano il fruitore a meditare, ricercare, conoscere il senso dello stare su questa terra, oggi dimenticato, disconosciuto. E allora i migliori vettori di questo concetto diventano le opere di questi artisti come anche Joseph Beuys, Mario Merz, Piero Manzoni, l’acritico vento della Pop Art degli Anni 60 del secolo scorso con Warhol e la sua Factory, tutte le rivoluzionarie Avanguardie, l’ironico New Dada di Jasper Johns, il Nouveau Realisme di Jean Tinguely , Mimmo Rotella con i decollages, Robert Rauchenberg. E se Manzoni, per citarne uno fra i moltissimi, ha provocato con il più universale dei rifiuti per eccellenza, rendendo la sua Merde d’Artiste un prodotto inscatolato come una confezione di tonno, Michelangelo Pistoletto più armonicamente esprime i contenuti  dell’arte povera attraverso templi, statue, ricicli e le sue realtà specchianti, nelle quali strano e suggestivo è lo scarto immagine reale e finta-immagine in un gioco di prospettive che guardano all’indietro attraverso il presente nel quale lo spettatore è parte integrante e partecipativa dell’opera, ed espande l’autonomia del suo pensiero.

Intersezioni 5 in esposizione è  un progetto assai coinvolgente nel quale Pistoletto racconta in modo nuovo e geniale le problematiche legate ad una domanda a cui spesso l’uomo oggi si sofferma: dove andremo a finire? Egli nella sua lunga e profonda indagine artistica e meditativa partita dagli Anni 50, ha tratto un pensiero tutto nuovo che si concentra sul principio terreno e un  po’ scientifico di tre Paradisi. O meglio IL DNA DEL TERZO PARADISO, non un concetto biblico ma uno scavo nella genetica dell’esistenza che ha avuto come teatro due paradisi tutti terrestri, quello naturale ed uno assolutamente artificiale, prodotto dalla mente dell’uomo giunto fino ai traguardi tecnologici attuali che tanti agi hanno portato ma anche tante problematiche. Cosa ci sarà dopo di questi?? Nelle viscere della memoria dovrà essere concepito il terzo, il risolutivo che sarà il trait d’union responsabile di una nuova armonia fra naturale e artificiale. L’uomo ha il dovere morale di trasformarsi, in meglio perché di tempo ce n’è poco. Il segno iconografico  di questo pensiero è racchiuso nel nuovo Simbolo di’infinito, una nuova geometria che chiude non due, ma tre cerchi. Il centrale è la chiave importante, il cerchio gravido. Di soluzioni, di compatibilità fra natura e artificio, di una nuova coscienza umana che guarda il mondo con altri occhi, meno avidi. Visitare la mostra di Michelangelo Pistoletto, anche per i più estranei all’arte contemporanea, apporta un gran senso di benessere spirituale mentre con leggera sorpresa si rimane avvolti dalla sacralità della Basilica bizantina contenente nella sua unica navata, un tempio di rifiuti in bilico, le cui colonne sono pile di cestelli vecchi di lavatrici e il timpano serpentine di frigoriferi. Oppure la discreta e benevola presenza di etruschi fra gli ulivi, statue che si integrano con la natura in una armonica ed estetica osmosi.

Ma dov’è questo DNA? Al Foro Romano. La grande piazza che vide millenni fa un popolo vivere la quotidianità del lavoro, del culto, della politica. Nel centro di questo agorà pavimentato una grandissima sequenza di tubi in alluminio,  s’intreccia per formare un colorato codice genetico che forma il nuovo simbolo dell’infinito. Non può bastare tutto ciò: per conoscere davvero Pistoletto la prossima tappa è il Museo Marca a Catanzaro; qui l’Artista, vera star fra gli “art addicted”, e fra questi me, espone le sue più celebri opere come la VENERE DEGLI STRACCI un capolavoro, di ironica e forte vitalità, dove una sensuale e luminosa Venere evocante l’arte classica, è costretta dall’autore ad affondare le sue belle forme dentro stracci vecchi e variopinti, usati, toccati, indossati da chissà chi. E lei Venere ricoperta di mica luminosa non si cura dello spettatore e volta irriverentemente le spalle e tutto il proprio lato b, inquinando il concetto di bellezza ideale, tanto caro all’arte classica, con i rifiuti, l’irriverente noncuranza.

L’auspicio è che cresca nel tempo l’amore per l’arte, la ricerca interiore e personale di nuovi modi e mondi di esprimere un pensiero, un’urgenza, un sentimento. Si, perché oggi il fare artistico non si risolve nel virtuosismo del pennello, la perfezione di uno scalpello, la superficialità dell’immagine ingurgitata, fagocitata alla velocità della luce, ma nella vibrante e comunicativa, sconcertante o rassicurante, visione della contemporaneità che fa di noi ormai oltre che dei prodotti, delle abitudini, dei bisogni seriali che dobbiamo possibilmente saper governare, per contribuire a fermare questa corsa pazzesca del mondo verso la collisione fra ciò che di più caro e importante abbiamo: la terra e la nostra intelligenza.

 Vittoria Camobreco

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