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Il sesso del papa

   
Dunque il papa parla o ha parlato nella circostanza in questione da capo di stato e non da Pietro, pastore di un gregge che vede pecorelle smarrirsi, in numero crescente, in occidente ma che, nel globo terracqueo, registra un notevole aumento di battezzati quanto mai prima nella storia della cristianità . La questione e’ antica anche se stimolante e basta qui ricordare, per accentuare l’ontologica difficoltà a segnare il limite dei ruoli papali, accennare al fatto che gli accordi tra il nostro stato e quell’altro sono volgarmente ricordati da tutti i profani e dai più fini dicitori di cose storiche nonché dai testi scolastici, nonché nelle parole del Duce prima e di Craxi dopo  come, udite udite, Patti tra uno stato (l’Italia) e la Chiesa…si proprio la Chiesa non lo Stato della città del Vaticano. Ergo vorrei, io si, entrare nel merito lasciando ad altri di scannarsi sul vecchio e imperterrito vizio italico del nominalismo, quel vizio per cui dando alle cose il nome che riteniamo,convenzionalmente, più si addica ad essi ci consideriamo usciti lindi lindi dalla responsabilità di usare i nomi che più consideriamo giusti per assumerci le responsabilità sul detto che quei nomi vogliamo dicano.

Chiariamoci: io dico la mia cioè la cosa giusta per me. Chi vorrà dirà la sua che ai miei orecchi sarà la cosa sbagliata per me. Certo intelligente è colui che di fronte argomenti stringenti e ragionamenti conseguenti cambia la sua idea per quegli argomenti e per quei ragionamenti. Sono un orrendo stupido bestione!

Il santo Padre, vedete, non può indossare gli abiti di Pietro durante l’angelus domenicale e dismetterli quando incontra la diplomazia in qualità di capo di Stato. Non può farlo perché il suo ruolo e di luce del e nel mondo perché il suo potere non deriva dagli umori dell’elettorato o da qualche voto in più di un qualsiasi consesso ma da un astorico mistero che si è fatto carne e sangue nella storia. Troppo grande è il peso del suo ruolo perché esso venga ingabbiato nelle categorie del lessico da abbecedario.

Io da poco credente e con pochissima fede dico che, anche, non deve.

Proprio in nome di quella cultura laica che tanto più è onesta e autentica quanto più è capace, lockianamente, di riconoscere e discernere ambiti e limiti, di dare a Cesare quel che è di Cesare ma a Dio quel che è di Dio come disse un noto laico che seppe, anche riconoscere il marciume del Tempio. Questo dico, non avendo mai incontrato Dio e fottendomene altamente di Cesare (anche se il nome ha un certo fascino).

E però il dubbio è che davvero pochi abbiamo fatto i conti con cosa sia laicità e cultura laica accontentandoci di tradurre la cosa con un velato senso di fastidio nei confronti del sacro.

Il pontificato degli ultimi anni, tra le tante questio in agenda, ha senz’altro quella relativa alla difesa della famiglia tradizionale, quella formata da un uomo, una donna uniti dal sacro vincolo del matrimonio e dalla prole frutto dell’amore tra gli stessi che perpetuando, a loro volta l’unione familiare garantiscono quel continuum che si fa storia provvidenziale, matrice genealogica della storia non solo cristiana, detentrice di una dimensione salvifica e sacramentale. Non si tratta di giudicare se una idea di famiglia siffatta trovi l’accordo delle nostre idee e convinzioni ma di capire, capire (comprendere), che, di sicuro, trova quelle del Papa e della chiesa che egli guida tra gli scandali della vita terrena.

E’ presumibile che il Santo Padre non abbia avuto l’intenzione di dettare gli organigrammi delle strutture scolastiche laiche, quasi fosse preso da un soprassalto di poca cristiana invidia verso la signora ministra Gelmini ma che abbia sentito l’esigenza, proprio a ragione dell’ organica difesa della Famiglia Cristiana, di dire (in un mondo dove tutti dicono quello che vogliono come in preda all’ebbrezza alcolica più devastante, dal ministro brasiliano sul caso Battista, alla Camusso sul caso Fiat, al religioso egiziano di fede islamica sul massacro dei copti ad Alessandria di Egitto, a Marchionne sui destini industriali del mondo moderno) una parola di allarme circa la, sua di lui, legittima preoccupazione dei danni che alla libertà religiosa delle FAMIGLIE può arrivare da alcuni paesi “dove è imposta la partecipazione a corsi di educazione sessuale o civile che trasmettono concezioni della persona e della vita presunte neutre, ma che in realtà riflettono un antropologia contraria alla fede e alla retta ragione”.

L’intervento del Santo Padre è dunque di tono diverso da quello che si è voluto intendere e rimane circoscritto nell’ambito della logica di indirizzo e di orientamento che compete tanto al Papa quanto al capo di stato. All’uno in difesa del suo gregge all’altro in difesa del suo Stato. Fatte salve le legittime reazioni di chi non condivide: Molto spesso per incapacità di vedere oltre alle parole quel senso che esse spesso celano all’interno di un contesto e di un più ampio discorso, in questo caso millenario.

La cultura laica che, specie in Italia, meglio sarebbe definire laicista ha tanta paura che conquiste di libertà civili vengano ricoperte da una cappa di chissà quale oscurantismo d’oltre Tevere che finisce nel non saper fare di meglio, per difendere tali libertà, che conculcare la libertà del Papa di essere Pastore della sua chiesa e di dire cose che non può non dire.

Dunque il papa non ha paura che una eventuale disciplinata educazione sessuale possa generare dei pervertiti dediti alla più sfrenata sodomia (ma forse anche) ma che una siffatta impostazione possa far retrocedere la famiglia tradizionale ad opzione possibile tra diversi tipi di unioni legali che la Chiesa non può accettare (allo stesso modo di come sarebbe inaccettabile per il prof Nisticò, per es. l’idea che ci sia tra i navigatori che si imbattono nelle pagine di Soverato web qualcuno capace di tradurre Euripide meglio di lui anche se io, di questi potenziali grecisti ,onestamente, non ne ho notizia).

Insomma il discorso meriterebbe davvero di essere approfondito e articolato senza pregiudizi di sorta ma anche di essere preso dalle corna senza giocare con le parole ma affrontando coraggiosamente temi cruciali del nostro tempo deviato, chissà se sia più un bene o un male, verso un relativismo senza contenuti che non trova barriere culturali e di senso credibili tranne che, tra i pochissimi, in Ratzinger e molto prima che venisse eletto al soglio di Pietro.

La laicità non è più uno scandalo per la Chiesa. Per molti laici la Chiesa ancora si! 

p.s. Chissà perché questo discorso mi porta diritto diritto alla questione Fiat/fiom/Marchionne. Vabbè aspettiamo il referendum! Ma credo ci sia un aspetto di fondo correlato.

CC
 

   
   


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