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Come Eravamo

COME ERAVAMO - Anni '50 e '60 a Soverato di Franco Cervadoro

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L'Estate
(prima parte)

di Franco Cervadoro

L'estate cominciava con la chiusura delle scuole.

Prima, si poteva fare il bagno, ma era considerato trasgressivo.

 Le giornate improvvisamente cambiavano, si passava dall'emporio di don Saverino Destito per acquistare gli zoccoli e poi tutti al mare.

 Noi di via Arenile facevamo il bagno alla punta e la spiaggia arrivava all’attuale Campo di Bocce.

 Una traversata infernale che non finiva mai.

 Con ombrellone, sedia e salvagente superavamo la vecchia casamatta militare, il mitico fortino, ormai deposito di attrezzi marinari, una prima ed una seconda duna e poi, finalmente, al mare.

Quando uscivi dall’acqua, dimenticatevi il telo personale di oggi, allora ci buttavamo sulla spiaggia coprendoci di sabbia per riscaldarci.

E dovevi stare molto attento a come ti muovevi, perché tutto intorno era una Beauty Farm economico-popolare, piena di gente seppellita fino al collo per i bagni di sole.

Un cimitero di reumatizzati.

 All'Una si faceva il percorso inverso, tutti a casa, ma con l'ombrellone aperto.

Sulla spiaggia si giocava a cacoccioli, palline nere naturali, che si facevano correre con le dita su una pista, intervallata da dossi, tracciata per l’occasione trascinando il sedere più leggero del gruppo.

Quando uscivano i quadri all’Istituto, se eri promosso e se avevi trattato prima, era il momento di passare dal negozio di Gianni Catrambone per comprare la desideratissima bicicletta marca Doniselli.

La sera ci ritrovavamo tutti sulla piazzetta Gregoraci e, mentre le nostre mamme chiacchieravano sedute alle panchine, noi ci scatenavamo in furibonde Ruba Bandiera ed in corteggiamenti così innocenti da non poterli confessare senza perdere la stima dei nostri modernissimi figli.

Il Centro Commerciale di allora era l’Upim di Catanzaro e si andava in macchina con cadenza trimestrale attraversando le curve di Copanello.

Dietro insistenza, ci fermavamo al negozio del Bananaro, esattamente Negozio di Generi Coloniali, nel vecchio corso stretto, a comprare banane e datteri sfusi, roba da sballo.

Poi venne di moda passare le serate al mare, sulla spiaggia, a giocare al Cucuzzaro nei Lidi di appartenenza, S. Domenico, Perla dello Ionio e più tardi La Marinella.

Nel Lido S. Domenico, che allora aveva delle belle cabine singole con veranda, mastro Ciccio u lastraru dirigeva la situazione con altoparlante e fischietto e, se giocavamo a palla sulla riva, al secondo avvertimento, Totò u mutu ci apriva il pallone in due col coltello, senza tanti complimenti.

Le passeggiate sotto il sole si facevano alla Scarpina e andare alla Boa era una impresa eroica.

Sul mare avvenivano le sfide tra il fortissimo 50 Mercury dell’Ing. Saracco ed il 45 Envirude di Pepè Repice, tutti e due con scafo in legno.

Ma Peppinuzzo non era persona abituata a perdere e di notte nella sua baracca vicino al S. Domenico scaricò una grande cassa di legno con dentro una belva feroce.

Un  65 cavalli Mercury, sei cilindri, nero come la pece, montato da Cesarino Procopio nell'assoluto segreto e provato di notte a notte davanti al Lido.

Che serata vedere sballare quel motore e che spettacolo per noi quella mattina quando appostò Guido Saracco e Mario Armida che si accingevano a raggiungere Copanello e li superò come un siluro lasciando tutti sbalorditi.

Soverato era il centro del mondo.

Accanto, Montepaone e Montauro erano una stazione ferroviaria, Satriano e Davoli un cartello all’Ancinale.

Tutti dicevano di essere di Soverato.

Ma c'era una password, una domanda quiz posta a Milano da Mario Daniele ad una signora che gli chiedeva di trasferire in Calabria il marito detenuto.

“ Signora dite di essere di Soverato e u canusciti u Biondu ?”

Chi non conosceva Antonino Lo Manno detto il Biondo per carità non si permettesse di dire di essere di Soverato.  

Soverato era il centro del mondo ed il Miramare era il centro di Soverato.

Tutti i grandi artisti del momento, da Fred Bongusto a Peppino di Capri, a Mike Bongiorno,  passavano da qui, in serate elegantissime, nelle quali  Pasqualino Callipari, biancovestito, e Antonino Maida,  con le rispettive Signore, volteggiavano, ineguagliabili, tra i riquadri dello Zodiaco.

Qui al suo tavolo riservato, all'angolo interno sotto il pergolato, eri sicuro di incontrare ogni sera il Barone Nicola Martelli con il suo immancabile bicchiere di acqua e limone, mentre ascoltava per la centesima volta Patricia e se qualche sua Bella Ammiratrice si azzardava a fargli la corte, si disimpegnava cortesemente, non perdendo mai di vista la porta dalla quale poteva entrare a momenti la Sig.ra Enrichetta.

Salvo poi ad alzarsi di scatto, fare un giro su stesso, aggiustarsi il collo della camicia ed esclamare: “Eh catene”  (continua)

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Franco Cervadoro, Peppe Repice ti ringrazia da lassù…

Caro Franco, leggere il tuo articolo sull’estate soveratana è stato un tuffo nel mare dei miei ricordi più belli.
I miei fratelli ed io, e di sicuro anche Peppinuzzo dal cielo, ti ringraziamo di cuore per aver rievocato alcuni momenti indimenticabili vissuti da uomini irripetibili come mio padre, che “portavano la bandiera” di una Soverato che non esiste più.
Ricordo con nostalgia il Lido San Domenico di 40 anni fa, di cui Peppe Repice era l’indiscusso protagonista, lui così fascinoso, generoso e solare, amato dagli amici e adorato dalle donne.
Mi torna in mente quando papà si metteva a sciare davanti al Lido portandoci sulle spalle, da autentico fuoriclasse, e noi bambini urlavamo eccitatissimi e terrorizzati, oppure quando prendendo la rincorsa da mare “ammarava a motore” direttamente sulla spiaggia del San Domenico, perché mio padre non era tipo di uomo da salire il motoscafo a spinta!
O quando alla fine della sua “sciàta” si lanciava con gli sci sulla spiaggia, e proseguiva la sua corsa fin sotto gli ombrelloni per fare il baciamano alla fortunata signora di turno, sotto lo sguardo paziente di mia madre.
Eh! La lunga spiaggia del San Domenico, anch’essa un bel ricordo!
Complimenti a te che grazie alla tua bellissima rubrica “Come eravamo” fai rivivere eventi ed uomini come mio padre che hanno contribuito a creare il mito della “soveratanità” degli anni ruggenti, consentendo anche ai più giovani (e perciò meno fortunati) di conoscere le eroiche gesta di personaggi comuni ma fuori dal comune.

A noi fortunati che vi abbiamo assistito, l’onore e l’onere di raccontarli.

Ti abbraccio affettuosamente
Michele Repice Lentini

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NUMERO 02:
IL BAR SCALAMANDRE'
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