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La prolifica penna del giornalista, scrittore e autore S.I.A.E. per la parte letteraria Vincenzo Pitaro. Leggi la sua biografia, i suoi articoli culturali, la sua narrativa, le poesie dialettali, satirico-dialettali e non, le sue pubblicazioni, la rassegna stampa, ecc.

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Comuni del Soveratese

Tutto quello che d’interessante c’è da sapere: Personalità, Storia, Cultura, ecc.

GAGLIATO
(Provincia di Catanzaro)

Alt.: metri 350 (s.l.m.) - Latitudine: 38° 40’41’04 E - Longitudine: 16° 40’36’48 N
Codice catastale: 0852
Abit.: 563 - Denominazione: Gagliatesi
Cap: 88060 – Prefisso tel.: 0967
Confina con i comuni di Petrizzi, Satriano, Argusto e Cardinale. La superficie è pari a 6,99 kmq. Dal capoluogo di regione (Catanzaro) dista circa 40 km

Il comune di Gagliato domina il golfo di Squillace e la baia di Soverato. L'abitato è arroccato su di un poggio alla sinistra del fiume Ancinale. Il suo territorio ha un'altezza che varia dai 350 ai 450 metri dal mare. Dista appena sette minuti dal mare di Soverato e quindici dalle Serre.
Il Santo Patrono è San Nicola di Bari. Si festeggia la prima domenica di agosto e il 5 e 6 dicembre. Un tempo, in occasione di quest'ultima ricorrenza, si svolgeva una fiera imponente. Ancor più rinomata, però, anche fuori regione, era quella del bestiame.

Come arrivarci: A3 uscita Lamezia-Catanzaro – SS 280 fino a Catanzaro Lido – SS 106 fino a Soverato – Lagnosa – Provinciale «Gagliato Mare». Treni: Stazione FS di Soverato. Autobus: da Noverato, Serra San Bruno, Vibo Valentia. Aeroporto: Lamezia Terme

Sito web ufficiale dei Gagliatesi nel Mondo: http://digilander.libero.it/gagliato Gagliato in the World  è stato il primo website gagliatese e a tutt’oggi risulta il più seguito e il più documentato culturalmente. Peraltro, è anche testata giornalistica registrata in Tribunale, come supplemento del quotidiano on line L’altra Calabria (www.laltracalabria.it) diretto dal giornalista e scrittore Vincenzo Pitaro.


 Turismo

Gagliato
Pittoresco centro collinare che si affaccia a terrazza sul mare

 di Vincenzo Pitaro

A due passi dalla riviera ionica soveratese e dalle Serre splendide e incontaminate. Dalla collina su cui sorge, Gagliato si affaccia a terrazza sul mitico mare di Ulisse, tanto decantato da Pindaro, dominandone tutto il golfo di Squillace fino a lambire le aride marne di Punta Stilo.

Una vista panoramica davvero incantevole, esaltata da un’aria tersa e luminosa, tipicamente mediterranea. La vegetazione è ricca e multiforme, grazie al suggestivo contrasto marino e, nello stesso tempo, montuoso che avvolge l’intero territorio collinare. C’è un’aria diversa a Gagliato, ora viva, ora ritemprante.

Celebrato anche da eminenti studiosi, il clima di Gagliato (350 metri di altitudine) è ideale per chi cerca relax e distensione.

Già i latini definivano questo luogo «Salubri loco situm». Gagliato, infatti, sin da secoli lontanissimi, è sempre stata una località climatica per pochi privilegiati. Basti pensare che, nel 1691, padre Giovanni Fiore da Cropani, nella sua «Calabria Illustrata», esaltava Gagliato per le «buone comodità quanto al vivere, abbondando di molte cose», definendola, peraltro, «terra di gran civiltà, posta in bel sito molto vistoso et in aere molto perfetto».

E il marchese Sanchez de Luna, alla cui famiglia questo marchesato apparteneva fin dal 1627, dopo aver lasciato la vita movimentata di Napoli per rifugiarsi nella quiete di Gagliato, così scriveva: «Per ritrovare me stesso, preferisco ritirarmi nella quiete delle mie terre e quivi immergermi nello studio e nella letteratura dei classici antichi, e di tutto ciò che germoglia dagli alberi eruditi dello Stoa e del Peripato». In effetti il marchese Sanchez de Luna amò sovente ritirarsi fra i suoi possedimenti di Gagliato, presso il mare Ionio, per ritrovare serenità di spirito, diletto e saggezza che molti suoi parigrado concittadini ignoravano. «Qui vivo in grembo all’innocenza», scrisse in una sua pubblicazione. Una meraviglia della natura, insomma. Uno spettacolo da sempre incantevole. Un angolo di Calabria davvero bello, esaltato da tutto ciò che una natura, suggestiva e generosa, ha saputo dispensare a piene mani: la serenità della collina (tra l’argento degli ulivi e il verde degli aranci), la sfida dei monti circostanti, il suono ritmico e scrosciante dell’Ancinale (l’antico fiume Cecino descritto da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia, ai tempi del quale era navigabile o, meglio ancora, il fiume Kaikinos degli antichi Greci dal quale trasse ispirazione anche Omero).

Ed ancora: il riflesso del mare Ionio, lo stupore di inattesi panorami dove i raggi del sole, liberati da ogni impurità, irradiano più luce e calore, rendendo più mite l’atmosfera, più limpido il ciclo e più colorato, con attorno un profumo di fiori (acacia, zagara, mandorlo, ginestra, magnolie, oleandri, ecc.) sempre più inebriante. Nasce cosi il clima salubre di Gagliato, dove la primavera, l’estate, l’autunno e l’inverno hanno sempre la loro tipicità tutta mediterranea.

Da queste parti, dunque, è sempre un’avventura restare a contemplare lo spettacolo della natura e meravigliarsi di quanti altri fiori, che nascono spontaneamente, colorano l’ambiente e di quanti uccelli lo rendano più allegro.

Il turista scoprirà l’amena e romantica bellezza di un paesaggio d’altri tempi. Un paesaggio vario e ricco di fascino, dove i colori si accendono, all’improvviso, come in una scenografia e si spalancano per scoprire l’incantevole orizzonte ionico.

Sarebbe davvero un peccato non poter visitare e conoscere più a fondo questo centro del Catanzarese, autentica testimonianza di una storia e cultura millenaria. Oltre alla zona archeologica, ai ruderi della Grangia Certosina, ci sarebbe da incamminarsi per i suoi artistici vicoli, dove è possibile ammirare i portali di antichi palazzi signorili, il caratteristico balconcino secolare in ferro battuto e... tanti altri grandi tesori architettonici che sicuramente non mancheranno di affascinarvi. Perché questo centro pittoresco conserva, da secoli, un ricco patrimonio ancora tutto da scoprire. Ed è anche per questo motivo che, a Gagliato, l’emozione ogni giorno soffia più forte.

© Vincenzo Pitaro
Calabria Letteraria n. 7, Luglio 1998

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 Luogo ideale per un corroborante soggiorno estivo (e non solo)

 «Piccolissimo castello di appena quaranta fuochi; però con buone comodità in quanto al vivere... Vi è gran civiltà in questa terra posta in bel sito molto vistoso et in aere molto perfetto».

Con queste parole, padre Giovanni Fiore da Cropani descriveva Gagliato nella sua Della Calabria illustrata più di tre secoli fa.

Situato su una collina a 450 metri di altitudine, questo piccolo centro a metà strada tra Soverato e le Preserre, si presenta al visitatore come una ridente terrazza affacciata sul mare Ionio. Luogo ideale per un corroborante soggiorno estivo, per chi ama trascorrere un’estate lontano dai frastuoni e al tempo stesso trovarsi a poca distanza dal litorale che da Soverato si estende fino a Copanello, e dai monti che costeggiano Serra san Bruno.

Un po' di Storia. Di questo paese si hanno notizie storiche a partire dal XV secolo, allorché era un feudo della famiglia dei Morano che lo ebbe in proprietà fino a tutto il ’400. Passò poi ai Borgia, principi di Squillace, che lo avevano sottratto ai Morano con la forza. Protagonista di questo fatto d’arme era stato Goffredo Borgia, fratello di Cesare, il Valentino, e di Lu-crezia, sorretto da un gabellotto del luogo, tale Gironda. In seguito il feudo tornò ai legittimi proprietari in forza di un modus vivendi, con l’usurpatore Goffredo.

Nel 1494 Ferdinando I re di Napoli espropriò tutti i beni dei Morano e li assegnò a Luca Sanseverino, barone di San Marco, elevato al rango di principe di Bisignano da Ferdi-nando I d’Aragona. Nel 1626, per vincolo matrimoniale, passò ai Sanchez de Luna i quali acquisirono il titolo di marchese.

Infine, nel 1714, a questi succedettero i Sanseverino. Un decennio dopo fu riacquistato dai Sanchez de Luna che incardinarono il titolo di duca. A distanza di alcuni anni, questa famiglia di origine spagnola lo alienò in favore dei Castiglione Morelli che lo trasformarono in baronia. Nel 1806 ebbe inizio l’eversione della feudalità a opera di Giuseppe Bonaparte e l’antico feudo di Gagliato fu trasformato in luogo appartenente al «governo» di Satriano.

La Chiesa Parrocchiale. La chiesa di Gagliato risale al XVI secolo allorquando occupava la parte più alta del centro abitato. Si presenta all’esterno con una facciata in stile barocco; all’interno con una navata centrale e una laterale. I terremoti del 1783, 1905, 1908 la danneggiarono grandemente. In essa si conservano affreschi e tele che sono opera del pittore Felice Fiore, di San Benedetto Ullano. Fu più volte restaurata. L’ultimo rifacimento avvenne nel 1938 quando si dovette intervenire a riparare i danni provocati dall’incendio (a causa di una candela dimenticata accesa sul presepio) di tre anni prima.

La Grangia Certosina. Dell’antica grangia certosina di Gagliato resta ben poco. Quell’antico insediamento monastico ha sempre rivestito per la comunità gagliatese, ma anche per quelle dei paesi limitrofi, una grande importanza. Con un piccolo sforzo di fantasia è possibile immaginare come tra quei monaci e la gente del luogo fosse in atto un reciproco rapporto di laboriosità e di preghiera. Tempi remoti, di cui oggi non giunge altro che un’eco lontana, quanto suggestiva e toccante. Ancor vivo è invece il disappunto per l’insipienza di quanti permisero che i ruderi del vecchio convento passassero in mani private, e quindi manomessi e irrimediabilmen-te deturpati.

La data di fondazione è alquanto problematica. Esiste tuttavia un documento che fa supporre che essa dovette essere costruita a partire dal XII-XIII secolo. Si tratta di un atto di donazione, datato 14 novembre 1191, per mezzo del quale  si assegnava al monastero di Santo Stefano del Bosco un podere nel territorio di Gagliato (pradium positum in agro Galliati). La grangia dovette essere molto fiorente dal punto di vista economico. Essa infatti amministrava un vasto feudo che ricadeva nei comuni, oltre a quello di Gagliato, di Satriano, San Sostene, Davoli e Argusto.

Tra le sue mura, fra l’altro, si spense padre Saverio Cannizzari, priore della certosa di Serra San Bruno dal 1766 al 1774, nonché profondo studioso di matematica e astronomia. Ciò avvenne il 10 gennaio 1784, quasi esattamente un anno dopo il catastrofico sisma che devastò l’intera Calabria. Cominciò da quell’infausto evento la decadenza del cenobio: la Cassa sacra e i francesi, in fasi diverse, dapprima ne sospendevano l’attività religiosa e poi lo sopprimevano assorbendone tutti i possedimenti.

Mitico Uncinale. II sito su cui sorgeva la grangia certosina sovrasta la valle dell’Ancinale, un grosso torrente che per molteplici aspetti è legato alla storia dei paesi i cui  territori attraversa: Satriano, Gagliato, Argusto, Chiaravalle Centrale, Cardinale, Brognaturo, Serra San Bruno. Notizie storiche lo vogliono teatro di memorabili avvenimenti. Plinio il Vecchio lo riporta con il nome di Caecimis e lo classifica tra i fiumi navigabili del Golfo di Squillace.

Lo storico greco Tucidide scrive che «Lachete e gli ateniesi, scesi dalle navi... presso il fiume Cecino, catturarono circa trecento locresi che accorrevano per contenere la forza, con Prosseno, figlio di Capatone, e sottratte le armi andarono via». Si vuole anche che, risucchiato dalle acque, vi avesse dimora il citaredo locrese Eunomo. Leggende, sia chiaro. Di certo è che le sue acque, visitate e percorse fin dall’antichità, costituirono per secoli fonte di benessere. Padre Fiore dice che «i primi a popolare quelle riviere» furono gli enotri. Altri, per lungo tempo, credettero di ravvisarvi la Sagra, il fiume su cui intorno al 580 a.C. diecimila locresi sbaragliarono più di centomila crotoniati. È probabile che, grazie a questa infondata interpretazione, la pianura antistante venne chiamata Sagrianium. Da qui il nome di Satriano, l’antica Cecinia, che sorge sull’altro costone sovrastante l’Ancinale.

A riguardo, il già citato storico cappuccino di Cropani scrive: «Ritrovo che molti lo derivano dal vicino fiume, giusta il loro intendimento detto Sagra, ossia ne formano Saggiano, o pur Satriano. Ma con aperto errore, conciossiaché il fiume Sagra, già famoso per la rotta de’ Crotoniati, egli è sotto Castelvetere». E più avanti  prosegue asserendo che Satriano trae nome «non già dal vicino fiume Sagra, ma piuttosto dal paese all’intomo, detto volgarmente Saynaro».

Oggi il mitico Ancinale ha subito una drastica metamorfosi in seguito alla costruzione di una diga destinata ad alimentare una centrale idroelettrica.

Il sito archeologico. L’Ancinale, nel tratto in cui separa i territori di Satriano e Gagliato, potrebbe nascondere un segreto. Una città sepolta? Presunti rinvenimenti di frammenti fittili farebbero pensare all’esistenza di un qualche insediamento umano risalente al Neolitico. Come dire ad almeno tremila anni fa. È un’ipotesi tutt’altro che peregrina dato che da queste parti sorgeva la colonia greca di Cecinia, progenitrice di Satriano. Ne fanno menzione fior di scrittori dell’antichità (Tucidide, Strabone, Plinio il Vecchio, Pausania) ma se ne son perse le tracce. Con molta probabili tà essa fu distrutta dal tiranno di Siracusa, Dionisio, nel IV secolo a. C.

Qualche scoperta più o meno importante fa risvegliare l’entusiasmo in quanti credono di riesumare le tracce di un lontano passato. È il caso della necropoli venuta alla luce negli anni Sessanta in località Petraro nel comune di Satriano o di uno spezzone di opera muraria lungo la balza di Sant’Angelo nel territorio di Gagliato.

Intorno a questo sito certa vulgata vorrebbe che siano state rinvenuti monete greche, uno statere, utensili e vasellame attribuibili al periodo magnogreco E perfino anfore, un’oinochoe, una punta di lancia... Sono ipotesi, beninteso. Nient’altro che dei «si dice», ancorché insistenti, che noi riportiamo per semplice dovere di cronaca. Illazioni, queste, tutte da verificare alla luce di una metodologia rigorosa e inappuntabile dal punto di vista scientifico.

Ma non per niente inverosimili o bislacche se si ripercorre il passato di questo corso d’acqua ricco di storia e di insedia-menti monastici, come il monastero basiliano di Sant’Angelo della Pietra, nell’omonima località.

Servano,  queste  brevi  note,  a  stimolare l’interesse delle istituzioni preposte, affinché si apra ufficialmente un sito archeologico e si avviino i lavori di ricerca per verificare la consistenza oggettiva di certe... leggende che ogni tanto capita di ascoltare in giro.

Francesco Pitaro

su «Gagliato & Dintorni - Vademecum per il Turista» - © Edizioni L’altra Calabria - www.l’altracalabria.it - Direttore Responsabile: Vincenzo Pitaro


Personalità - Gagliatesi nel tempo

Sono molti i gagliatesi che, nel lavoro, nelle professioni, nelle arti, si sono distinti egregiamente ed hanno dato onore e lustro a Gagliato. Molti dei quali, tuttora operanti, oggi sono lontani dalla loro terra.

Delle tante personalità (degni professionisti ed amministratori del passato) vissute a Gagliato, meritano una particolare citazione l’eroe Guglielmo Gareri, don Emanuele Calabretta, il professore e scrittore Grazio Pitaro (che negli Anni Cinquanta ebbe il privilegio di conoscere ed intervistare più volte Padre Pio), il poeta Domenico Vitale. Essi pensiamo siano rappresentativi di tutta la popolazione, trattandosi di un eroe, di un parroco e di un intellettuale esemplari, nonché di un illustre poeta.

Guglielmo Gareri (1896-1917) fu combattente, con il grado di sottotenente, della I guerra mondiale. Fu mortalmente ferito a Baita Casalena (TN), dopo che si era opposto eroicamente all'incedere delle truppe nemiche. Gli fu conferita una medaglia di bronzo al valor militare con la motivazione che qui di seguito riportiamo: «Con esemplare coraggio e sprezzo del pericolo, sotto il fuoco intenso e l'incalzare del nemico, incitava i suoi uomini, finché cadde gravemente ferito, il 17 maggio 1917». Lo scrittore Grazio Pitaro, che fra l’altro, come dicevamo, ebbe il privilegio di conoscere ed intervistare Padre Pio, ha pubblicato anche saggio in cui racconta i suoi periodici incontri col Frate taumaturgo del Gargano, oggi San Pio da Pietrelcina. «È stata un’affascinante avventura umana», dice. «Furono momenti di commozione e di riflessione. E già d’allora il Frate dimostrava di avere un abboccamento con Dio». Grazio Pitaro, è nato a Gagliato (CZ) il 5 settembre 1918. Fin da ragazzo ha avuto la vocazione sacerdotale, studiando presso il seminario vescovile di Squillace. Combattente nella Seconda guerra mondiale, ha partecipato alla campagna di Francia, Grecia e di Albania, uscendone ferito. Sposato e padre dei giornalisti Vincenzo e Francesco, è stato insegnante (sul finire degli anni Quaranta) in vari centri della Calabria. Nel 1974, periodo in cui si è collocato in pensione, ha ricevuto dal Ministero della Pubblica Istruzione la medaglia d’oro per meriti professionali.

Da sempre, ha continuato a professare vivamente la fede religio­sa, mantenendosi vicino alla Chiesa con particolare devozione alla Madonna e una grande considerazione per Padre Pio da Pie­trelcina. È scomparso nel 1988 ma il suo ricordo è sempre vivo tra i gagliatesi sparsi nel mondo.

Identica cosa per il sacerdote don Emanuele Calabretta (1906-1972) il cui ricordo è tuttora palpitante e suscita commozione nei parrocchiani gagliatesi, da lui ininterrottamente amministrati spiritualmente per quarant'anni. Fu uno spirito magnanimo, amabile e disponibile con tutti; massime con quanti erano bisognosi di cure e di aiuto. Due generazioni videro in lui, più che il parroco che amava in modo particolare i giovani, (che condusse, compreso chi scrive, alla conquista di tante medaglie d'oro ai certami di catechismo), un faro di luce e di edificazione, al cui esempio poter informare la propria vita.


Gagliatesi d’oggi

Fin qui, i gagliatesi di ieri che hanno lasciato traccia della loro esistenza, distinguendosi. Ma quanti sono e chi sono, oggi, i gagliatesi di rilievo, quelli – diciamo così – che contano, quei gagliatesi che rivestono un ruolo di prestigio, sia rimasti in sede che sparsi nel mondo? Intanto, incominciamo col dire che Gagliato ha dato i natali a tre giornalisti: Elisabetta Mirarchi, del Tg1, Vincenzo Pitaro e Francesco Pitaro. Poi, ci fa piacere ricordare gli artisti affermati (quelli della pittura: Giovanni Federico (residente a Roma) e quelli della creatività, che operano in vari settori e che vivono oltreoceano, ancorché poco conosciuti, purtroppo, ancora al grande pubblico.

 FEDERICO Giovanni, pittore

Nato a Gagliato, nel 1942, risiede a Roma. Ha frequentato il liceo artistico e si è formato nello studio del pittore N. D’Onofrio. Tratta temi di carattere sociale con i mezzi tradizionali della pittura. Ha tenuto varie personali in molte gallerie d’arte italiane ed ha preso parte a varie collettive e rassegne. Alla sua opera si sono interessati i critici Bonavita, Riviello, Di Genova, Lunetta, Moretti e altri.

 

  MIRARCHI Elisabetta, giornalista

È nata a Gagliato, nel 1959. Risiede a Roma. Ha scritto per «l’Unità» e per «Paese Sera», ora presta servizio in Rai, agli Speciali del Tg1. È iscritta all’Albo professionale dei Giornalisti dal 1989.

  PITARO Vincenzo, giornalista

Giornalista, Scrittore e Autore Siae per la parte letteraria. Fa parte del Sindacato Nazionale Scrittori. È iscritto all’Albo professionale dei Giornalisti dal 1985. Ha pubblicato diversi volumi di saggistica, poesia dialettale e narrativa, tra cui «Antologia di Letteratura  Calabrese». Si occupa di uffici stampa e scrive per la pagina Arte, Cultura e Spettacolo del quotidiano Gazzetta del Sud. Altri particolari e servizi sul suo website www.vincenzopitaro.it

 PITARO Francesco, giornalista

Giornalista, saggista, ha al suo attivo numerosi volumi di saggistica, narrativa e poesia dialettale. È stato redattore di «Radio Vaticana». Ora scrive per testate giornalistiche quotidiane e periodiche. È iscritto all’Albo professionale dei Giornalisti dal 1993. Nato a Gagliato, nel 1953, ha pubblicato, fra l’altro, un saggio storico dedicato a Gagliato, intitolato «Gagliato, radiografia di un paese di Calabria» con prefazione di Sharo Gambino.


Curiosità

A due passi da qui, nacque il nome Italia

In epoca greca, prima delle colonizzazioni, la Calabria era abitata da più comunità, tra cui gli Enotri (coltivatori della vite), i Coni, i Morgeti, gli Itali. Proprio dal mitico sovrano Italo, la regione - che prima ancora si chiamava Enotria - fu detta «Italia» dai colonizzatori ellenici. Il nome, poi, si estese a tutta la penisola. Fu, dunque, la Calabria a dare il nome all’Italia. Molti dizionari enciclopedici - taluni anche volutamente - lo ignorano.  Aristotele, il grande filosofo greco, nel 384 a.C. scrive che Italo era il re degli Enotri e che «da lui questi presero in seguito il nome di Itali, come pure venne chiamata Italia la regione da loro abitata, quella propaggine di coste delimitata a nord dai golfi di S. Eufemia Lamezia e di Squillace, così vicini tra loro che distano solo una giornata di cammino».

(Vincenzo Pitaro)

Tra storia e leggenda «Jus primae noctis»

La figura di un certo Marchese Sanchez, molto probabilmente un antenato dell’autore delle Fantasie capricciose, è circonfusa da un alone di leggenda che a Gagliato si tramanda di padre in figlio e di generazione in generazione. Si tratta beninteso di leggenda, nel senso che non si hanno riscontri oggettivi nelle documentazioni storiche. Ma avendo tutte le leggende qualche indiscutibile documento storico, vale la pena esporla così come viene narrata dagli anziani di questo centro.

In epoca medievale Gagliato era infeudata ad un certo Marchese Sanchez, al quale le giovinette che intendevano convolare a nozze dovevano pagare il tributo del «jus primae noctis».

La consuetudine si protrasse alquanto nel tempo; senonché giunse in età da prender marito una graziosa fanciulla appartenente alla famiglia di ben precisati Codispoti. Malauguratamente - per il Marchese, s’intende - la promessa sposa aveva quattro robusti fratelli i quali, armati di tutto punto, attesero in casa l’arri­vo dei birri che la dovevano prelevare e condurla al Palazzo.

Giunti a destinazione, i tre bravi furono assaliti dai fratelli Codispoti, uccisi e fatti a pezzi. I loro corpi furono esposti nei pressi di Porta San Carlo ad un albero di olivo (che, per l’appunto, ancora oggi porta il nome di «olivara ‘o quartu», a significare i quarti in cui erano stati ridotti quei corpi) spacciandoli per carne macellata di fresco.

Il Marchese, a sua volta braccato dagli animosi fratelli, riuscì a salvarsi nascondendosi in un materasso imbottito di paglia che fu fatto trasportare dai domestici, fuori paese, al sicuro.

Del singolare Marchese non si sa se sia più tornato o meno nei suoi possedimenti, o che fine abbia fatto in seguito a quello episodio. Di certo si sa che da quel giorno nessun altro feudatario osò più in Gagliato e nei dintorni avanzare richieste di tal genere.

Vincenzo Pitaro
«Calabria Letteraria», nn. 7-8-9, Luglio-Agosto-Settembre 1986


L’origano di Gagliato e le sue straordinarie virtù

L’origano di Gagliato? Ha un profumo unico e inconfondibile. Si differenzia di gran lunga da quello che si trova in ogni altra parte della regione, per il suo intenso profumo di spezie e per le molteplici proprietà e indicazioni. Sono in molti a sostenerlo. Per iniziativa di alcuni studiosi canadesi, peraltro, l’origano di Gagliato è stato oggetto di importanti ricerche a causa della sua ricchezza di principi curativi per l’apparato respiratorio. I risultati ottenuti sono piuttosto soddisfacenti. Questa pianta perenne, usata sia in cucina come aromatizzante che in erboristeria, d’altronde,  è conosciuta fin dall’antichità.

Ora, finanche la fitoterapia l’annovera tra i suoi migliori rimedi, soprattutto come espettorante, antitussigeno, antisettico, analgesico, antispasmodico, calmante. L’origano  indicato anche in caso di inappetenza, aerofagia, pigrizia intestinale, contro  cellulite, eczemi, psoriasi, e via dicendo. Viene adoperato sotto forma di olio essenziale, infuso, decotto, sciroppo, tramite inalazioni con le essenze (l’aromaterapia), bagni, cataplasmi e fomenti.

A Gagliato, questa pianta medicinale cresce spontanea in buona parte del territorio. A farne un aroma esclusivo nel campo gastronomico e ad affidarle tutte queste straordinarie virtù nel settore officinale, sarà forse il clima di questa zona, sarà il suggestivo contrasto mare-monti che avvolge l’intero territorio collinare o chissà.

A tal proposito, va detto che, fino a poco tempo addietro, in questo centro si è registrata una vera e propria raccolta selvaggia. Ognuno si è sentito autorizzato dall’indifferenza ad effettuare il raccolto a modo suo, arrivando quasi sempre a sradicarlo dal terreno, anzichè tagliarlo e lasciare una piccola parte dello stelo.

Ora, c’è già chi pensa di sensibilizzare l’amministrazione comunale al fine di adottare un provvedimento che possa impedire questo devastamento ad opera, soprattutto, di persone che verrebbero da tutto il comprensorio per raccoglierlo e venderlo nei mercati. E c’è di più: l’intenzione di creare un marchio sull’origano di Gagliato e di richiedere il riconoscimento della dop (denominazione d’origine protetta).

Vincenzo Pitaro - Rivista scientifica MTM (Medical Team Magazine), www.mtmweb.it


 Dialetto - Poesia

Gagghjàtu
(Gagliato)

 O chjanùra ‘e Gagghjatu

chi ti spìecchji supa ‘u mara,

chidhu Ddiu chi t’ha criàtu

fhortemente t’avìa amara!

 

Ti trattàu cu’ tantu amuri,

pua ti dezza ‘u sorrisu,

misa a l’oleandru ‘u fhjuri,

vozza ‘u fha ‘nu Paradisu.

 

Fhicia ‘i stidhi u su’ brillanti,

dissa o' sula 'mu caddija,

'nzignàu ê cìedhi i mìegghju canti,

ogni fruttu penzàu u crija.

 

'E janéstra o bruvéra

'u profhumu è sempa ‘ntùornu,

ca ‘u vìernu è primavera

e ‘a notta adhùcia ‘e jùornu.

Vincenzo Pitaro

 

Traduzione letterale: O collina di Gagliato / che ti specchi sopra il mare, / quel Dio che ti creò / fortemente ti doveva amare! / Ti trattò con tanto amore / poi ti diede il sorriso, / persino l’oleandro ebbe il fiore, / volle fare un Paradiso. / Fece le stelle come brillanti, / disse al sole di riscaldare, / insegnò agli uccelli i canti migliori / e pensò a creare ogni tipo di frutto. / Di ginestra o di erica dei boschi / nell'aria c’è sempre il profumo / perché l’inverno qui sembra primavera / e la notte s’illumina di giorno.

Questa poesia in versi ottonari è stata dedicata a Gagliato dal giornalista e scrittore Vincenzo Pitaro nel 1985.


Antichi Proverbi di Gagliato

I proverbi e le sentenze popolari in dialetto gagliatese sono pressoché quelli in uso in tutta la regione, e quindi omettiamo qui di farne menzione. Ne riportiamo alcuni che riguardano particolarmente il paese di Gagliato.

Quello che è il più conosciuto per tutta la Calabria, e che, per la sua seconda parte, fa venire la mosca al naso a più d’uno (specialmente fra i giovani) è il seguente: «Si vua 'mu ti mariti va’ a Gagghjiatu, / ammìenzu Chjiaravadhi e Santu Vitu» (Se ti vuoi sposare va’ a Gagliato, al centro tra Chiaravalle e San Vito sullo Jonio). Fin qui nulla di grave, si direbbe. Se non che il seguito appare irriguardoso e, ahinoi!, lesivo della buona reputazione di cui invece godono le ragazze da marito gagliatesi. I versi successivi quasi certamente aggiunti da qualche buontempone di un paese vicino, chissà?, forse perché non corrisposto da qualche fanciulla dei tempi andati, è la seguente: «All’ùottu jùorni scindi a Suvaratu,  ti pigghji la patenti di curnutu» (Dopo otto giorni puoi scendere nella vicina Noverato per prenderti la patente di cornuto).

Ciò che non rispecchia per nulla lo stato d’animo e la predi-sposizione umana del gagliatese, nel momento in cui gli si chiede qualcosa, è l’altro proverbio che dice: «Gagghjiatu, nemicu di Cristu, mancu lavàtu trùovu mu mi prìestu» (Gagliato, nemica di Cristo, non trovi neppure un po’ di lievito, fatto in casa per la preparazione del pane, da chiedere in prestito).

Nel comprensorio di Serra San Bruno, infine, ad una ospite che freme di prender cappello, gli viene ingiunto: «E chi? Venisti cùomu lu suli di Gagghjiatu?» (E che? Sei venuto come il sole di Gagliato?)

Locuzione che deriva dalla convinzione popolare (piuttosto errata) che il sole a Gagliato avrebbe una eclittica breve; nel senso che esso sorgerebbe e tramonterebbe in un brevissimo intervallo di tempo.

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(da «Gagliato & Dintorni - Vademecum per il Turista» - © Edizioni L’altra Calabria - www.l’altracalabria.it - Direttore Responsabile: Vincenzo Pitaro)

Altri proverbi Gagliatesi

Moltissimi altri proverbi e modi di dire sono stati raccolti – nel corso degli anni - dalla viva voce degli anziani del paese dal giornalista e scrittore Vincenzo Pitaro ed inseriti in vari volumi. Oggi, molti di essi sono in disuso, se non addirittura sconosciuti dalle nuove generazioni, e ciò è un vero e proprio peccato perché rappresentano un autentico patrimonio di antica saggezza popolare che merita, senza dubbio, di essere conservato non solo per gli studiosi di dialettologia o per gli antropologi ma per tutti coloro che – ben consci del fatto che senza passato non ci potrà mai essere futuro – hanno capito l’importanza che riveste questa tematica. Eccone alcuni:

 

Si chjova ntro misi d’agustu,

si fha ùogghju, manna e mustu

Se piove nel mese di agosto,

si produce olio, fieno e mosto (vino)

 

Sant’Andrìa porta la nova

ca ‘u quattro è de Varvàra,

‘u sia è de Nicola, l’ùottu è de Maria,

‘u tridici è de Lucia 

e ‘u venticincu dô Veru Messìa

Sant’Andrea apostolo, fratello di San Pietro, che la Chiesa ricorda il 30 di novembre, è considerato – nella civiltà contadina – come l’annunciatore ufficiale delle imminenti festività dicembrine: Sant’Andrea porta la notizia che il quattro è di Santa Barbara, il sei è di San Nicola, l’otto è dell’Immacolata, il tredici di Santa Lucia e il venticinque del Messia.

 ‘E Santu Nicola l’annu vacia u vola
Dal giorno in cui si festeggia San Nicola (prima domenica di dicembre) in poi, l’anno si appresta a tramontare

Cu ‘i rumbi ‘e marzu si rivigghjanu i scorzuni
Con i tuoni di marzo si svegliano i serpenti

Tamarri e nani non portano pastrani.
La gente rozza e i nani (o in genere tutti coloro che sono piccoli di statura) non indossano cappotti lunghi.

‘A pinna ti jetta, cchjù d’a scupetta
La penna uccide più del fucile

‘U jumbarùsu ammìenzu ‘i strati, va’ vidìendu ‘a jumba ‘e l’atri
Il gobbo, o chi è pieno di difetti, va guardando nelle strade la gobba degli altri. Nel caso non riuscisse a trovarne una maggiore, inventerebbe difetti agli altri nel tentativo di trovare consolazione.

 Pô cìecu, tuttu ‘u mundu è scuru
Per il cieco, tutto il mondo è scuro, buio 

‘U cascettuni, quandu non canta, caccia canzuni
Il delatore, quando non canta, inventa storielle

Quando dui si mbrìganu, i ‘mpami si ‘nzuppanu ‘u pana
Quando due persone litigano,gli infami, i nemici, s’inzuppano il pane. Ne godono.

(da «Gagliato & Dintorni - Vademecum per il Turista» - © Edizioni L’altra Calabria - www.l’altracalabria.it - Direttore Responsabile: Vincenzo Pitaro) 


Poesia in Lingua
A Gagliato

 Da le querce ombreggiata e dagli ulivi,

aprica e silenziosa ti distendi;

il cielo abbracci, i poggi, i fuggitivi

jonici remi, e d’alto amor mi accendi.

 

Pietra su pietra, dominante ascendi

come un altare pei tuoi dolci clivi,

e da prossime tombe l’eco intendi

dei trapassati, ammonitor dei vivi.

 

Oh, gloria a te se di un Gareri hai l’armi;

se dal mare di Pindaro gli alati

numi, presaghi, vegliano ai tuoi marmi!

 

Rapsodo ultimo, io, dei miei penati

porgo alloro agli aratri, e ascolto i carmi

tra i salmi degli ulivi e i campi aratri.

Domenico Vitale


Gastronomia
Antiche ricette gagliatesi
 

Sono numerose le ricette di cucina, prettamente gagliatesi, che si preparavano nell'Otto e Novecento. Al termine di un nostro personale studio di ricerca, effettuato molti anni fa tra le anziane massaie (più colte), siamo riusciti a raccoglierne oltre cento. Molte di esse, oggi, sono pressoché scomparse o del tutto sconosciute tra le giovani generazioni. Ne pubblichiamo alcune. 

Penne alla Gagliatese. Dosi per 4 persone: 350 gr di penne, 180 gr di ricotta fresca, 120 gr di olive nere snocciolate, 1/2 cipolla, olio, sale, pepe.

Tritare finemente le olive e mescolarle alla ricotta. Unire la mezza cipolla tritata, 6 cucchiai di olio e una macinata di pepe nero. Amalgamare bene gli ingredienti in una zuppiera. Lessare la pasta e diluire la salsa con un mestolo di acqua di cottura delle penne. Scolarle e versarle nella zuppiera, mescolare bene e servire subito. 

Spaghetti di Zia Carmela. Dosi per 4 persone: 350 gr di spaghetti, 4 pomodori secchi, 12 olive verdi snocciolate, 2 filetti di acciuga sott'olio, 1 spicchio d'aglio, 1 ciuffo di prezzemolo, olio e sale q.b.

Snocciolare e tagliare a pezzetti le olive. Scolare i pomodori e tagliarli a striscioline. Preparare un trito di prezzemolo, aglio e filetti d'acciuga. Scaldare 5 cucchiai di olio d'oliva in un largo tegame e fare rosolare a fuoco dolce tutti gli ingredienti, bagnando con 1 bicchiere di acqua calda. Lessare la pasta, scolarla e versarla con il condimento. Farla insaporire a fuoco basso e servire.

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Da «Gagliato & Dintorni», pubblicazione edita dalla testata giornalistica L’altra Calabria - www.l’altracalabria.it - Direttore Responsabile: Vincenzo Pitaro

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