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La prolifica penna del giornalista, scrittore e autore S.I.A.E. per la parte letteraria Vincenzo Pitaro. Leggi la sua biografia, i suoi articoli culturali, la sua narrativa, le poesie dialettali, satirico-dialettali e non, le sue pubblicazioni, la rassegna stampa, ecc.

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Quel glorioso tricolore

Glorioso tricolore, ahinoi, quanti detrattori!

Quel vessillo rosso, bianco e verde a bande orizzontali è la sola cosa buona, altamente simbolica, che ci è stata tramandata. Eppure continua ancora a dare fastidio a qualche politico (politico?) del Terzo millennio.

Adottata per la prima volta dalla Repubblica Cispadana il 7 gennaio del 1797, la nostra bandiera nazionale, in varie epoche, non ebbe certo vita facile. Si tentò di levargli il verde, di aggiungere (al centro) stemmi araldici, simboli di parte, addirittura di sostituirne alcuni colori. Nel 1848 fu fatta propria dal monarca sabaudo poiché il verde, secondo il simbolismo massonico ereditato dai giacobini, rappresentava la natura e con essa l’acquisto dei diritti di natura, anzitutto uguaglianza e libertà contro il dispotismo, che a quei tempi poteva essere solo papale o monarchico.

Con l’Unità d’Italia, poi, tutto lasciò pensare che il tricolore fosse finalmente ormai come scolpito nella roccia. Invece ci furono ancora persone e luoghi che lo rigettarono. Le persone furono i componenti del clero e i luoghi erano le chiese. La questione romana era ancora aperta. Stato e Santa Sede continuavano a ignorarsi, clericali e massoni scendevano spesso ai ferri corti.

Nel 1887 una circolare del Santo Uffizio aveva addirittura stabilito che nei luoghi di culto potevano entrare solo «bandiere benedette». Venne così a crearsi una strana situazione: «benedette» col rito cattolico (al momento della consegna al reggimento o alla nave) erano soltanto le bandiere, gli stendardi o i gagliardetti militari introdotti in occasione, ad esempio, di funerali religiosi. Tutti gli altri vessilli, che pur avendo i colori nazionali costituivano l’emblema di un sodalizio o di un partito, restavano inesorabilmente fuori della porta.

Ciò provocò lamentele e continui alterchi. Nel marzo 1899, nella chiesa romana di Sant’Andrea delle Fratte si verificò un incidente tanto clamoroso da provocare una discussione in Parlamento. In risposta ad una interrogazione degli onorevoli Barzilai e Budassi il governo dichiarò che bisognava distinguere tra le bandiere appartenenti ad associazioni private e quelle dello Stato, delle province e dei comuni e che una esclusione dal recinto dei sacri edifici sarebbe stata illegittima. Simili controversie ebbero fine grazie ai Patti Lateranensi del 1929. Ma non finirono con ciò le disavventure di un drappo ormai onusto di storia e di gloria. 

Durante il secondo conflitto mondiale la bandiera italiana si sdoppiò a causa della rottura dell’unità nazionale e soldati di un solo sangue e di una sola patria caddero uccisi nel corso della guerra fratricida che ne derivò.

Vincenzo Pitaro

www.vincenzopitaro.it

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