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Gregorio Calabretta dal Teatro Rendano all’Università Bocconi
Attendiamo Garibaldi? No grazie.

   
Lo scrittore, sceneggiatore, attore, Gregorio Calabretta sarebbe stato annoverato tra i nomi più altisonanti della letteratura neorealista se ne avesse fatto parte; non avrebbe certo sfigurato al cospetto d’un Moravia o d’un Pasolini, da sempre alla ricerca dell’obiettiva della cruda realtà. Di quel vissuto narrato senza ricercatezze formali, privo di ornamenti ed orpelli retorici. Un letterato, dunque, che avrebbe fatto a pugni con il Cervantes ed i suoi cavalieri immaginari,  con l’Ariosto, evocatore d’un mondo mai esistito, ma che continua a farsi strada con la sapienza e la preparazione d’uno storico infatuato, stregato dallo sconfinato emisfero del passato. Di chi la storia la conosce e cerca di rappresentarla più simile possibile alla realtà.

E’ il trascorso dei nostri avi, sono le vicende del passato a stuzzicare la sua inesauribile fantasia. La stessa che l’autore utilizza per creare delle avventure da proporre a teatro. “Il mio approccio con quel mondo fu alquanto casuale ed ora mi porta dal teatro Rendano fino alla Bocconi, dove il 5 maggio  rappresenterò il mio ultimo lavoro “Aspettando ancora Garibaldi”.” Una pièce che ripercorre i trascorsi d’una terra, “la nostra”, asserisce l’autore natìo di Stalettì, che si porta dietro un retaggio difficile da cancellare. Lo stesso che i libri di scuola continuano a propinare ai nostri giovani. Quello viziato da falsità, da menzogne somministrateci con l’obiettivo di ingannare. 

“ L’’Italia dei Savoia aveva bisogno di figure romantiche, di cavalli bianchi e camicie rosse, anche a scapito della nostra identità culturale; oggi c’è bisogno di capire se quei cavalli erano davvero bianchi e se quelle camicie fossero davvero tutte rosse”.

Parlavamo degli inizi, “Sì” continua l’autore, “scrissi un testo nel 1993 per 24 alunni d’una scuola di Soverato, dove insegnavo; le critiche furono così belle che da allora ho continuato a scrivere senza fermarmi”  Infatti da allora ha scritto 28 spettacoli, testi che hanno totalizzato  oltre 1.300  repliche che hanno totalizzato nella regione, davvero un bel primato per questo artista calabrese.

“Il mio obiettivo primario”, puntualizza, “è quello di far emergere il lato positivo del Meridione”. Di quel sud da sempre bistrattato, umiliato, offeso, da chi non conosce la realtà dei fatti, da chi cerca di gettare la colpa su una parte della Penisola che in tempi remoti fece la fortuna di questa nazione. “Basti ricordare”, suggerisce lo scrittore, “i periodi che precedettero l’unità: nel 1859 ogni lavoratore meridionale pagava mediamente 5 tasse, per l’importo di 12 lire procapite. Dopo il 1861 le tasse pian piano divennero 28, per un importo medio di 34 lire a lavoratore. Da allora il Sud offriva introiti anche al Nord. Eravamo analfabeti, sì, è vero, proprio perché il cittadino meridionale era dedito al lavoro. Per questo motivo non ci fu concesso di votare: non sapevamo né leggere, né scrivere, a differenza dei settentrionali (al nord un elettore ogni 12 aventi diritto al sud 1 ogni 38). Ma tutti, qui, avevamo a disposizione il giusto necessario per sopravvivere. Ma con l’avvento dei Savoia tutto fu spinto verso il Nord.”

Ed allora la domanda sorge spontanea: Qual è obiettivo della sua rappresentazione che porterà fino alla Bocconi?

L’artista, senza andare troppo lontano con la memoria, risponde, citando le parole del fondatore del Premio Strega, Leonida Repaci : “Dobbiamo iniziare ad alzare la voce, facendo capire ai nostri giovani ed al mondo che abbiamo le capacità per far bene ed il modo è uno soltanto: fare ciascuno il nostro dovere, basterebbe questo.”

Poi spiega la provocazione inserita nel titolo dell’opera “Aspettando ancora Garibaldi”

“Non c’è alcun bisogno d’aspettare un altro Garibaldi, perché impareremo a tirarcele da soli le castagne dal fuoco.”

Il suo pensiero sulla Lega?  “Se al Nord conoscessero la vera storia del Regno d’Italia, ci guarderebbero in modo diverso, ne sono sicuro. Ma loro oggi lavorano, non hanno tempo di leggere, e noi invece studiamo. Così Calabria e Basilicata esprimono il maggior numero dei laureati in Italia, in proporzione agli abitanti.

‘Na vota l’unu, Commendatò”

 Domenico Massarini
 (Calabria Ora del 13/03/2011)
 

   
   


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