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Antonello Venditti e la Calabria

«Gli anni, sono gli anni che ci fregano dentro», cantava qualcuno un po' di tempo addietro. Molto più aulicamente, e se è lecito fare certi paragoni, il grande Virgilio soleva ripetere che «fugit irreparabile tempus».

Perché sì, è proprio vero che il tempo fugge inesorabilmente. E il divino Petrarca affermava che il «tempo passa e non s'arresta un'ora». Ahi!, il tempo; ahi!, gli anni.

Se diciamo questo, la ragione c'è. E non ha nulla a che fare con i trecentisti, né con la metafisica e tanto meno con Sant'Agostino, che era uno che in materia se ne intendeva. Ci mancherebbe, stiamo parlando di un comune mortale, di quell’Antonello Venditti, oggi da tutti ribattezzato l'«ugola sparlante».

Orbene, all'autore di «Roma capoccia», a quanto pare,  gli anni incominciano a farsi sentire. E si vede. Nel corso di un suo spettacolo (più pirico che musicale), tenuto in quel di Marsala nell’estate del 2008 - ma la notizia è giunta solo ora fino a noi, grazie a un filmato amatoriale pubblicato da You Tube -, ha infatti trovato modo di spararla grossa, rendendosi protagonista nientemeno che di una tracotante e boriosa sortita (denigratoria) sulla Calabria e sui calabresi. «Ma perché Dio ha fatto la Calabria?», ha chiesto - fra le altre cose - «er capoccia» al suo pubblico, durante il concerto siciliano.

Beh, da calabresi potremmo rispondere, a giusta ragione, che Iddio creò la Calabria per consentire ai tanti detrattori (compresi i vari Venditti) di dire su di essa le fesserie che vogliono. Ma tant'è: questa è la cultura di taluni urlatori!

Chissà se il «colto» Antonello abbia mai trovato il tempo di leggere qualche pagina di letteratura calabrese?!

Quel grande scrittore di Leonida Répaci, ad esempio, scrisse che «quando fu il giorno della Calabria, Dio si trovò in pugno 15 mila Kmq di argilla verde con riflessi viola. Pensò che con quella creta potesse modellare un paese per due milioni di abitanti al massimo.  Era teso in un vigore creativo, il Signore, e promise a se stesso di fare un capolavoro. Si mise all’opera, e la Calabria uscì dalle sue mani più bella della California e delle Hawaii, più bella della Costa Azzurra e degli arcipelaghi giapponesi».

La Calabria è poi quella regione che all’Italia diede il nome e la gloria. Se l’Italia porta questo nome, ciò è dovuto ad Italo, re degli Enotri, che - al tempo dei greci - regnava nel golfo di Squillace. Ne parla perfino Aristotele, ma figuriamoci se Venditti si metta a leggere i classici greci!

A parte questo, comunque, ci chiediamo: quale indigestione ha indotto Antonello Venditti a prendersela con la Calabria? Perché queste strane intolleranze, queste impertinenze? Perché, insomma, si comporta così con i calabresi?

Perché questo è il suo carattere, questa è la sua indole, potrebbe risponderci un osservatore esterno. Ma chi lo conosce bene, sa che non è così. Difatti, «er capoccia», al bar o dal barbiere, sa anche essere simpatico e, come si dice, di buona compagnia.

E allora? Beh, l'unica giustificazione è, come dire?, di natura anagrafica. Ecco il motivo della nostra introduzione. Non ce ne voglia il sessantenne Antonello (classe 1949) ma gli «anta» per lui hanno cominciato a far capolino. Gli effetti sono reali e corposi. Stando così le cose, non ci resta che esprimergli, con il cuore in mano, l'augurio di buon riposo. Oh, dimenticavamo: si goda una buona e felice vecchiaia! Il palcoscenico è fatto per i giovani, con neuroni senza dubbio più freschi!

Vincenzo Pitaro

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