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Turbolenze emotive...

Bisogna partire da un principio: chi usa l’ironia nelle sue considerazioni deve essere in grado di accettarla quando, l’ironia, la subisce. In quest’ottica accolgo simpaticamente lo sfottò di Michele Amadori su quelle che sarebbero le mie reazioni quando sento nominare il mitologico professore. Ed in questo senso lo rassicuro del fatto che non mi sento offeso per quello che ha scritto, né sono sobbalzato quando gli è sfuggito di nominarlo… .
In verità io mi diverto tantissimo a leggere i taluni articoli. E’ la stessa sensazione che provo quando guardo il telegiornale di Emilio Fede.
Detto questo, però, devo dire che le argomentazioni di Amadori non mi convincono molto. Per esempio, non sono così ingenuo come lui crede. Non sono una volpe, ma neanche così privo di malizia da cadere bello fritto in quelle che definisce delle “provocazioni”. La provocazione, è in qualche modo propositiva. L’arroganza è nefasta. Un qualunque lettore può tranquillamente verificare di come il Mitologico proff attacchi continuamente tutti. Non solo. Ed anche con quale noncuranza, passi dagli attacchi agli elogi, a seconda dell’occorrenza. Certamente qualche volta sono urtato da ciò che leggo, ma non sono assolutamente preda del nervosismo, né di attacchi di bile. Quando dico che non sono così ingenuo è perché ero pienamente consapevole che attaccare l’Innominabile mi avrebbe fatto piovere addosso, come è già successo in passato, l’artiglieria degli adulatori. Ed io, non mi sento vittima proprio di niente. Non so perché l’Amadori si soffermi sul mio presunto nervosismo… e gli sfugga completamente quello degli altri. E soprattutto le contraddizioni profonde che sono emerse in questa polemica. La lettura dei fatti è viziata da una serie di presupposti sbagliati che, per questo,  non corrispondono alle mie reali emozioni. E’ vero che dagli scritti non sempre si è in grado di evincere il tono che, chi scrive, vorrebbe imprimere ai suoi pensieri, ma confesso, che mi diverto tantissimo a scrivere tutti questi articoli e non patisco alcun attacco di bile. Né di invidia. E cosa dovrei invidiare? Per carità… .
Così, per puntualizzare velocemente, e senza alcun spirito di polemica nei confronti di Amadori, ma solo per chiarezza direi che il mitologico proff non ha proprio massacrato Calabretta, che è stimato e conosciuto, ed ha una esperienza teatrale che il mitologico non possiede. Non è neanche così vero che a Soverato ci sia tutta questa gente che potrebbe fare da direttore artistico del teatro, perché ci vogliono competenze precise che non tutti hanno. Si tratta di capire perché i soldi ai forestieri l’anno scorso si potevano dare (a Carpanzano) e Nisticò (…oddio l’ho citato!) non ha scritto una sola parola in tal senso, mentre i pruriti gli sono venuti quest’anno. E’ evidente che c’è sotto qualcosa… . Il problema è che a fronte di una ottima stagione teatrale come si poteva attaccare Calabretta, se non sulla qualità delle sue opere? Criticate, peraltro per sentito dire… . Riguardo al turismo non credo proprio di avere detto cose banali. Il turismo in Calabria c’è. Eccome se c’è. E’ chiuso dentro i villaggi organizzati. Manca il turismo itinerante. Poi, non devo proprio ingraziarmi alcun americanoto o catanzarese. Non ho attività commerciali, né sono candidato a qualche competizione politica (non fosse altro per non correre il rischio di prendere 261 voti quando me ne sarei aspettati 26 mila…). L’economia del turismo locale è una grande risorsa. E’ un fatto, mica una opinione. Ad onor del vero va detto che i termini di svizzeroto, americanoto e germanoto non sono stati usati dal mitologico professore, ma da altro autore. Se poi, Amadori non trova nulla di scandaloso in talune affermazioni, bè, è chiaro che è una sua sensazione,  e nessuno lo può costringere a sentire il contrario. Io lo penso. Lo scrivo. E lo continuerò a scrivere. Libertà di espressione. E di interpretazione. E di divertimento.
Io avevo posto solo due domande. Mica tante. E le risposte non le ho lette. O, forse, non le ho capite.
Ma di una cosa sono veramente in sintonia con Michele Amadori. A Soverato c’è gente che si distingue per avere A GARGIA. Infatti me ne viene in mente uno che l’ha GRANDE, GRANDE… .

 Francesco Raspa

P.S. Non ho mai pensato che l’Amadori facesse parte dell’artiglieria… e comunque la cena sono dispostissimo ad offrirgliela.

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Risposta al sig. Amadori

Direi che il commento da Roma di Michele Amadori è piuttosto riduttivo (Articolo di Michele Amadori... n.d.r.). Fermo restando che rispetto il diritto di tutti ad esprimersi non so la ragione che lo spinge a credere che io “mi nasconda”. Non ho capito da cosa. Al contrario mi sembra di essere estremamente esplicito. Non scrivo l’esatto contrario di ciò che scrive qualcun altro. Scrivo ciò che penso. L’esatto contrario è in questo. Volevo anche tranquillizzare il simpatico Michele: io non mi sono mai sentito in difficoltà. Proprio per niente. In difficoltà, semmai, si è trovato chi ha dovuto ricorrere all’artiglieria. Ho le spalle larghe. Non mi serve la “claque”. Chiedo, però, ad Amadori, di riflettere su alcune cose. Ha letto l’ultimo scritto del mitologico professore? Ha osservato quello che ha scritto su Soverato? Paese senza socialità e senza politica, dormitorio di passacarte che se un qualche interesse hanno al mondo a parte lo stipendio, ce l’hanno altrove. Cosa ne pensa, signor Amadori? Non trova terribilmente offensivo sostenere che i cittadini di Soverato non abbiano alcun interesse al mondo? Lei ritiene che Soverato ed i cittadini di Soverato, con tutti i  limiti (e qualche virtù) meritino di essere continuamente sbeffeggiati da questo signore? Lei pensa che nella nostra città siamo tutti così stupidi e insignificanti e che l’unico sveglio e intelligente, ricco di interessi, sia lui? Perché io conosco persone interessanti, intelligenti, simpatiche, ricche di interessi che devono passare per passacarte e ventisettisti solo ed unicamente perché non vanno a battere le mai ai convegni del mitologico proff? Le pongo una seconda questione. Che rapporto c’è tra il giudizio che il mitologico proff esprime in continuazione su Soverato e i suoi abitanti e le opere in cui il professore scrive di Soverato? My Land è un film che parla della positività della nostra città o racconta di passacarte, ventisettisti pigri che vivono senza socializzare e non hanno altro interesse che lo stipendio? Perché se il mitologico proff è coerente di questo dovrebbe raccontare in My Land. E pensi a quello che ha scritto Paparazzo a proposito del libro L’Ospite. L’ultima parola del romanzo è Soverato. Chi ha mai dedicato un romanzo a Soverato? Chi ha mai pennellato una galleria di personaggi umana, incisiva e profondamente popolare nella produzione culturale della nostra cittadina?  Ma l’ultima parola di cui parla Paparazzo è Passacarte? O Ventisettisti? E’ questa la galleria umana di personaggi che sono descritti nel libro?
Ora, signor Amadori, ci ragioni e provi a darsi o darci una risposta. E mi spieghi perché uno dovrebbe stare zitto di fronte a tanta arroganza. Lei starebbe zitto?
Poi, se tutto ciò l’annoia, ed è plausibile, ci mancherebbe, è sufficiente che non legga questi scritti. Ma se qualcuno vuole scriverci, perché non dovrebbe più farlo? Il web è democratico. La gente, se vuole legge, se non vuole passa avanti.
Ma, se soltanto una volta, volesse leggere ancora, mi farebbe piacere sentire le sue riflessioni alle mie domande.
Io sono un cittadino di Soverato. E pretendo rispetto. Non mi faccio sbeffeggiare da un dotto di contrada che crede di essere molto più di quello che è. Gli altri facciano come vogliono. Io scrivo. E poi, vogliamo evitare che arrivino qui Brakhage, Snow, Chodorov o Bill Viola a insultarci pure loro?

 Francesco Raspa


La gelosia della Signora

Sono d’accordo con la signora Camobreco (Articolo di Vittoria Camobreco... n.d.r.). Se Brakhage, Snow, Chodorov o Bill Viola ci sentissero e ci leggessero… ci schiaffeggerebbero solennemente. Infatti, suppongo farebbero partire sonori schiaffoni in direzione di oratori del tipo: “I soldi dei soveratani non vadano a forestieri”.  Lo dice la stessa signora che ci sono “carovane di attori e registi e produttori di ogni dove che su contratto si spostano ora da Cosenza per scendere a Tropea, andare a Reggio, tornare a Soverato…”. Infatti l’arte non ha confini e un artista ha il diritto di esprimerla in ogni dove. Se poi ci sono provinciali che temono i forestieri, giustamente, ciò fa ridere. Sono d’accordo anche sul fatto che non è molto carino attaccare e isolare, come fanno taluni intellettuali di contrada calabresi, che temono di essere oscurati dai forestieri. E sono d’accordo con la signora quando dice che il buon Paparazzo non merita lo scherno di cui è stato oggetto… perché neanche il buon Calabretta meritava di essere oggetto di scherno.
Mi permetto però, di fare una osservazione. Sulla gelosia.
La signora non deve confondere le sue sensazioni con quelle degli altri. La signora non deve credere che se si muovono delle critiche sia la gelosia a muoverle. Perché questo è il modo in cui ragiona lei. Cioè, lei ritiene che quando una persona fa delle osservazioni lo faccia per gelosia, perché lei, evidentemente, quando le fa, le fa per gelosia. La signora ha usato il parametro che è solito a lei, per affibbiarlo ad altri. Personalmente, quando muovo una critica, anche aspra, è perché faccio delle valutazioni razionali, che, per ciò che riguarda la polemica in corso, sono del tutto plausibili. Io ritengo che la gelosia, o l’invidia si manifestino in tutte le occasioni in cui si disprezza il lavoro degli altri e si apprezza solo ed unicamente il proprio (o di quelli che non si temono). E’ un ragionamento così semplice che persino Brakhage, Snow, Chodorov e Bill Viola, notoriamente impegnati in riflessioni molto complesse, riuscirebbero ad approvare. Personalmente, apprezzo e stimo il lavoro di molti artisti e storici locali di grande e piccola importanza. Non ne faccio i nomi per non coinvolgerli nella polemica. Personalmente non apprezzo, né mi entusiasmo alle epiche rappresentazioni in costume, al presenzialismo ad ogni costo, all’invadenza mediatica, alla spropositata considerazione di se stessi. E, credetemi, sono veramente d’accordo con la signora quando dice: guardiamo il mondo con amore. Ecco, la signora dovrebbe fare questo sforzo. Provare ad insegnare a qualcuno di non considerare la gente che non assomigli a Lui come ventisettista, come passacarte, come dilettante, come giovani che sbevazzano, come orde di turisti fastidiosi… . C’è chi dovrebbe imparare a guardare con amore anche il mondo degli altri. Perché il proprio mondo non è necessariamente  il migliore dei mondi possibili.

 Francesco Raspa


Le ragioni di una polemica

Il buon Maurizio Paparazzo dice di essere stato spinto a scrivere su Soveratoweb perché ho aspramente criticato Ulderico Nisticò. Ed è intervenuto a ricordare il ruolo culturale dell’illustre concittadino. Forse, a Paparazzo è sfuggita la ragione del mio intervento, nato perché il mitologico professore ha aspramente criticato l’ottimo Gregorio Calabretta, di cui ha detto:

  1. Dei poveri spettatori sono usciti da un suo spettacolo senza un applauso (a parte la claque) e borbottando giudizi poco lusinghieri.
     
  2. Sa recitare “benino”, ma non sa scrivere testi, che sono scarsi di trama, privi di sorpresa, lenti, di un dialetto privo di energia, con un italiano scolastico privo di fantasia, e che il tono dell’opera era moralistico, buonista, predicatorio.
     
  3. Ha paragonato Totti portiere, a Calabretta cattivo scrittore; dice che ognuno deve fare il suo mestiere. Volendo dire, Calabretta non scrivere testi.
     
  4. Come cittadino di Soverato, il denaro dei soveratani non va elargito ai forestieri.
     

Mi dica, il buon Paparazzo, questo è un delicato intervento critico di un esperto di teatro? Non è forse un attacco “aspro”, poco elegante, molto arrogante, e piuttosto acidulo? Mi dica, il buon Paparazzo, forse un intellettuale affermerebbe mai che i soldi dei soveratani non debbano andare a forestieri?
Il mitologico arrogante dotto di contrada può permettersi di attaccare un ottimo autore di teatro che ha esperienza e che sa cosa vuol dire scrivere e lavorare sul palcoscenico… ed io non posso permettermi di intervenire spinto dal fastidio di queste “aspre” critiche per ricordare il ruolo culturale ed il talento di Calabretta, cui la cittadinanza di Soverato dovrebbe “gratitudine” per avere, tra l’altro, risollevato le sorti della stagione teatrale?
Ecco, se il buon Paparazzo provasse a riflettere, invece che adulare, si renderebbe conto che lo stesso istinto di stima che lo induce a parlar bene del mitologico dotto, è lo stesso che, prima ancora di lui, mi ha spinto a parlar bene dell’ottimo Calabretta. Ne ho diritto? Me lo concedete? Vi crea problemi?
Forse non ho il diritto di dire che le opere di Ulderico traboccano di retorica espressiva, sono prive di qualunque lumen artistico, sono la proiezione di una autostima esagerata, annoiano mortalmente e non reggono il quarto d’ora di concentrazione? Il buon Paparazzo ritiene di no? Benissimo. Io ritengo di sì. E lo scrivo, lo dico, lo ripeto. Giusto pretendere rispetto? Ancora più giusto cominciare a dimostrarlo nei confronti degli altri. Altro che critiche dell’apparenza.

Francesco Raspa


My Land al Magna Grecia Film Festival?

Comincio col dire una cosa molto evidente. Il buon Paparazzo, solo adesso e solo su mia esplicita richiesta, ha espresso il suo parere sul tema del MGFF. Prima è stato in religioso silenzio. Poi, non bisogna cadere nell’errore di credere che se giro un film a Soverato e sono di Soverato ne consegue che ho prodotto un capolavoro. Non bisogna pensare che l’opera d’arte sia più bella se è prodotta da un indigeno o da un nostro amico. L’opera d’arte è bella o brutta in sé. Pertanto un buon film girato a Bolzano e presentato a Soverato resta un buon film. Se un brutto film girato a Soverato, viene  presentato a Soverato, resta un brutto film. E viceversa, ovviamente. Solo una mentalità provinciale può pensare il contrario. Ed è sempre una mentalità provinciale quella che ritiene che una direzione artistica o un qualsivoglia progetto, se non è realizzato da un artista del luogo, o del comune, sia un furto ai danni dei cittadini, o sia una cattiva opera perché frutto dell’arte di un forestiero. Se il direttore artistico del Magna Grecia Film Festival non ha inserito le opere del buon Paparazzo nella sua manifestazione, sarà stato per due motivi: o erano brutte, o vi erano opere più belle delle sue. Tutto qui. Lo so che è indelicato dirlo, ma bisogna accettare l’idea che quello che facciamo non sia sempre bello come noi pensiamo. Anche se, mi rendo conto, dispiace. Non è un caso che molti attori, arrivati sconosciuti a Soverato, sono divenuti in seguito famosi (pensate a Ravello che ha interpretato Pantani). Non è un caso, che i film vincitori del festival, girano tutti su Sky. E non è certo meno importante che attori e registi famosi e bravi siano venuti a Soverato.

Ma ciò che è veramente strabiliante è leggere che My Land, diretto da Paparazzo e scritto dal mitologico Ulderico è stato proposto come film fuori concorso.
Ai pochi lettori di questo articolo, mi limito a sottolineare l’ennesima incongruenza, evidente dai fatti e non frutto di miei impressioni.
Il mitologico Ulderico ha sparato a zero, fin dalla nascita, sul MGFF. Non ha lesinato acidule bordate su una manifestazione che ha portato in Calabria il gota del cinema italiano. La storia del cinema italiano. Ed il mitologico Ulderico, come tutti i lettori sanno, ha gridato ai quattro venti dell’inutilità dell’evento.
Ora, il buon Paparazzo, come dichiarato nel suo articolo, chiede che My Land venga inserito fuori concorso al prossimo festival. Credo che qualunque altro commento sia del tutto superfluo. La realtà supera, di gran lunga, la fantasia.
Domanda… ma dovremo vedere, il Nisticò sul palco a spiegare davanti a Scola e a tutto il pubblico, le motivazioni del film? Mio Dio… no… .

Francesco Raspa

P.S. E’ inutile che il buon Paparazzo si scusi con i lettori per ragionare di cose di cui farebbe volentieri a meno. Se proprio crede, non ci ragioni. I lettori, liberamente, scelgono se leggere o meno. E’ un principio di democrazia e di libertà di espressione. Gli adulatori, riflettano. 


Il mitologico professore

Se il buon Maurizio Paparazzo vuole rendere mitologica la figura del Nisticò, nessuno glielo può certo impedire. Se ritiene che la “comunità” debba ringraziarlo… lo ringrazi. E la  “comunità” di “ventisettisti” e “passacarte” così aristocraticamente disprezzata, gliene sarà, a sua volta, grata.. E non ho certo coniato io tali, garbate definizioni. Le ha scritte lui. E’ sufficiente leggere i suoi articoli. O ascoltarlo nella sua trasmissione. E, se qualcuno volesse approfondire, potrebbe rileggere quello che ha scritto a proposito dei parcheggi a pagamento a Soverato, quando si dimostrava ben contento di eliminare dalle spiagge di Soverato i turisti “mordi e fuggi”. Di tutti quei forestieri dei paesi limitrofi a Soverato,  che venivano ad “invadere”, d’estate, la nostra comunità. Ricordate i commenti del nostro mitologico professore? Rileggeteli. E siatene “riconoscenti”.
Le persone osservano, leggono, ascoltano e si formano delle opinioni. Poi sono del tutto libere di esprimerle pubblicamente o di scambiarsele a livello personale. O tenerle per sé. Ma i cambi di carro, i mutamenti di giudizi, le invettive che diventano lodi non le ha inventate nessuno. Sono sotto gli occhi di tutti. Di tutti.
 Vorrei far presente al buon Paparazzo che la generosità non è monopolio del suo mitologico amico. E che l’impegno gratuito non lo ha scoperto e praticato solo il suo mitologico eroe. E nel nostro territorio ci sono studiosi di ottima fattura, anche forestieri, che hanno il pregio della discrezione. Quando scrivono non inviano comunicati sui giornali. Non vanno in giro a battare la grancassa gridando “guardate cosa ho fatto!”. Non se la prendano con quel giornalismo poco puntuale e preciso perché è sfuggito loro il mitologico articolo. Non pretendono interrogazioni parlamentari.
Riguardo poi a paragonare “l’Ospite” a “Il Gattopardo”… che dire? La tesi, si commenta da sola. Cerchiamo di restare con i piedi per terra. Una cosa è uno scrittore di grande genio. Altra cosa è un dotto di contrada.
Ma a proposito di gratitudine. Il buon Paparazzo si emoziona per un romanzo dedicato a Soverato. Mi chiedo, lui che è un regista e conosce il cinema, si è emozionato quando ha visto arrivare a Soverato: Ettore Scola, Ugo Gregoretti, Mario Monicelli, Michele Placido, Giancarlo Giannini… solo per citarne alcuni? Non mi è sembrato di leggere alcunché di Paparazzo. E lui di cinema se ne intende. Ed il mitologico professore cosa ha scritto? Invece di plaudire, di incoraggiare, di essere orgoglioso che due ragazzi calabresi fossero stati in grado di mettere in scena un grande spettacolo, portando a Soverato i mostri sacri del cinema italiano… che ha fatto, l’uomo a cui dovremmo gratitudine per qualche traduzione e consulenza gratuita? Li ha attaccati. Li ha dileggiati. Ha cercato di sminuirli. Gregorio Calabretta non sa scrivere testi. Wim Wenders è un opportunista. Albertazzi è stato autore di una riduzione teatrale di scarsa qualità. Il mitologico professore, come Narciso, non riesce che a vedere la propria bellezza. Gli altri non esistono.
Io vorrei che Maurizio Paparazzo scrivesse qualcosa a proposito. Esprimesse un po’ di emozioni e gratitudine anche per tutti gli altri che offrono il loro talento per la nostra comunità. Perché solo se sarà capace di libero pensiero, sarà un libero pensatore. Ma se teme di parlare per il rischio di lesa maestà… allora sarà solo un adulatore.

Francesco Raspa


Giornalismo intelligente e puntuale...

Giornalismo intelligente e puntuale. Quale? Quello di “Sport e turismo”. Perché? Perché dedica un servizio alla Super Pigghiata. Invece, Rai tre, no.  Rai Tre non fa servizi intelligenti e puntuali. Si concentra sui fatti di Cosenza. Ed accenna soltanto ai fatti del nostro territorio. Questo è il metro di paragone di un servizio giornalistico intelligente e puntuale. E poi, scopro, che la Super Pigghiata compie gli anni. L’11 Aprile compie un anno. E che è? Una bambina? Non ho mai visto, né sentito una cosa del genere. Ci vuole un evento di straordinaria (o drammatica) importanza perché venga ricordato ogni anno. Lo sbarco del primo uomo sulla luna. L’elezione di un pontefice. Una scoperta scientifica. Un evento storico che cambia il mondo come la Rivoluzione francese, la caduta del nazifascismo, la Liberazione… . Questi eventi compiono degli anni. Hanno lasciato il segno. Uno spettacolo, sacro o profano che sia, o si ripete nel tempo, ed allora diciamo che è alla seconda, sesta, ottava edizione, oppure una volta accaduto, è accaduto e basta. A Petrizzi, qualora facciano la Pigghiata, diranno che è il ventesimo anno che la rappresentano, ma se non la rappresentano più, non stanno a dire che l’evento che non si fa compie gli anni. Insomma, la solita autocelebrazione. Col rischio di dover leggere l’11 Aprile del 2020 che la Super Pigghiata ha compiuto 11 anni. E chi non lo ricorderà e non ne scriverà, farà del giornalismo cretino e impreciso. Comunque, le celebrazioni sono celebrazioni. Omaggiamo, pertanto con un mazzo di fiori il luogo dove è avvenuto il dramma…

Francesco Raspa


Argomentazioni maldestre?

Io non uso argomentazioni maldestre. Infatti sono molto puntuali. Come è mio solito fare. E lo si può dimostrare in tanti modi, scegliendo solo alcune delle contraddizioni che nascono dalle “parole in libertà” del nostro nobile concittadino (il Nisticò) che ritiene le critiche nei suoi confronti un reato di lesa maestà. Ecco cosa non è maldestro:

  1. Criticare il Nisticò per la sua improvvisa conversione alla giunta Mancini. Tutti sono memori di come abbia trascorso il tempo televisivo e giornalistico a parlare male della giunta manciniana. Lo testimoniano i pesanti attacchi da tele Jonio nel corso della sua trasmissione: “Il Punto”.  Poi improvvisamente… lode a destra e lode a sinistra di questa giunta. E tutto per il finanziamento e la visibilità che offriva al Nisticò la Super-Pigghiata.

  2. Criticare il Nisticò che se la prende con gli attuali amministratori che pagano un forestiero a dirigere il teatro. Forestiero, cioè nativo di luogo poco distante da Soverato. Lui che si vanta di essere stato il primo uomo a parlare, molti anni fa, di conurbazione. Cioè l’aggregazione dei tanti piccoli comuni del basso Jonio in una unica entità comunale (idea peraltro ottima, salvo che non è certo lui che ne ha parlato per primo). Quindi da una parte evoca un grande comune per il basso Jonio, dall’altra attacca i “forestieri” che rubano il pane della cultura ai “soveratani”. Si decida.

  3. Criticare il Nisticò che declama le folle presenti alla Super-Pigghiata, quando queste folle, fuori dal ruolo di spettatori del suo spettacolo, diventano passacarte e ventisettisti, se sono “soveratani”, e “forestieri” se vengono d’estate a fare il bagno sulle spiagge soveratesi. (Sia chiaro che se i forestieri sono quelli buoni, cioè quelli con i soldi, sono bene accetti. Se sono persone comuni che da Guardavalle o Sant’Andrea si spostano a Soverato, “sporcano” e occupano spazio”).

  4. Criticare il Nisticò quando appena si dimette la presidente della pro-loco di Soverato, ancora prima che questa abbia il tempo di rendersene conto, già la dà per eliminata e afferma di avere una idea chiara di chi debba sostituirla. Voglio dire, un po’ di stile non sarebbe male; ma egli ha visto una poltrona libera e ci vuole subito un “suo” uomo (un adulatore).

  5. Criticare il Nisticò quando non riesce a fare a meno di parlare male di tutte quelle istituzioni o di quelle manifestazioni importanti e molto visibili nelle quali, però, non ha alcun ruolo. La casistica sarebbe lunga. Tre per tutte: La Pro-Loco; Il teatro di Soverato (dove non può mettere voce); il Magna Grecia Film Festival, che lo ignora completamente… e lui ne soffre. Ah, se ne soffre!

  6. Criticare il Nisticò quando per la millesima volta ci ricorda che lui, l’Odissea l’ha letta direttamente dal greco e che quel povero professore tedesco, residente a Squillace ha sbagliato la traduzione di un termine (dal greco all’italiano) che lo ha indotto in confusione e che pertanto lo ha portato a esprimere una teoria sbagliata su quel povero Odisseo, che se solo potesse parlare urlerebbe : “BASTAAAA!!!”

  7. Criticare il Nisticò che è stato capace questa estate di ammorbare persino il parroco che non potendone più l’ha liquidato da tutti i comitati possibili e immaginabili della Madonna a mare. Tant’è che la Madonna stessa pare abbia versato lacrime di gioia alla notizia di non averlo più davanti l’anno prossimo.

  8. Criticare il Nisticò quando si scrive da solo i resoconti dei convegni in cui è stato a presentare libri o a parlare di dotte questioni. Gli articoli dovrebbero scriverli i giornalisti  e non i relatori. Abbia almeno l’idea di chiedere ad uno degli adulatori di scrivere tali articoli, perché è proprio antipatico parlare bene di se stessi, meglio lo facciano altri. Non credo abbia difficoltà a trovare qualcuno. Al limite, se vuole scriverseli da solo, s’inventi un nome di comodo.

  9. Criticare il Nisticò quando fa l’elenco dei 38 libri che ha scritto o quando dice che ha scritto 38 libri o quando afferma che per ben 38 volte gli hanno finanziato libri del tipo: “La Chiesa del Santo Troppito”; “La mulattiera che porta alla chiesa del santo Troppito”; “L’Abside della chiesa del santo Troppito”; “La Chiesa del santo Troppito e le colonne corinzie…”

  10.  Criticare il Nisticò quando si mette a parlare di turismo religioso, convinto che i turisti possano venire in massa a Soverato per vedere la Pietà del Gaggini o, in terra forestiera,  la Torre Ravaschiera. Con tutto il rispetto, ai turisti non gliene importa niente. Essi andranno a Locri, Gerace, Serra San Bruno, Roccella… cioè dove ci sono i forestieri.

  11.  Criticare il Nisticò quando fa un uso personale della televisione, approfittando dello spazio che ha su Tele Jonio per colpire senza contraddittorio chi gli sta antipatico. Ne sanno qualcosa gli attuali amministratori di Soverato che per questo gli hanno piazzato la super pigghiata (mattonazzo da 30 mila euro, si dice, ma potrei sbagliarmi e se fosse così mi scuso in anticipo).

  12.  Criticare il Nisticò quando spara a zero sul cinema che Casadonte ha portato a Soverato, dicendo che è un costo per la comunità senza alcun ritorno economico, considerando il cinema un’arte secondaria… per poi, avendone l’occasione, diventare egli stesso sceneggiatore di un film, prodotto con soldi pubblici.

  13.  Criticare il Nisticò quando parlando di un suo convegno (ne parla lui ovviamente, i giornali raramente riportano la notizia) fa i nomi di quelli che c’erano e di quelli che non c’erano, quasi che la gente debba essere obbligata ad andarci.

  14.  Criticare il Nisticò  quando preso dal delirio di onnipotenza comincia a sciorinare tutti i premi che ha vinto. Chi se ne frega!!!

  15. Criticare il quotidiano della Calabria… perché? Perché lo scorso anno ha avuto il coraggio di affidare l’articolo di fondo del 25 Aprile a LUI!!!

  16.  Ed infine (solo per stanchezza) criticare il Nisticò, perché lui può permettersi di ironizzare su chiunque… ma guai, se qualcuno ironizza su di lui… non è sportivo.

Bene, mi auguro che il nostro colto e saggio e pluridecorato concittadino soveratano non se la prenda troppo per questa mia bravata. Se si fosse offeso gli chiedo subito scusa, non c’erano cattive intenzioni, ho solo marcato un po’ dei suoi comportamenti, ripetuti e continui. Ma è chiaro che una persona non sempre si rende conto di come si comporta (neanche io, ovviamente) e se poi, invece di avere amici critici ha una corte di adulatori, bè… è  impossibile che abbia coscienza delle continue scuffiate (usando un termine velico).
Ma sono certo che  sorriderà di queste mie innocenti annotazioni. D’altronde non sono che un altro maldestro tentativo di polemizzare.

Francesco Raspa


La seduzione degli adulatori

Il problema del Nisticò è quello di credere di avere un pubblico di adulatori pronto a battere le mani ed a fargli i complimenti qualunque cosa dica, qualunque cosa faccia.

Quel pubblico che uscendo da teatro lo va a cercare per dirgli: “Ah… stasera, sapessi che strazio! La tua arte, quella sì che è di tutt’altra stoffa!”. In quest’ottica posso anche capire che una persona normale, si convinca di essere eccezionale. E’ dunque del tutto naturale l’irritazione profonda che gli deriva quando qualcuno prova a farlo scendere con i piedi per terra, sottolineando che può anche dire sciocchezze.

Sciocchezze, peraltro, che elargisce di proprio pugno, senza neanche bisogno che qualcuno le riporti. Perché quando scrive determinate cose… le scrive lui, mica gli altri. Piuttosto curiosa è poi la tecnica di dire che, poverino, non lo capiscono. Ma l’italiano è l’italiano ed una serie di parole messe assieme formano una frase, un periodo, una affermazione chiaramente leggibile a tutti. Pertanto scrivere: “Farebbe bene a ricordarsi ( l’attuale amministrazione) che politica culturale non significa prendere i denari soveratani ed elargirli a qualche forestiero”…vuol dire esattamente questo. Cioè: La politica culturale di Soverato va assegnata a chi è di Soverato. E non vanno elargiti soldi a quelli di Montepaone, Satriano, Gasperina, Davoli, San Sostene, Sant’Andrea, Badolato, Guardavalle… . Mi auguro che i sindaci e gli assessori alla cultura di questi comuni, quando avranno in mente di fare una conferenza su un qualche evento storico del luogo, si ricordino di queste affermazioni e non invitino storici “forestieri”. Il Nisticò compreso. Che è di Soverato ed a lui non toccano i soldi dei davolesi, per esempio, ma solo quelli dei i soveratani. Lasci quelli di Davoli ai davolesi. Anche perché, non essendo egli un genio, cioè un uomo che lascia il segno per quello che dice e che fa, non gode neanche delle franchigie accordate agli uomini di intelletto fuori dal comune (quelli sì, dice lui, possono andare a prendere i soldi dei soveratani…).

Se il Nisticò cerca di parare gli effetti delle “parole in libertà” con elucubrazioni successive agli articoli, è evidente a tutti che sta solo cercando di salvare la faccia. Sia chiaro, evidente alla platea di libero pensiero, non a quella degli adulatori di professione. A quelli che escono dal teatro o da una qualunque manifestazione in cui non c’è lui, per dirgli: “Ah… ci fossi stato tu!”. Suvvia Nisticò, lei è uomo colto, non si lasci sedurre da così poco.

Francesco Raspa


Gregorio Calabretta e i "forestieri"

Conosco Gregorio Calabretta, e di lui apprezzo la sobrietà, il buon senso, la passione nelle sue attività, la competenza, la qualità dei suoi lavori. Mi risulta che la stagione teatrale, a Soverato, sia un grande successo, ma anche a volere essere modesti, pare sia decisamente migliore di quella precedente.  In quanto autore di teatro, Gregorio Calabretta, è scrittore di buon livello, e sebbene io non ami particolarmente la recitazione in dialetto, ho ancora impressa nella memoria una stupenda rappresentazione estiva nell’area del parco archeologico di Scolacium, in cui mise in scena un “Malato immaginario” divertentissimo nell’intreccio e gustosissimo nei dialoghi. Un pubblico straripante applaudì a scena aperta attori e regista.  Calabretta interpreta il teatro anche in chiave pedagogica, in quanto occasione per raccontare le realtà locali o mezzo per valorizzare le persone. Qualche anno fa ci siamo ritrovati insieme a lavorare come insegnanti presso l’Istituto Penitenziario di Siano, a Catanzaro. Eravamo nella sezione definita “Alta sicurezza”. E fu proprio lui, che organizzò con i detenuti un piacevole spettacolo teatrale in cui recitavano oltre ai detenuti, gli insegnanti stessi. Ricordo ancora l’emozione che quella esperienza generò tra quelle persone, che, pur avendo alle spalle storie personali e giudiziarie molto pesanti, fecero qualcosa che nella loro vita non avevano mai fatto. Durante le prove tutti erano coinvolti dalla sensazione di fare qualcosa di molto importante.  Ed io ho ammirato la forza e la determinazione di Gregorio Calabretta. Se è vero che il carcere ha anche una funzione rieducativa, evidentemente, lui l’aveva interpretata nel modo migliore.

Io non ritengo che Gregorio sia uno dei massimi rappresentanti del teatro italiano.  Né credo che abbia cambiato la storia del teatro in Italia.  Ma è un autore che lavora con qualità e questo può avvenire senza passare dai libri di storia.  A livello regionale è certo uno degli autori più proficui, apprezzati e, permettetemi, migliori.

Riguardo le considerazioni del Nisticò (vai all'articolo ... n.d.r.) , è chiaro che ognuno è libero di esprimere le proprie opinioni.

Detto questo, però, non è possibile tacere di fronte alle conclusioni del suo articolo, quando dice: “Farebbe bene a ricordarsi (suppongo l’attuale amministrazione) che politica culturale non significa prendere i denari soveratani ed elargirli a qualche forestiero” . Roba da brividi. Vi rendete conto? Un uomo che si definisce  autore di teatro, critico teatrale, scrittore e chissà cos’altro…(dimenticavo, insegnante) dice che i soldi dei soveratani vanno dati ai soveratani. Come a dire, Strehler, che non era di Milano, ha rubato i soldi ai milanesi perché ha diretto il “Piccolo” per anni e anni. Come a dire che se a Catanzaro qualcuno offrisse la direzione del teatro a Dario Fo, l’amministrazione comunale dovrebbe negargliela… perché non è di Catanzaro… . Come a dire che il maestro Riccardo Muti, che non è di Milano, non aveva diritto a dirigere l’orchestra de “La Scala”. Come a dire che tutti quelli che hanno lavorato e preso soldi alla “Super Pigghiata” (Resurrexit) e non erano di Soverato, hanno rubato i soldi o non avrebbero avuto diritto a partecipare all’evento. L’affermazione, oltre ad essere tragicamente deprimente, in verità, mette a nudo ben altre intenzioni ed interessi. I soldi dei soveratani dateli a qualcuno che è di Soverato.

Un uomo di cultura non ragiona cosi. Gli Illuministi, nel Settecento, avevano creato il primo stato sovrannazionale di libera aggregazione che fosse stato mai realizzato nel mondo: gli uomini di cultura facevano parte di una unica nazione ideale per via del loro ruolo e dei loro interessi per la crescita della società europea. Si parlò di “cosmopolitismo”, cioè di “cittadini del mondo”. E invece? Arriva il Nisticò e dice: “I soldi dei soveratani ai soveratani”. Ma cosa sta succedendo? Qualcuno vuole pensare ad una epurazione etnica? Qualcuno vuole che i soveratani governino su tutto e gli altri stiano a guardare? Chi ama Soverato è soveratano. Chi fa qualcosa per Soverato è soveratano ed ha il diritto di affermare le proprie capacità come chi è anagraficamente di Soverato. Ma veramente si può affermare che una persona di Satriano, Chiaravalle, Badolato o Montauro sia da considerare forestiera? Siamo impazziti?

E’ chiaro che c’è dietro, come direbbe Berlusconi, un “progetto”. E, a ragionare, si sta delineando con sempre maggiore chiarezza. Proprio sulle pagine virtuali di Soveratoweb. Provate a leggerle con attenzione ed a rifletterci.

Francesco Raspa


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