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Perché ognuno/a di noi deve continuare a parlare e non arrendersi alla violenza, e sentirsi partecipe di una società?

   


Un vasto movimento di pensiero e tante azioni concrete nel comprensorio dopo gli efferati omicidi avvenuti nel territorio.

Gli Enti, per la loro competenza,hanno organizzato manifestazioni pubbliche , pare non molto partecipate.

Un gruppo di cittadini e cittadine, in ferie nei nostri paesi , appena rientrato nelle città di provenienza, ha redatto e dato alla stampa  un documento in cui esprime tutto lo sconcerto provato.

“Siamo in una piccola fascia della costa jonica tra Soverato e Guardavalle, con sconfinamenti nel reggino, Calabria. Un posto di nessun interesse nazionale né mediatico, tanto che le istituzioni politiche non hanno alcuna consapevolezza di quanto sta accadendo (o lo hanno e gli sta bene così?), impegnate come sono solo a rinfacciarsi finti insulti sul nulla, racchiuse, complici, nelle proprie ricche torri d'avorio. La sicurezza dei cittadini evidentemente non ha alcun appeal in questo periodo.

Gli ultimi due omicidi, quello di Soverato del 22 agosto, sulla spiaggia affollata di persone, di bimbi spaventati, e quello di Palermiti del 3 settembre avvenuto in piazza in piena festa patronale (il figlioletto dell’ucciso è stato anche ferito) sono passati attraverso il silenzio, non solo dei media nazionali, ma anche di gran parte della società civile. La catena di sangue e morte che sta dilagando è stata relegata ad una dimensione di assoluta quotidianità. Nessuno di noi, presente in città, ha proposto di ritrovarci nella piazza, per le strade, per esprimere la nostra indignazione per una violenza che ha coinvolto tutte le centinaia di testimoni involontari dell’omicidio; per dire anche simbolicamente che la città è nostra e non può essere lasciata nelle mani di delinquenti che sparano in mezzo alla folla. Pochi di noi hanno affollato la sala del Consiglio Comunale di Soverato, aperto alla cittadinanza con l’obiettivo di condividere un documento per sollecitare lo Stato a palesarsi, a sostenere in qualche modo questo remoto angolo d’Italia.

Ma il problema della mafia (che se non si era capito di questo si tratta) non interessa le sole regioni ad alta densità delinquenziale, quali possono essere la Calabria, la Sicilia e la Campania, ma ha una valenza nazionale e internazionale, come attestato con scioccante evidenza dall’ultima relazione della Commissione Parlamentare Antimafia sulla ‘ndrangheta, qualificata come la più estesa, ricca e pericolosa associazione criminale a livello mondiale.

Le voci più sensibili della società civile cercano di mantenere viva l’attenzione dell’opinione pubblica sul fenomeno.  E’ giunto il momento di fare rete e di sostenere tali voci che contrastano l'abbandono generale. Bisogna continuare a parlare di quanto sta accadendo, se è vero, come dice Roberto Saviano, che elemento di disturbo per la mafia è la c.d. “pubblicità dell'evento" e soprattutto bisogna fare rete tra singoli/e cittadini/e, bisogna sostenere concretamente, anche solo con piccoli gesti di solidarietà, le realtà di contrasto alla mafia già presenti sul territorio, come Libera, Goel, Ammazzatecitutti e tante altre associazioni che con i fatti sono impegnate a diffondere la cultura della legalità e l’educazione al rispetto delle regole di convivenza civile.

Come singole persone, per evitare di subire la violenza dobbiamo imparare a sentirci parte di un unico corpo sociale affinché nessuno faccia proprio, anche solo per paura, o perché isolato, il modello mafioso come modello ispiratore. E’ un passaggio molto difficile da realizzare, la tentazione ovvero la scelta più comoda è quella dell’indifferenza connivente al “sentire mafioso”, e ci può anche andare bene almeno fino a quando, per pura casualità, noi stessi o qualcuno molto vicino a noi, innocente, si troverà a passare per strada nel momento sbagliato. “

Una seria riflessione su queste parole è d’obbligo per tutti.

Teresa Tino

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