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IL BISOGNO DI UNA RIVOLUZIONE DEMOCRATICA

     
Abbiamo dimenticato la lingua, il prestigio, la vocazione della politica. 

Altri modi di esercitare l’autorità si sono sostituiti ad essa: il carisma personale, i sondaggi, le frasi e i gesti usati in tv… così dicono. 

Ma tutti questi modi, secondo me, non producono autorità e ancor meno autorevolezza. Berlusconi ha potere, non autorevolezza. 

Alle varie istituzioni viene intimato di ubbidire tacendo. Sotto tiro è la magistratura che incarna il diritto e che si trova alle prese con un leader-non leader, sospettato di crimini di cui la giustizia indipendente non può non occuparsi. Le sue peripezie sessuali lo hanno minato ulteriormente, essendo forse connesse a reati, e hanno accresciuto la sua inaffidabilità. Il potere gli dà una parvenza di autorità, ma l'autorevolezza, che è altra cosa, gli manca. 

Non incarna la legge, il servizio su cui la politica si fonda, perché questi ingredienti non sono per lui primari. L'autorevolezza del leader è riconosciuta non solo dall'elettore ma dai pari grado e dai poteri chiamati per legge a controbilanciare il suo. 

Il conflitto tra il Premier e la giustizia avviene perché il premier indagato non va in tribunale, non accetta l'obbligatorietà dell'azione penale costituzionalmente affidata ai pm (art. 112). 

La politica non tirannica dovrebbe servire a governare i conflitti nel loro sorgere, a non intimidire. Berlusconi disconosce tali virtù, per il semplice motivo che non sa - non vuol sapere - quel che significhino la politica e il comando. 

Non il merito e l'autonomia individuale sono stati da lui rafforzati, come tanti italiani s'attendevano, ma l'appartenenza ai giri di potere. 

Ovviamente, il problema non è solo Berlusconi ma l'idea stessa che in Italia ci si fa della politica. La politica non è associata a competenza e disinteresse personale. Non è associata alla verità, ritenuta quasi un attributo pre-politico. È dominio fine a se stesso, e così degenera. 

Lo Stato funziona se gli ordini vengono eseguiti, ma a condizione che sia custodito il bene comune. 

Il potere deve nutrirsi di legalità, oltre che della legittimità data dalle urne. Il privato non deve prevalere sul pubblico. 

L'ubbidienza al politico, scrive nel 1956 Einaudi, secondo Presidente della Repubblica, è possibile solo se «gli uomini a cui è affidata l'osservanza della legge non mettono se stessi al di sopra della legge»

Ecco perchè credo che l'Italia, oggi, abbia bisogno di una rivoluzione democratica: di una rivalutazione della politica. 

È la politica che deve vagliare i dirigenti e impedire all'indegno di entrarvi, senz'aspettare la magistratura. 

Non è solo la sinistra a poter incarnare simile rivoluzione. Possono farla anche le destre.  

Esaltare la politica come servizio pubblico. 

Perciò, è necessario che sinistra e destra ritrovino, insieme, quella tradizione riformatrice così come seppero fare dopo il ventennio fascista.

 Miriam Santopolo
 

   
   


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