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Morti eroiche e morti "semplici"

Dispiace di questo giovane paracadutista italiano morto in Afghanistan per una bomba scoppiata mentre l’automezzo che lo trasportava vi è passato sopra. Abbiamo letto del cordoglio generale di tutta la classe politica. Del ministro della Difesa, del Presidente del Consiglio. Abbiamo avuto dettagliate informazioni sulle prime pagine dei giornali e da tutti i telegiornali.
Dispiace anche per quell’operaio rumeno di 29 anni deceduto il 3 Luglio in Sicilia. E’ caduto dal tetto di un capannone di una ditta presso cui lavorava. Dispiace anche per quell’operaio caduto, negli stessi giorni, dall’impalcatura di un cantiere edile a Foligno, in Umbria. E dispiace anche per quei due operai folgorati da una scarica elettrica sul tetto di un palazzo a Pavia il 29 Giugno. E dispiace anche per quei due operai morti a Riva Ligure il 15 Giugno mentre erano all’interno di un depuratore. Pare che la rarefazione dell’ossigeno e l’alta percentuale di anidride carbonica presenti in quell’ambiente li abbiano asfissiati. Più o meno come quei sei operai morti a Mineo, in provincia di Catania, sempre lavorando presso un depuratore per il coincidente scarico di idrocarburi e solfuri che hanno creato una mortale nube di idrogeno solforato. E poi dispiace per i tre morti in una raffineria in provincia di Cagliari e per i quattro morti, sempre per lavoro, alla metà di Giugno in diverse località della Lombardia.
A fine Giugno l’INAIL ha reso noto una statistica sugli incidenti ed i morti sul lavoro nel 2008. Pare che ( e ciò è buon segno) siano diminuiti del 7,1% rispetto al 2007. Infatti sono “solo 1120”. Più o meno una media di tre al giorno.
Tre morti al giorno nel 2008. Tutte queste persone non vivevano in Iraq. Non erano impegnati in zone di guerra. Non avevano neanche la gratifica, per quanto poi possa valere, di uno stipendio fortemente maggiorato. Queste 1120 persone  lavoravano nell’industria dei metalli, nell’agricoltura, nell’edilizia, nella lavorazione del legno, in aziende che estraggono minerali.
E nessuno di questi ha avuto il cordoglio diretto e pubblico del capo del governo o di un qualsiasi ministro. Neanche un minuto di silenzio alla Camera o al Senato (che avrebbe voluto dire iniziare ogni seduta di ogni giorno dell’anno in silenzio). Nessuno, o quasi, ha avuto anche la prima pagina dei giornali (a meno che non si sia trattato di morti collettive come  per la SARAS in provincia di Cagliari).
D’altronde se non avessi letto la nota dell’INAIL non avrei mai pensato che sono morti l’anno scorso 1120 persone sul lavoro. I giornali non tengono queste contabilità.
Pensavo, se un militare muore in una azione di pace è un eroe; un operaio che muore mentre lavora che cos’è? In fondo, il militare, non sta facendo il suo lavoro con i relativi rischi?
Mi spiace per il giovane paracadutista. Soprattutto perché non ho ancora capito bene per quale ragione sia andato a morire in Afghanistan. Che ci facciamo in Afghanistan? I familiari dei 1120 operai almeno lo sanno perché sono morti i loro cari.

Francesco Raspa

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