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  Vi 
			racconto una vicenda che ha avuto inizio alcuni mesi fa e che sembra 
			essere giunta al suo epilogo. Oltre venti anni fa, forse sbagliando, 
			ho piantato davanti casa mia, nel piazzale posto all’angolo tra via 
			Mascagni e via Bellini, su suolo pubblico, utilizzato a parcheggio, 
			una pianta che oggi è diventata un albero adulto; uno schinus mollis 
			o meglio conosciuto come “falso pepe”, elegante e sempreverde, una 
			specie utilizzata largamente per arredare le aree urbane delle più 
			belle città; un albero dalle caratteristiche particolari, al punto 
			da essere utilizzato nella realizzazione di “parchi anallergici” in 
			città come Milano e Sestri levante, per le sue proprietà, appunto, 
			anallergiche, che produce delle bacche di colore rosa (simili al 
			pepe) utilizzate, oltre che in cucina per insaporire particolari 
			piatti, in campo medico per le sue proprietà antidolorifiche; un 
			albero diventato grande, bello e ingombrante, ma non fastidioso, un 
			degno testimone della bellezza della natura, quella che nelle nostre 
			città manca sempre di più. Nei suoi confronti a volte mi sento in 
			colpa per aver fin troppo abusato della sua ombra, soprattutto nella 
			stagione calda, dove spesso passo dei momenti molto rilassanti con 
			amici, conoscenti, sconosciuti e anche avventori dell’ultimo 
			momento. Ogni venerdì, persone che parcheggiano vicino all’albero 
			per recarsi al “mercatino” non perdono occasione per riposarsi sotto 
			di lui, prima di ripartire. Ogni fiera che si svolge a Soverato come 
			quella dell’Angelo, il giorno di pasquetta, o quella di S. Anna, 
			l’ultima domenica di luglio, porta gente che fa pic-nic e si 
			rinfresca all’ombra dell’albero. Insomma un luogo, forse di 
			privilegio, a portata di mano, un luogo che raccoglie e serba in se 
			le vicende di tanta gente, storie umane di intere generazioni. Un 
			luogo particolare come può esserlo ogni posto della nostra città che 
			ha visto scorrere infinite storie, amori, dolori, gioie, sofferenze, 
			pensieri, azioni. Un luogo vitale. Ebbene, è da alcuni mesi che il 
			signore che abita un appartamento posto al primo piano, posto 
			lateralmente e ad una distanza di circa dieci metri dall’albero, non 
			ne sopporta più la presenza, perché gli occupa parte della visuale. 
			Perché” gl’impaccia”. Ma, Signore, si può essere così cattivi? 
			Rispetto la sua esigenza, la sua differenza, ma non la sua cecità. 
			Non ammetto la sua indifferenza nei confronti degli altri, della 
			natura, della bellezza, della nobiltà della forma e dell’armonia, 
			del bene comune. Ma c’è di peggio. La Cecità di un sindaco, Mancini, 
			che prima della conclusione del suo mandato ha emesso un’Ordinanza 
			di spostamento dell’albero, che equivale alla sua morte sicura, 
			senza giustificazioni e con estrema leggerezza, e l’indifferenza 
			dell’attuale sindaco che con estrema facilità ha ordinato, 
			verbalmente, il taglio dell’albero. E allora, mi chiedo, perché 
			tanta cattiveria, indifferenza ed insensibilità? Capisco che loro, 
			come ognuno di noi, sono occupati a risolvere quotidianamente 
			problemi gravosi e difficoltà estreme, ma non basta per giustificare 
			un’azione del genere. Più volte ho avuto la possibilità, e ne ho 
			avuta sul serio, di difendere ogni filo d’erba della nostra città, 
			fino al punto di trovarmi spesso in contrasto con molti 
			concittadini, l’ho fatto perché ho ritenuto giusto farlo e lo voglio 
			fare ancora perché credo che tutti siamo impegnati a lasciare ai 
			nostri figli un mondo migliore. Dunque chiedo alle autorità che 
			hanno potere decisionale di meditare un attimo in più sulla 
			decisione da prendere, a non chiudere gli occhi, a non tapparsi le 
			orecchie, a non lavarsi le mani. A non UCCIDERE UN ALBERO, per un 
			capriccio. Chiedo a chiunque sostegno e solidarietà per impedire che 
			lunedì ci sia nella nostra cittadina un albero in meno. 
			Lì 13/01/2012Carmelo Pagnotta
 
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