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Come Eravamo

COME ERAVAMO - Anni '50 e '60 a Soverato di Franco Cervadoro

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IL CINEMA LIDO

di Franco Cervadoro

La sala era un lungo rettangolo, parallelo alla via marina, con l'ingresso principale in fondo al vicolo stretto che parte dal corso con i gradini e con tre porte laterali che davano sulla strada dietro il bar di Gigino.

D’estate, durante l'intervallo, tende e cancello si aprivano e la gente usciva fuori a prendere aria o a fumare, mentre un addetto vigilava sugli infiltrati di ritorno.

Qui, rannicchiati tra le sue pareti foderate di perline, abbiamo visto gli universali capolavori di tutti i tempi: Via col vento,I Dieci Comandamenti, Ben Hur, I Gladiatori, Guerra e Pace.

La coda per i biglietti incominciava già dalla strada e quando la proiezione era particolarmente lunga, ci portavamo la colazione.

Così, mentre gli Ebrei, guidati da Mosé, avanzavano faticosamente nel deserto, sferzati dal vento sabbioso dei Sinai,  noi partecipavamo rapiti, addentando filoni di pane e salame.

E non era mai una presenza passiva perché la sala partecipava emotivamente agli avvenimenti. Fischiava senza pietà il cattivo, applaudiva all'arrivo dei "Nostri", e, addirittura avvertiva l’eroe  di turno, u giuvanottu, come noi lo chiamavamo, del pericolo in agguato:  "Attento alle spalle!!".

Ci sentivamo in famiglia e se l’operatore si distraeva lasciando per un attimo storta l’inquadratura veniva immediatamente avvertito da una bordata di urla e di richiami di ogni tipo.

Spesso la pizza del film arrivava agonizzante e si spezzava la pellicola.

La prima interruzione era sopportata, la seconda faceva salire la temperatura, la terza era una apoteosi di fischiate. 

E se c'era da piangere, si piangeva senza ritegno.

Non c'erano fazzoletti capaci di asciugare le lacrime di "Catene", con Amedeo Nazzari.

La gente usciva dal cinema come ai funerali, devastata dal dolore.

Alla cassa Totò Vaccaro e Nuzzo Pagnotta, alle riprese Pantaleone Mascaro, alle caramelle e gazzose Totò u mutu.

Entrando si salutavano i presenti, anche a luci spente, e gli amici ti chiamavano per farti sedere accanto a loro nei posti liberi.

Nelle serate di temporali spesso mancava la luce per ore e, se il numero di questi temerari spettatori era limitato, dopo un po', il gentilissimo Totò Vaccaro ci proponeva di restituirci i soldi o di bollarci il biglietto con la possibilità di ritornare il giorno dopo.

 Ed era un patto tra gentiluomini, piccoli e grandi, che si onorava sempre, con soddisfazione di tutti ed  in special modo dell’operatore che poteva tornare a casa in ore decenti.

Sulle tavole di legno del suo palcoscenico si recitavano i teatri impegnati del giovane Mimmo La Rosa e di Riccardo Gioffrè, con il senatore Filippo Caminiti e don Rosario Gioffrè che sonnecchiavano in prima fila, con l’inseparabile mezzo sigaro appiccicato alla bocca.  

Ma anche le esilaranti riviste con il futuro Procuratore Generale della Repubbli­ca, Mario Daniele, che ballava “Bongo Bongo”, tutto nero di lucido di scarpe, ma si era dimenticato i piedi.

"Giudici, aviti i pedi janchi' gli gridò il Biondo e, poi, scappo via prima che il cannibale ne facesse un solo boccone.

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