SOVERATO WEB - HOME PAGE IL SOVERATESE

Rubrica di fatti, cronaca e cultura generale a cura di Massimiliano Riverso

Numero 10 - Per eventuali Commenti su questo articolo scrivere a: info@soveratoweb.it

IL FIUME DI SANGUE DAI FASTI DELLA ‘NDRANGHETA AL DECLINO DELLA MAFIA

Ia Parte

IN RICORDO DI PEPPINO IMPASTATO

A Cura di Massimiliano Riverso

Focolai di faide sanguinose assediano la nostra terra, dalle strade di Papanice alla piazza di Seminara, mietendo il panico tra la popolazione calabrese tristemente indirizzata verso un ritorno al passato intriso di diaspore familiari e giochi di potere per il riassetto degli equilibri fra le ‘ndrine locali.

    L'universo parallelo che accompagna come un’ ombra inquietante la quotidianità della società calabrese, spesso visto come un essere invisibile ed astratto, si materializza sottoforma di omicidi efferati, sprezzanti del codice deontologico malavitoso, che tutelava in maniera matriarcale l'invulnerabilità di donne e infanti.     L’escalation di sangue e lo strapotere amministrativo del connubio 'ndrangheta  - politica si apprestano ad infierire l’ultimo colpo all’anima pulsante della comunità, prosciugata e deteriorata da una politica  massonica sanguisuga, che pavoneggia gli ultimi frutti del suo raccolto inquinato in bunker sotterranei, in brochure, nei salotti televisivi e nelle piazze ospitante tediosi e noiosi comizi elettorali, intrisi di pura retorica e demagogia reiterata nel tempo.     Giorno dopo giorno, ora dopo ora scontiamo il nostro peccato originale, pagando pegno per essere gli eredi di una società muta, sorda e cieca incapace di reagire contro il potere tentacolare della 'ndrangheta, contro  l'atteggiamento subdolo di amministratori "primedonne" ben vestiti da una mise subdola e meschina, che cela una cloaca caratterizzante  il loro operato sommerso ed i loro irreparabili danni, imperniati da mazzette, assistenzialismo, appalti mangia-euro ed arricchimenti canalizzati esclusivamente verso crescenti caste familiari.

          Distanziandoci dalla classica retorica, trascurando per un momento la guerra mafiosa e l'attesa per l'election day del 13 - 14 aprile,. ritengo necessario rimembrare un esempio per l'intero meridione, mai emulato dalla quasi totalità della popolazione solitamente dedita ad ingoiare rospi amari ed “inculate” molto dolorose.

         C'era una volta un grande uomo, un titano dallo sguardo docile ed ingenuo, ma a tratti spavaldo ed irruente, che lottava in maniera spasmodica contro un potere fortemente radicato nelle viscere del territorio siculo.  Il suo nome era Peppino Impastato da Cinisi, figlio di un noto esponente affiliato al clan Badalamenti,  reo di aver intrapreso una strada alternativa agli usi e costumi dominanti nelle terre mafiose di origine controllata. Sin da piccolo il suo carattere “eretico” ed anticonformista emergeva dall'anonimato di una comunità solita ad inchinarsi dinnanzi ai soprusi umani, perpetrati da indigene associazioni a delinquere, dotate del magico potere della rigenerazione e  proliferazione, nonostante i frequenti cambi al potere ed i periodici regolamenti di conti all'interno del clan.

         La sua infanzia fu contornata dalla crescente diaspora tra l'emergente Tano Badalmenti ed il capo clan storico don Cesare Manzella, incarnanti due differenti filosofie di pensiero, ovvero l'onore ed il rispetto di una mafia antica figlia del brigantaggio contrapposti alla spietatezza, allo spirito "imprenditoriale" e violento della nouvelle vogue di cosa nostra, madre dell'ideologia corleonese.

         Il suo patrimonio genetico eccelso, da vero leader carismatico e acuto, lo avrebbe condotto a mani basse al ruolo di reggente della cosca familiare, ma Peppino Impastato era diverso dall'uomo comune, leggiadro  e privo di timore reverenziale nei confronti della mano nera e del boss Tano distante "Cento Passi" dall'entrata della sua culla materna. Impastato, vera e propria spina nel fianco della storica cosca, comprese in occasione della attentato interno che uccise  don Cesare Manzella la vera entità, il cinismo e la ferocia del mondo mafioso, il quale terrorizzato dall'incubo povertà  razziava a destra e manca all'interno delle desolate comunità sicule.

 Ben presto accortosi della sua estraneità ad un mondo oppresso ed incatenato, iniziò a frequentare un pittore locale, noto in paese per la lotta di classe operaia legata all'anonimo PCI siciliano, che lo indirizzò con affetto paterno verso un mondo idealistico reso fragrante dalla lotta a favore dei più deboli, contro le disparità sociali, contro il sistema controverso che regolava le sorti e i destini dei nuclei familiari meno agiati.

 Peppino Impastato cresceva a vista d’occhio intellettualmente e fisicamente, coinvolgendo per effetto del suo innato carisma comunicativo un numero sempre più folto di uomini e donne, spiriti liberi, compagni impavidi in grado di denunciare qualsiasi illecito amministrativo, ogni sopruso umano e soprattutto gli annosi nessi tra politica - imprenditoria - mafia.  La sezione del PCI , tipicamente anonima ed abbandonata, si ravvivò progressivamente di illuminate menti portatrici di una filosofia aliena al classico siciliano adornato di coppola e moschetto , di uno spirito sognatore in un mondo oppresso da vincoli gerarchici, ribelle verso le logge del potere politico - mafioso.

 Gli effetti del 68' si estesero in tutto lo stivale coinvolgendo anche la terra dimenticata da Dio; a suon di rock'n & roll una nuova generazione si affacciava nel panorama sociale siculo, fortemente convinta che l'anonimato del silenzio imposto potesse essere sconfitto dalla forza degli ideali. I sit-in di protesta contro la corrotta amministrazione locale, le denunce di illeciti legati alla progettazione di grandi opere ed infrastrutture che hanno trasfigurato mediante colate di cemento la amenità del territorio, la lotta acerrima contro lo strapotere della Mafiopoli di Tano erano sintomi precisi di un vento che stava per cambiare.

IIa Parte

IN RICORDO DI PEPPINO IMPASTATO

L'acme del contenzioso tra il clan Badalamenti e l'entourage di Peppino raggiunse l'apice con la nascita della Radio Indipendente di Cinisi, messa in piedi con mezzi economici limitati, ma ben presto nota nell'hinterland per la sua acerrima satira nei confronti del potere centrale, una lotta senza respiro condotta con monologhi saturi di provocazione ed ironia tagliente, a suon di cultura e programmi radiofonici 24h su 24h, in grado di mantenere incollati ai ricettori di frequenze radio audio - ascoltatori di qualsiasi età, classe e provenienza sociale.

Peppino divenne ben presto l'obiettivo bellico principale del clan retto da Zu Tano, trafitto da saette ideologiche affilate che indebolivano la fortezza resa marmorea da un potere secolare. Impastato, una scheggia impazzita nel sepolcro della cultura, si scontrò a viso aperto con l'onore ferito del padre, tramortito dal conflitto di legami contrapposti, l'amore per Peppino e il giuramento di fedeltà al boss locale ed al parentado americano reggente di Little Italy.

               L'annosa esperienza nelle file malavitose del padre tutelò per un breve periodo la diaspora di Peppino, ma con l'incedere del tempo la situazione divenne ingestibile ed insopportabile, portando dopo numerosi avvertimenti e acri dissidi familiari al suicidio del padre, il quale riconobbe solo nell'ultimo periodo della sua esistenza il valore inestimabile della figura del figlio.

       La parabola florida dell'esistenza di Peppino Impastato terminò alla vigilia della conclusione della campagna elettorale locale, per effetto di una esecuzione violenta a base di tritolo, che distrusse il corpo del rivoluzionario siciliano in milioni di brandelli di carne, a mò di un puzzle irricostruibile.

La procura pilotata dalle direttive di Zu Tano ricostruì in maniera difforme l'omicidio Impastato, spacciandolo per un classico suicidio di una mente contorta e depressa, di un anarchico avvezzo a smania di protagonismo e  follia pura.

       La storia di Peppino Impastato volge tristemente al tramonto, il feretro giacente nella casa materna, fortunatamente  orfano dei numerosi affiliati al clan che costituivano oltre il 50% della piccola comunità sicula, era cullato esclusivamente dal nucleo familiare reduce della dura lotta al potere occulto.  

Le lacrime scorrevano come un fiume in piena lungo le irregolarità legnose della bara ospitante i resti del giovane rivoluzionario. Ad un tratto il silenzio surreale che accompagnava l'ultimo saluto all'esistenza di Peppino venne interrotto da un fragore imperioso ed assordante, prodotto da una marea umana che percorreva imperiosa ed altezzosa il lungo viale che conduceva alla casa materna del siculo. Improvvisamente una ventata di libertà spirava l’aere di Cinisi trasportata da inni solenni alla figura inscalfibile, all'integrità umana, alla valenza sociale di un eroe ormai dimenticato nel tempo, trovando la massima espressione dinnanzi all’entrata del casolare di Tano illustre nobile del mondo mafioso siciliano. 

La contemporanea esecuzione dell'On. Moro, probabilmente vittima del connubio servizi segreti - DC, ultimo atto dei disastrosi anni di piombo, fece passare in secondo piano l'efferato omicidio Impastato, che segnava ancora una volta l'impotenza dell'uomo nei riguardi del potere mafioso – massonico, che soffoca giorno dopo giorno l'esistenza ed il valore di determinate aree del territorio campano, siculo e calabrese.  

A quasi 30 anni dalla morte di Giuseppe Impastato, il silenzio regna sovrano oppresso da organizzazioni via via più articolate e complesse da domare e combattere.

 La voce di Peppino, come quella di Falcone , Cassarà, Borsellino è rimasta inascoltata causa la nostra tremenda paura di opporci ad una belva a tre teste, fuse nell'indole di politicanti, mafiosi e logge massoniche.  L'opera di Peppino Impastata è rimasta nel tempo un assolo unico del Nureyev della lotta sociale, in quanto i bambini cresciuti in contesti malavitosi inquinati hanno seguito le orme dei loro amati genitori, divenendo ben presto corpi freddi trivellati da colpi di kalashnikov, inferti da faide inutili per una ricchezza ignorante difficile da gestire e investire.

 L'inferno calabro continua ad avvolgere l’epicentro di una terra splendida ed armoniosa, resa sterile ed arida da una secolare pestilenza che decima giorno dopo giorno, uomini rei di ribellarsi alle volontà di padri padroni.  Ad un secolo di distanza dall'apice migratorio verso l'eldorado lavorativo, i paesini calabresi si annullano quasi completamente immedesimandosi nel vuoto di una società impotente e rassegnata a prostrarsi al potere dell'arroganza mafiosa ed al triste declino di una regione dai sogni spezzati e dall'animo distrutto dal nostro anonimato.

A mercoledì prossimo ...un affettuoso saluto a tutti i lettori

Massimiliano Riverso

Per eventuali Commenti su questo articolo scrivere a: info@soveratoweb.it


SOVERATO WEB non è responsabile del contenuto degli Articoli Pubblicati