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Soverato - Successo per l'Adelchi del "Teatro di Calabria"
Chiaravalle - Presentata la stagione teatrale “Tempo nuovo”
Catanzaro - L'arte di Tinto Brass sorprende e affascina
Soverato - Successo per “Alice nel paese delle meraviglie”

FOTO | Soverato - Grande successo per Juve-Napoli 1-3
FOTO | Soverato - Splendida performance in solo di H.E.R.
Chiaravalle - Ottima performance dei ragazzi di “Tempo nuovo”
Chiaravalle - Ultimo spettacolo al “Tempo nuovo”
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TEATRO | Pamela Villoresi e David Sebasti a Chiaravalle
FOTO | A Chiaravalle una strana famiglia...
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Montepaone - Vernaculando - Rassegna Teatrale 2012
Al via la 15a stagione teatrale a Chiaravalle
Chiaravalle, si riparte con la «Ginestra d’oro»
Successo del musical "Madre Teresa... una goccia..."
Standing Ovation per Paco De Lucia al Festival d'Autunno
Chiaravalle - "Tempo nuovo" - Stagione Teatrale 2011
FOTO - Grande concerto di Nicola Piovani a Caminia
FOTO - Cortale - Jazz&Vento 2010 di Achille Salerno
Da Soverato a Vienna una vita per la musica

Teatro -  Intervista all'attrice Soveratese Olga Pultrone

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La musa soveratese di Tinto Brass presente al festival di Venezia

Soverato - Caterina Varzi ha incantato tutti al Festival di Venezia con la sua sensualità e ha dato prova del suo fascino a testate e a televisioni nazionali. Eravamo in tanti a seguirla qualche giorno fa sul Tg5 e sugli speciali del Festival, alle cui telecamere si è mostrata disinibita e sicura. È giunta alla kermesse cinematografica accompagnata da Tinto Brass, indossando abiti con scollature molto evidenti e notevolmente trasparenti. A chi fosse sfuggito ricordiamo che la 66esima mostra Internazionale d'arte cinematografica di Venezia ha omaggiato Brass con una retrospettiva  dedicata alla sua carriera. In occasione di questo grande ritorno alla mostra, il regista Tinto Brass ha presentato al pubblico la sua musa ispiratrice Caterina Varzi, che è stata la protagonista del corto "Hotel Courbet", proiettato in esclusiva alla stampa alla Biennale di Venezia. Il regista hard era stato bandito dal Festival nel 1967, anno in cui ha partecipato con "Nerosubianco", ed è stato riammesso dopo quarantadue anni, quest'anno anno con "Hotel Courbet" con la soveratese Caterina. Il lavoro in futuro sarà parte integrante di un film a episodi  e che riafferma la convinzione etica, estetica ed erotica di sempre del regista Brass. Si tratta di un piccolo film (18 minuti), in cui tutto è affidato al linguaggio del corpo ossia alle forme di Caterina. Racconta di una donna, che a casa sua, distesa sul letto, rivive sognando una torrida avventura parigina finita male. La prima inquadratura di lei distesa sul letto, nella stessa posizione del famoso quadro, è una citazione da "La chambre bleu" di Simenon. Il prossimo è su D'Annunzio, con Franco Branciaroli. S'intitola "Eja eja alalà" ed è tratto dai suoi diari. Racconta l'avventura erotica, che il Vate ebbe a Venezia la notte prima di partire per Fiume. Il terzo si intitola "Coiffeur pour dames". Parla di una donna che per riaccendere la passione del marito ricorre a parrucchiere specializzato nel restyling di peli nascosti: alla moicana, a cuore, a stella, a punto interrogativo, di tutti i colori. Il parrucchiere, ovviamente, lo interpreta Brass. La Varzi sarà anche la protagonista del prossimo film di Brass, intitolato "Ziva, l'isola che non c'è", una storia contro la guerra, che stanno girando in questi mesi. La pellicola racconta di una ragazza che fa la guardiana di un faro in un'isola della Dalmazia, durante la Seconda guerra mondiale, e convince (a modo suo modo) tre soldati di diverse nazionalità a disertare. La Varzi è nata a Soverato ed assieme ad Elisabetta Gregoraci fa veicolare nel mondo dei vip e dei gossip il nome della nostra location. Del resto l'importante è che se ne parli di una location, tutto fa brodo, tutto fa pubblicità. «Al mio paese (cioè Soverato) – ha così raccontato a Michele Giordano che l'ha intervistata per il settimanale "Chi" – l'hanno presa bene di questo esordio nel cinema hard». Caterina ha lasciato Soverato tanto tempo fa, anche se rientra spesso per trovare i suoi familiari. Proviene da una famiglia di professionisti e vanta un curriculum vitae di tutto rispetto, in cui lo studio e la professione hanno avuto una forte incidenza nella sua vita. Chi poteva pensare che un avvocato ed anche psicoanalista diventasse la musa del regista del cinema erotico? è proprio vero: nella vita mai dire mai!

Maria Anita Chiefari - Gazzetta del Sud


Fiumefreddo Bruzio: nella stanza di Miss Italia

Eccoci a Fiumefreddo Bruzio, sul tirreno cosentino. In una sua frazione montana, San Biase, abita lei, la nuova Miss Italia. Ecco la sua abitazione, che divide con I genitori, I nonni e due fratelli. Tutti giganti in famiglia. Giuseppe ci fa entrare in casa e dopo un brindisi d'obbligo, ci fa vedere la stanza di Maria. Una stanza già piena di tanti ricordi e trofei, anche se la Miss Italia di Fiumefreddo ha solo 18 anni, e da due giorni soltanto. In paese tutti adorano Maria. Ieri sera hanno votato per lei. Il sindaco sta già preparando una sontuosa accoglienza per la sua giovane, bella e illustre concittadina. (TeleCosenza)


Miss Italia incorona la calabrese Maria Perrusi

Maria Perrusi - Miss Italia 2009

SALSOMAGGIORE - «Non ci credo, grazie, saluto tutta la Calabria», queste le prime parole pronunciate col suo spiccato accento calabrese, dalla neo eletta Miss Italia 2009: Maria Perrusi. Altissima (la più alta di tutte con il suo metro e 82), capelli castani, occhi verdi, diciotto anni appena compiuti, nata a Cosenza, vive a Fiumefreddo e frequenta l'ultimo anno dell' Istituto Tecnico Commerciale di Paola. E' questo il profilo della più bella eletta nella manifestazione condotta da Milly Carlucci. Nella scelta finale la calabrese ha superato la bionda Mirella Sessa, casertana, che rimarrà nella storia per essere la concorrente che ha indossato la fascia per pochi secondi: è lei infatti la ragazza "vittima" nella prima serata della clamorosa gaffe che l'ha vista eletta per errore «Miss Moda Italia», titolo poi assegnato alla siciliana Federica Sperlinga. Le cinque ragazze giunte alla selezione finale, oltre alle prime due classificate, sono state: Letizia Bacchiet, Tiziana Morgillo e Alessia Delli Veneri.


Caterina Varzi a Venezia con Tinto Brass

Tinto Brass, il regista più importante del cinema erotico italiano, sarà quest’anno alla Mostra del Cinema di Venezia dopo 42 anni di assenza dal Lido.
Il regista, che sarà onorato con una retrospettiva sui suoi lavori, presenterà il suo nuovo corto Hotel Courbet (omaggio al pittore Gustave Coubert) e la sua nuova musa: Caterina Varzi.
Prima di lei ha sempre scelto come protagoniste dei suoi film avvenenti attrici che, anche grazie a lui, hanno poi ottenuto successo e notorietà. Stefania Sandrelli è la protagonista de La chiave, mentre il 1985 è l’anno di Serena Grandi protagonista di Miranda, nel 1987 lancia Francesca Dellera nel film Capriccio e con Paprika e Così fan tutte segna il successo di Debora Caprioglio e di Claudia Koll.
Ed ora, a 76 anni, con il corto Hotel Courbet (proiettato il 10 settembre al Lido di Venezia), Tinto Brass presenta la 47 enne Caterina Varzi. Psichiatra ed ex avvocato di successo ha incontrato il regista per caso. “Ci incontrammo per definire questioni legali relative ad alcuni suoi dvd [...] Ho letto la sua memoria difensiva per i processi contro il suo Caligola, ho notato una lucidità giuridica sorprendente. Lui disse di essere rimasto folgorato dalla mia presenza, e mi propose subito un film". Caterina Varzi è stata scelta anche come protagonista del nuovo lungometraggio di Tinto Brass Ziva, l'isola che non c'è, che sarà girato a partire dalla prossima primavera.
Sembra ormai evidente che il regista abbia identificato una nuova musa da lanciare.


CATERINA, ULTIMA MUSA DI TINTO BRASS
"SPOSAI UN IMPOTENTE: CHE CHOC"

Caterina VarziE' nata a Soverato il paese di Elisabetta Gregoraci. E' la nuova musa di Tinto Brass e sicuramente sogna di trovare il successo che in passato ha contrassegnato il percorso professionale delle altre scoperte del regista che più hot non si può. Lei, Caterina Varzi, è sicura di trovarsi sul trampolino di lancio: "Al mio paese - ha raccontato a Michele Giordano che la intervistava per il settimanale "Chi" - l'hanno presa bene. Ho vissuto una crisi esistenziale pesante in gioventù: un matrimonio andato a rotoli, annullato dalla Sacra Rota, per impotenza del coniuge; il ritiro in una comunità della Romagna come apicoltrice. Mi ero perfino rapata i capelli a zero. Avevo un pessimo rapporto con me stessa, con il mio corpo...".

PSICOANALISTA A TRASTEVERE In "Hotel Courbet" l'attrice smetterà i panni di psicoanalista. Laureata in legge, dopo un lungo percorso 'esistenziale' è diventata l'allieva prediletta di Aldo Carotenuto, psicoanalista, uno dei massimi esperti internazionali di 'Junghismo'. Ha uno studio affollatissimo a Trastevere, nel cuore di Roma. "Quando conobbi Tinto mi disse di essere rimasto folgorato dalla mia presenza e mi propose subito questo film...". Una pellicola da vedere. (Leggo)


IL FILM DI SOVERATO

 Nei giorni 31 luglio, l’1 e il 2 agosto, ore 19.30 e 21.30, verrà proiettato presso il Supercinema il film My land, di Maurizio Paparazzo, prodotto dalla Mondialvideo di Chiaravalle; con sceneggiatura di Ulderico Nisticò, Vittoria Camobreco e dello stesso Paparazzo; musiche di Louis Siciliano; doppiaggio ad opera di alcuni dei migliori professionisti. Il film si onora di attori di strada, che, sotto la sapiente guida di Paparazzo, sono assurti a livelli più che dignitosi: Raffaella Statti, Anna Sestito, Anna Giannuzzi, Lavinia Molea, Vittoria Camobreco, Giulia Oliverio, Giandomenico Sestito, Davide Oliverio, Pino Vitale, Rino Oliverio, Frank Teti, Maria Tramice, Tina Fiorentino, Marilena Urbano, Ulderico Nisticò, Elena Alcaro, Nicole Martin, Federica Turrà, Vito Macrì, Simona Macrina, Gennaro Vacca, e la partecipazione di Luigi Grandinetti e di Paolo Turrà.

 È stato girato a Soverato, ma anche a S. Andrea, Badolato, Gasperina, Montepaone, Satriano... in paesaggi ariosi e attraenti, resi vivi dall’abilità dell’operatore Alberto Ragozzino.

 Un’impresa cinematografica e culturale, che è stata resa possibile dagli interventi della Film Commission della Regione, presidente Francesco Zinnato; dalla provincia di Catanzaro, assessore Giacomo Matacera; dall’Amministrazione Comunale di Soverato, sindaco Mancini; e dalla Groupama Nuova Tirrena assicurazioni; e dalla cortesia di molti amici ed esercenti, che hanno offerto la disponibilità di locali e attrezzature.

 Una storia in apparenza lieve, dai tratti profondi e pensosi. Una calabrese, Pina, sposata ad un ricco americano, torna dopo molti anni. La attendono quattro sorelle assai diverse tra loro per età e condizione. Ha con sé il figlio e la figlia, che è anche l’io narrante; ma la raggiunge il marito Jack, con cui il rapporto è intenso e conflittuale.

 Arrivati con i soliti pregiudizi sulla Calabria, i tre italoamericani scoprono una terra “normale” pur con le sue specificità, e in cui si vive serenamente, ma che nasconde il suo fascino e i suoi misteri. Lontani da casa, vivono tre vicende di innamoramento, che la fine della vacanza e il senso della realtà rendono impossibili, lasciando loro una soffusa malinconia. Il finale, è a sorpresa.

 Il film è atteso, nei prossimi mesi, ai festival di Salonicco (Grecia), Siviglia (Spagna), e di Torino.


Ghyblj protagonista con Caterina Varzi nel nuovo film di Tinto Brass

Un metro e novanta. Novantacinque chili. Spalle larghe. Voce profonda. Francesco Lombardi è il protagonista di "Ziva", il nuovo film di Tinto Brass. "Dài che così - si lamenta lui, parlando con Affaritaliani.it, abbastanza divertito - non mi riconosce nessuno. Chiamatemi Ghyblj".

Ok, va bene. Chi è Ghyblj?
E' un 42enne spogliarellista, politico, volontario, marito di Valentina e padre di una bambina che va in seconda elementare, Ludovica. E' il mio amore. Frequenta già la scuola di recitazione, ballo e teatro. Vuole diventare come papà.

Di cosa parla il film con Tinto Brass?
E' un film in costume, anche se presumo che il costume lo terremo poco. Durante la Seconda guerra mondiale, su un’isola della Dalmazia si gioca il destino di una donna, la custode del faro, e di quattro uomini, il marito partigiano, due occupanti, uno italiano e l’altro tedesco, e un parà inglese.

Quando uscirà nelle sale?
Iniziamo a girare a fine maggio. Presumibilmente sarà nelle sale l'anno prossimo. Con me c'è Caterina Varzi, avvocatessa. E' la nuova musa di Tinto Brass. E' una bellissima donna di Soverato ed è la protagonista femminile.

Come si arriva a girare un film per Tinto Brass?
Ci si arriva lavorando. Sono un uomo di spettacolo, ho fatto tanto cinema. Infatti non sono una novità per Tinto, perché sono stato protagonista del quarto episodio di Fermo Posta-Tinto Brass.

Vi siete ritrovati, dunque.
Sì, lui aveva bisogno di questa figura per il suo film. Devo essergli venuto in mente io. Quando mi ha chiamato non gli ho neanche dato tempo di terminare la proposta che gli ho detto sì.

E' vero che nella sua vita c'è la presidenza del consiglio comunale di Trezzano sul Naviglio e la militanza in Forza Italia?
Certo, è vero.

E va avanti a fare politica?
Certo, la mia passione continua ad ardere. Attualmente sono impegnato nella campagna elettorale dell'onorevole Guido Podestà alla presidenza della Provincia.

Come si riesce a conciliare le due cose? I politici sono così puritani...
Mi è successo una volta sola di avere un oppositore. Venni attaccato da Tiziano Butturini (attuale presidente di Tasm Spa, già sindaco di Trezzano, ndr) che disse che sarebbe stato uno scandalo se fossi entrato in consiglio. Vinsi, e divenni presidente. E lui lo denunciai...

Insomma, nessuno nel suo partito che le abbia consigliato di smettere di fare quel che fa...
No, nessuno. Non ho niente di cui vergognarmi. Riesco a vivere serenamente non solo la vita dello showman e del politico, ma altre due-tre vite...

Per un totale di quattro, più o meno.
Più o meno. Ora noi stiamo parlando al telefono mentre sono in servizio in ambulanza, come volontario. Tra due ore sarò a casa con la mia famiglia. La verità è che vivo tutte le mie vite intensamente. Anzi, voglio dire di più. Sono orgoglioso di partecipare a questo film.

Prossimi obiettivi?
Un reality.

Qualche informazione in più?
Diciamo che il mio nome è fortemente voluto dalla produzione di un reality importante.

Azzardo: il film si svolge su un'isola. Anche il reality?
Anche il reality. Speriamo. Ma ora devo mettere giù: ho un codice rosso, c'è un uomo che ha perso i sensi...

 - di Fabio Massa - AffariItaliani


Quarta edizione della rassegna “Teatrando” a Montepaone Lido

Prosegue con successo la quarta edizione della rassegna “Teatrando” a Montepaone Lido. L’iniziativa portata avanti dall’Associazione “Il piccolo teatro d’arte” ormai è giunta all’undicesimo anno di attività al civico 16 di via della Libertà.

«Il messaggio che vogliamo lanciare – tiene a sottolineare il presidente del sodalizio, Edoardo Servello - a tutte le istituzioni, è che siamo una realtà culturale in continua crescita e che necessita di uno spazio idoneo con una sala teatrale più grande».

Da un paio d’anni le rappresentazioni teatrali sono rassegne tematiche. Per la stagione in corso il filo conduttore è la donna in ogni sua veste. Il prologo all’appuntamento di domenica scorsa, che ha visto sul piccolo palcoscenico la commedia brillante, in vernacolo, “A scacammi n’atra”, con bravissimi interpreti, quali: Tonino Angeletti, Stella Surace, Martina Procopio, Franco Procopio, Vanessa Curto, Gori Mirarchi, Vincenzo Pitingolo, Lina Rotella, Cristian Procopio, per la regia Piero Procopio, sono stati alcuni versi molto toccanti della nota scrittrice Nella Piccione: « C’è un luogo quasi nascosto dentro una via/dove si vivono momenti di serenità ed allegria,/c’è una tenda rossa e file di sedie da ti/alzi per fare passare/un soppalco dove i ragazzi si annidano per poter tubare,/verdi rametti di fogli finte che scendono per abbellire/e bella gente attenta, venuta qui ad applaudire/alle pareti le foto di Totò e De Filippo in coppietta/e un sottofondo musicale che piano e dolcemente di diletta...».

E sono stati veramente cospicui gli applausi tributati dai costipati e numerosissimi astanti costipati praticamente nell’angusta platea e galleria (ricavata su un soppalco di legno), all’indirizzo della straordinaria compagnia catanzarese.

 - Salvatore Giuseppe Alessio  - Articolo tratto dal "Quotidiano della Calabria" del 25/03/2009


Marina Carioti vincitrice del Festival Canoro 2009 di Squillace

Organizzato, prodotto e diretto da Guido Caristo, è andato in onda sulle reti di SunoTV di Soverato, da Squillace la seconda edizione del Festival canoro, un appuntamento ormai importante per molti giovani   cantanti, che proprio all’interno di queste manifestazioni riescono a volte  ad emergere fino a trovare poi una dimensione di successo nazionale.  Con  la collaborazione dei tecnici Antonio Scopelliti, Rino Megna, Franco Caristo, Franco Scicchitano,  Mimmo Megna, e Pasquale Suppa, sullo sfondo di una originale scenografia di Roberto Caristo, 20 ragazzi provenienti dalla provincia di Catanzaro e da quella reggina, hanno dato vita a uno spettacolo canoro durante il quale hanno trasmesso, attraverso un repertorio di brani melodici, vive emozioni e il loro giovanile entusiasmo. Presentati dal duo Mister Domy e Saverio Aceto, con  la partecipazione di Francesca Caristo,  i  giovani cantanti   hanno  dato vita a una competizione di straordinaria qualità canora, sostenuti da amici e dai genitori che hanno  assistito alle due serate con grande entusiasmo e a volte  emozione per l’esibizione dei propri figli. Il successo   della manifestazione  è riscontrabile  inoltre dalle migliaia di  sms  che  i concorrenti hanno ricevuto come televoto, nonché  dai numerosi messaggi  giunti sul sito di Telesquillace,  che ha consentito la diretta on line,  con i quali si esprimeva  agli organizzatori piena soddisfazione per la  bella manifestazione messa in onda. Stesse parole di compiacimento per il  programma le hanno avute sia  l’editore di SunoTV il dott. Anselmo Greco - secondo cui “  è stato offerto ai telespettatori  un prodotto televisivo di ottima  qualità, a conferma  che anche senza grossi mezzi  è possibile essere presenti sul territorio per valorizzare  risorse umane e  competenze professionali”,  sia l’On Guido Rhodio, sindaco di Squillace per il quale  “ la manifestazione ripropone,sia pure in senso ludico,  l’attenzione sulla bontà di certe esperienze aggregative, come può essere una manifestazione canora,  che  riescono a saldare  momenti di puro divertimento alla riscoperta di valori come l’amicizia e lo spirito di competizione “. Sul Festival  abbiamo sentito  anche  le impressioni, che  rappresentano  un bilancio, di Guido Caristo organizzatore  della manifestazione. “  Il successo del festival 2009 – ha detto -  è  il frutto di un intenso lavoro personale e della collaborazione di altri amici con cui condividiamo l’amore e la passione per la televisione. Il gradimento della manifestazione mi ha piacevolmente sorpreso per tre motivi : primo per le numerose adesioni di giovani concorrenti provenienti tra l’altro  anche da  paesi come Bivongi e da Monasterace, secondo per  la qualità delle esibizioni che dimostrano lo spirito competitivo positivo dei nostri ragazzi;  terzo  per i riscontri di pubblico  che dalle reti di Soverato uno ha seguito la nostra manifestazione”.

Alla fine di una emozionante e piacevolissima  serata  è stata  premiata  Panaja Silvia di  Vallefiorita, la più votata dai telespettatori, mentre  la giuria ha premiato Carioti Martina  di Sant’Andrea Jonio che si è aggiudica il primo posto e il trofeo originale realizzato dal maestro orafo Franco Esposito dell’Istituto d’Arte di Squillace; mentre al secondo posto si è classificato Coniglio Mirko Pio di Monasterace, al terzo posto ex aequo  Bruzzese Emanuela di Monasterace e Darmini Mirko di Montepaone lido.


Da sinistra: Mister Domy, Martina Carioti, Guido Rhodio, Guido Caristo, Saverio Aceto e Francesca Caristo

I Vincitori da sinistra: Martina Carioti, Mirko Pio Coniglio, Emanuela Bruzzese, Mirko Darmini

Gruppo  dei concorrenti

Addio a Mino Reitano, voce della Calabria

(28/01/2009) ROMA - È morto ieri sera dopo una lunga malattia Mino Reitano. Il cantante, 64 anni, si è spento nella sua abitazione di Agrate Brianza, assistito dalla moglie Patrizia e dalla figlia Giuseppina Elena. Reitano era malato da due anni, ed era stato sottoposto a un intervento chirurgico un anno e mezzo fa e, successivamente, nello scorso novembre. I funerali del cantante, che lascia anche un’altra figlia, Grazia Benedetta, si svolgeranno giovedì alle 15 nella chiesa di Agrate Brianza. Reitano, uno dei cantanti più popolari e amati dagli italiani, era nato a Fiumara, in provincia di Reggio Calabria. Per otto anni studiò al conservatorio violino, pianoforte e tromba. Giovanissimo emigrò in Germania e proprio qui, in un locale di Amburgo, si esibì sullo stesso palcoscenico insieme ad un gruppo che nel giro di pochi anni diventerà famoso in tutto il mondo: i Beatles. Nel 1966 partecipò a Castrocaro e nel ’67 al Festival di Sanremo. Nel ’68 arrivò al primo posto della Hit Parade italiana con una sua composizione : "Avevo un cuore che ti amava tanto". Dal quel momento iniziò la scalata verso il successo con riconoscimenti di ogni genere, dischi d’oro e tournè e in tutto il mondo. Per otto anni Mino partecipò a Canzonissima, la più importante manifestazione canora televisiva degli anni 70, giungendo sempre in finale e classificandosi ai primi posti. La televisione gli ha affidato innumerevoli shows e nel ’77 si cimentò nei panni dello scrittore con un romanzo intitolato "Oh Salvatore", opera che godrà di onorificenze dai più prestigiosi premi letterari d'Italia. Nel 1988 tornò al Festival di Sanremo con la canzone "Italia" e, sempre a Sanremo nel ’90, presentò "Vorrei". E poi le innumerevoli partecipazioni ad altri spettacoli televisivi e, nel ’91, ancora a Sanremo con "Ma ti sei chiesto mai". Dal ’93 in poi tournè negli USA, Canada, Australia e in altri paesi del mondo. Condoglianze sono giunte alla famiglia da molti personaggi del mondo della musica e dello spettacolo. «Mino Reitano era un bravissimo ragazzo, ostinato, il classico emigrante con grande voglia di arrivare, esuberante, simpatico». Pippo Baudo ricorda commosso il cantante. «Nonostante il finale tragico e la sofferenza che durava da parecchi anni - sottolinea Baudo - Mino è stato fortunato, perchè ha avuto dalla vita quello che voleva, passando dall’anonimato della provincia meridionale ai palcoscenici più importanti del mondo dello spettacolo, del quale è diventato a pieno titolo un protagonista». Di Reitano, Baudo cita «i grandi successi a San Remo, ma soprattutto a Canzonissima, con la sua capacità di coinvolgere centinaia di migliaia di persone, che da casa lo votavano senza esitazione, e di farsi notare, con esibizioni che a qualcuno talvolta sembravano eccessive. Ma aveva anche l’animo del compositore». Si dice «molto addolorato» anche Little Tony. «Era un collega e un amico speciale, prezioso, da 40 anni. Ci siamo sentiti ogni settimana, io cercavo di incoraggiarlo in tutti i modi. Lui viveva la malattia con grande entusiasmo - aggiunge - mi diceva sempre che voleva fare un programma in cui io facevo Dean Martin e lui Frank Sinatra. L’anno scorso a Sanremo avrebbe voluto cantare in coppia con me, ma era già malato». Per Little Tony, Reitano, insieme a Celentano, Morandi, Al Bano e Bobby Solo, faceva parte di quel gruppo di artisti con cui ha sempre vissuto la sfida canora negli anni ’60, ma precisa: «Con Mino e Bobby ci siamo frequentati anche fuori dal lavoro, in tutti questi anni. Con lui c’era un’amicizia forte. Era dolce, modesto e si comportava sempre nel modo giusto. Era una persona speciale, particolare. Sua moglie Patrizia gli è stata vicina in questo calvario».


Soverato Presentato il trailer della pellicola sceneggiata da Nisticò e Camobreco
Il golfo di Squillace fa da cornice al film "La zia d'America" diretto da Paparazzo

Soverato - È stato presentato a Soverato il trailer del film "La zia d'America" diretto da Maurizio Paparazzo. Presenti ai pochi istanti di proiezione, oltre a molti componenti del cast, Vittoria Camobreco e Ulderico Nisticò, sceneggiatori della pellicola, l'assessore provinciale alla Pubblica istruzione Giacomo Matacera, e il regista Paparazzo. È stato proiettato un trailer dimostrativo per dare un'idea del materiale girato, della spettacolarità di alcuni luoghi utilizzati e della varietà dei personaggi interpretati con stupefacente naturalezza da attori non professionisti e scelti tra la gente comune. "La Zia d'America" narra un intreccio di storie personali e familiari, assieme profonde e leggere, in una Calabria lontana da facili stereotipi e scontato e deprimente pessimismo. È interamente ambientato nel Golfo di Squillace, in particolare a Badolato, Copanello di Staletti, Davoli, Gasperina, Montepaone, Roccelletta di Borgia, S. Andrea J., Soverato, Squillace, Torre Ruggero, di cui si evidenziano i pregi paesaggistici e monumentali. I luoghi, tuttavia, sono utilizzati con una dinamica squisitamente cinematografica e non documentaristica, il che si ritiene sortisca più discreto, e proprio per questo migliore effetto di immagine e presentazione del territorio. Alla finalità propriamente cinematografica di raccontare la vita, si uniscono dunque scopi di promozione turistica dovunque la pellicola potrà essere vista; e di educazione degli stessi cittadini, in particolare i giovani e gli studenti, a conoscere e apprezzare un territorio assai più interessante che conosciuto e amato. "La zia d'America" è il quinto film che il regista Maurizio Paparazzo ha realizzato interamente in Calabria, utilizzando ambienti e risorse locali. Avvalendosi, dunque, di tutto quello che il territorio offre in termini di potenzialità cinematografiche (attori, location, scenografi, costumisti, tecnici delle luci e del suono, studi televisivi, musicisti, patrimonio storico e culturale, manifestazioni, usi e tradizioni popolari) il regista ha messo le basi per la lavorazione di film legati alla nostra terra ma anche virtualmente rivolti a produzioni esterne. «La zia d'America è una commedia scorrevole – ha così commentato Ulderico Nisticò – abbiamo voluto rappresentare una Calabria normale». Vittoria Camobreco ci ha spiegato che il lavoro cinematografico racconta di una famiglia americana, i Russell, (la cui madre Pina Calabro' é di origine calabrese) che viene a trascorrere l'estate a Soverato. L'occasione è quella ideale per vivere nella cittadina tutto quello che la calda stagione può offrire: mare, sole, giochi, incontri, divertimenti, sagre, festival, ricordi, amori. Al centro della commedia, infatti, c'è la storia inattesa di Pina e di Tommaso, un bell'uomo conosciuto casualmente sul luogo che rappresenta per lei quel senso di libertà e di spensieratezza di un'adolescenza in fondo mai vissuta essendosi trasferita giovanissima a New York dove ha sposato un ricco proprietario di una catena di locali notturni e di moda. Anche suo figlio Andrew e sua figlia Connie non riusciranno a resistere all'incantevole estate soveratese. Subiranno il fascino non solo delle bellezze paesaggistiche ma anche delle persone che conosceranno e non solo in ambito familiarità. Pina ha quattro sorelle, Anna, Rita, Camilla e Claudia che non vedeva da 35 anni. Con ognuna riprende il rapporto interrotto. Con Claudia, addirittura, lo comincia essendo la giovane sorella nata dopo la sua partenza per l'America. Pina riscopre così un mondo di affetti e di situazioni che arricchiranno gli aspetti vacanzieri: presto viene catturata dalla vivacità di questa realtà alla quale si abbandona e che ella scopre anche legata alle più belle tradizioni. Il film ha ricevuto cinque lettere di interesse da parte dei Festival di Siviglia, Alicante, Transilvania, Salonicco e Torino. Inoltre è al vaglio della Film Commitions, ed verrà visto nelle scuole di Soverato. «La lavorazione del film – ha sottolineato il regista – ha impegnato un numero di oltre 50 persone tra troupe e attori. Alcune scene, in particolare quelle dov'erano previste numerose figurazioni, mezzi e strutture scenografiche, sono state girate dal vero, cioè facendo interagire gli attori con eventi reali e con manifestazioni colte nel loro svolgersi naturale».

- Maria Anita Chiefari - Articolo tratto dalla "Gazzetta del Sud" del 22/01/2009


Il Festival di Sanremo visto da un calabrese, addetto ai lavori
Vincenzo Pitaro, il giornalista che coniò «Superpippo»

Trenta presenze al Festival di Sanremo, in qualità di addetto ai lavori, rappresentano senza dubbio un bel record. La sua prima edizione, seguita da vicino, risale al 1979. Oggi, il giornalista e scrittore Vincenzo Pitaro, calabrese (nato a Gagliato, in provincia di Catanzaro), è quel che si dice un «veterano» di questa kermesse, una sorta di «memoria storica». Non a caso, nel 2001, in occasione delle nozze d'oro festivaliere, è riuscito a racchiudere in un saggio voluminoso centinaia di ricordi, curiosità e segreti, interviste, ansie e atmosfere, fatti, misfatti, personaggi e retroscena di cinque decenni in musica. E non è neppure un caso se, a tutt'oggi, continua a fornire la sua consulenza professionale a prestigiose case discografiche, sia milanesi che romane. Un poliedrico, un eclettico e un acuto osservatore, spesso polemico; uno che - come dicono i colleghi dell'ufficio stampa - «a buon ragione, non ha mai sopportato le cose storte». Ciononostante, per oltre 10 anni (dal 1988 al ‘99), il giornalista Vincenzo Pitaro ha fatto parte dell’Ufficio Stampa del Festival di Sanremo e della Vela d’Oro di Riva del Garda.

- Il tuo primo Festival di Sanremo risale al 1979...

«Sì, cominciai a seguirlo dal vivo nel 1979. Allora il Festival si svolgeva nel mese di gennaio. Mi trovavo ad Albenga, in provincia di Savona, militare di stanza alla caserma "Turinetto". Tre anni prima, nel 1976, appena diciottenne, avevo iniziato a scrivere per "Il Giornale di Calabria", quotidiano diretto dal mai troppo compianto Piero Ardenti, un vero gran maestro del giornalismo italiano. Una sera mi telefonò il caposervizio (che ben sapeva della mia passione per la musica leggera) e mi chiese se intendevo seguire il Festival. "Albenga dista da Sanremo soltanto pochi chilometri", mi disse. Ma io, oltremodo affascinato già d'allora da questa kermesse, sarei andato anche oltreoceano. Cosicché, senza esitare un istante, chiesi una licenza e partii alla volta di Sanremo, portando con me due commilitoni. Uno di loro, torinese, garda caso, si chiamava proprio Ravera, come l'indimenticabile patron Gianni, che fu assai cortese nel procurarci gli inviti per le serate. La sala stampa, allora era al Ritz, una sorta di bunker sotto l'Ariston. Era lì dentro, in quel sotterraneo, in una vera e propria bolgia dantesca, che si tenevano le conferenze stampa con cantanti, organizzatori e discografici. E da lì, tutti i giornalisti accreditati (a parte quelli della radio e delle tv, relegati in una sede molto più lontana), di sera seguivano il Festival su un megaschermo, tra un assordante ticchettìo di macchine per scrivere, urla, schiamazzi, applausi, ecc. Questo, all'inizio, sinceramente, contribuì a procurarmi l'unica piccola delusione. Per fortuna, poi, negli anni a venire, le cose cambiarono: cominciai a collaborare con l'ufficio stampa dell'Afi, seguendo il Festival da ogni parte del teatro e persino dal blackstage.

Tornando a quel mio primo Festival, ricordo che presentava Mike Bongiorno con Anna Maria Rizzoli. Fu l'anno in cui vinse un illustre sconosciuto che poi nessuno ebbe più modo di ascoltare: Mino Vergnaghi. Tra i cantanti in gara, c'erano anche i Camaleonti, Antoine ed Enrico Beruschi che cantava "Sarà un fiore", nonché Pippo Franco, in qualità di ospite».

- Pitaro, tu sei stato il primo giornalista ad attribuire a Pippo Baudo l'appellativo di Superpippo. Tutti i giornali, d'allora, hanno continato a chiamarlo così...

«L'appellativo di Superpippo è nato così, per caso, nel 1992. Stavamo seguendo le prove all'Ariston e alcuni tecnici che controllavano l'audio, continuavano a chiamare: "Pippo, Pippo...". Quale Pippo?, chiesi io. Sul palcoscenico ce ne sono tre di Pippo: c'è Pippo Caruso (direttore di orchestra), Pippo Balistrieri (direttore di palco) e SuperPippo. Molti giornalisti si misero a ridere, apprezzarono evidentemente la battuta, e all'indomani diversi quotidiani lo ribattezzarono così. Il mio, comunque, non era affatto un complimento. Quell'anno, lo vedevo come il Superpippo dei cartoni animati. Baudo era diventato troppo invadente e aggrediva persino la Stampa. Non sopportava le critiche, era diventato quasi schizofrenico, polemico con tutti coloro che gli venivano a tiro. Quell'anno, come titolò Aldo De Luca su "Il Messaggero", pareva avesse la sindrome dell'accerchiamento».

- Le polemiche, al Festival, si direbbe che non sono mai mancate?

«Beh, in un certo senso, sì. Anche se oggi, spesso e volentieri, si esagera. Si arriva a polemizzare anche per i fiori che i floricoltori vorrebbero vedere in abbondanza, dappertutto. Il Festival, comunque, va preso per quel che è, con tutto quello che si porta dietro anno dopo anno: le inevitabili polemiche iniziali, le grane dell’ultimo minuto, le bizze ed i capricci di qualche cantante, ecc. A tutto quello che accade "prima", comunque, sarebbe meglio non prestare orecchio. Per il Festival di Sanremo, anzi, va bene un adagio che i più esperti addetti ai lavori della televisio­ne utilizzano per le "dirette" più difficili: prima dell’inizio sembra che possa succedere di tutto. Poi, quando si accendono le telecamere, ogni cosa torna al suo posto e lo spettacolo va avanti».

- Questo Festival, quindi, secondo un'altra curiosità riportata sul tuo website www.vincenzopitaro.it, non sarebbe neppure nato a Sanremo?

«Sono in pochi a saperlo: il Festival di Sanremo nacque, per caso, in... Toscana. Sembra strano, ma è così. Nell'estate del 1950 s'incontrarono a Montecatini, dov'erano andati per le cure termali, il maestro Giulio Razzi, direttore della Rai, e il concessionario del Casinò di Sanremo, Pier Busseti. Questi, stava cercando iniziative per rilanciare la "città dei fiori" e Razzi, dal canto suo, aveva bisogno di nuove trasmissioni per vivacizzare la Rai. Sicché, fra una bevuta e l'altra di acqua miracolosa, spuntò l'idea: e se facessimo un festival della canzone italiana?

Cinque mesi più tardi, di lunedì, alle 22,30 del 29 gennaio 1951, nacque il primo "Sanremo" tenuto a battesimo dagli abituali frequentatori del Casinò. Prezzo del biglietto d'ingresso: cinquecento lire. Cena e canzoni, comprese. Una sola orchestra (quella di Cinico Angelini) e tre partecipanti: Nilla Pizzi, Achille Togliani e il Duo Fasano. A presentare fu invece chiamato Nunzio Filocamo, un signore dai toni eleganti e dalla voce vellutata. Vinse la Pizzi con "Grazie dei fior". Del suo disco si vendettero soltanto 36 mila copie, un numero irrisorio, se paragonato alle cifre odierne. La radio trasmise in diretta solo la serata finale del 31 gennaio (dalle 22 alle 23,30), mentre il pubblico del Casinò (uomini in smoking e donne in abiti lunghi) cenava distrattamente, pensando di assistere a un avvenimento appena mondano. Nessun giornalista, infatti, scrisse una riga. Il Festival cominciò dall'anno successivo a crescere a dismisura: le canzoni arrivarono a centinaia ai selezionatori e i cantanti aumentarono di gran numero. Persino le orchestre diventarono due. L'anno della grande svolta, comunque, fu il 1958 che, peraltro, fu anche l'anno del perbenismo esasperato. Domenico Modugno, che s'era, fatto conoscere con curiose canzoni popolate di svegliette e di donne ricce si presentò con "Nel blu dipinto di blu" e stravinse in coppia con il giovanissimo Johnny Dorelli, facendo gridare al miracolo. Gli anni d'oro del festival proseguirono fino al 1967. Il suicidio di Tenco. Quell'evento, naturalmente, gettò una tragica, ombra sul palcoscenico del Casinò. Vinse tra l'indifferenza generale Claudio Villa, ma il vero vincitore fu   proprio lui, Luigi Tenco con "Ciao amore, ciao", canzone interpretata anche dalla calabrese Dalida. D'allora, per molti anni, la “mongolfiera” sanremese proseguì (appesantita) senza riprendere quota. Ancora oggi la kermesse, purtroppo, fa parlare di sé per ben altri motivi: dispute, diatribe, lotte di fazioni o altri eventi che con la canzone nulla hanno da spartire. Quella di Sanremo, comunque, nonostante tutto, nonostante i molti detrattori, rimane la manifestazione canora più amata e seguita dagli italiani».

Patrizia G. Rodolli


Caterina Varzi sul lettino di Tinto Brass

Di afrodisiaco c'è soprattutto l'odore della mortadella. Per risalire lungo le scale al set basta seguire le briciole, gli avanzi della merenda mattutina, le lattine di coca, i pacchetti di Camel, il brusìo della pausa, tecnici, operatori e macchinisti, Maurizio, Sandro, Francesco, l'incenso sparso per simulare l'effetto flou e la nuvola del sigaro, dentro la quale c'è lui, Tinto Brass, la voluttà fatta uomo, il colonnello Kurtz del culo di donna come capolinea del piacere e della disfatta esistenziale. Con l'inevitabile cravatta fucsia al collo, Tinto sembra l'insegna di uno sexy shop vivente, meno credibile del solito per via delle buste di cellophane che la padrona della villa lo costringe a portare ai piedi per non macchiare la moquette. Tinto si avventa ora su un iperbolico trancio di pizza da cui la mortadella deborda come una tetta selvaggia. Tinto non le dà scampo. Addenta. Strappa. Inghiotte. Ha fretta di ricominciare. «Silenzio... motore... azione... vai Caterina!». E Caterina va. Obbedisce. Un Pierrot con la lacrima, il trucco colante e i capezzoli turgidi al punto e al momento giusto. Finge di tracannare una bottiglia di Sambuca o forse la tracanna davvero. Si sfila la sottana di chiffon, le «parigine», gli stivali e si sdraia nuda, bocconi sul grande letto bianco pieno di cuscini su cui campeggia un totem immancabilmente fallico. Imita nella posa la «Venere» di Velázquez appesa alla parete. Le natiche «sontuose» e «guttusiane» da copione sono quelle di Caterina Varzi, la psicoanalista junghiana al suo debutto assoluto da attrice erotica. L'ultimo scalpo di Tinto Brass.
L'invenzione più audace. Siamo in una villa di Bassano Romano, campagna a nord di Roma, location di «Hotel Courbet», il primo di una serie di corti e di coiti destinati a Sky, dal titolo «Il favoloso mondo di Tinto Brass», sopra uno smisurato fondoschiena di donna su cui è tatuato l'intero pianeta. «L'ho pensato come un mini melò, ispirato a una citazione di Picasso: “L'arte non è casta, se è casta non è arte”. Lo definirei un colto più che un corto». Citazioni letterarie e pittoriche, «La chambre Bleu» da Georges Simenon, le tele di Velázquez e di Courbet. Una storia di fantasmi molto carnali nello stile brassiano, dove l'evocazione è una scorciatoia per la masturbazione, la memoria un motore per la foia. Caterina è una donna non più giovanissima che ripensa nostalgica a un amore passato, visitata, mentre illanguidisce nel ricordo, da un attempato e un po’ imbranato Arsenio Lupin d’altri tempi, sospeso tra la sua missione di ladro e quel culo maestoso offerto in primo piano. Alberto Pedrolini da Parma è il ladro dandy. Ex vitellone anni '70, pokerista di professione, l'occhio spermatico degli attori di Brass, un passato nei set porno con Sylvester Stallone, «che allora non aveva una lira e girava con l'infradito». Aspettando il suo turno, Alberto improvvisa per le maestranze una lezione pratica sul punto G delle donne. Estrae nervosamente ogni due minuti dal taschino un foglio dove sta scritta la battuta, l'unica, che sta cercando da ore di mandare a memoria: «La bellezza tenta il ladro più dell'oro, da Shakespeare». La ripete a voce alta, come uno scolaretto. «Se sbaglio, stavolta il Maestro mi sbrana, mi butta giù dalla finestra». Ma il Maestro oggi è rilassato. Non sbrana, non bestemmia, non spegne il sigaro sulle scenografie, non licenzia in tronco nessuno. Merito di Caterina. Che va, funziona, generosa e sciolta. «Stop, brava Caterina!», è la patente del Maestro, prima della pausa pranzo. Generosa e tossicchiante Caterina. Inconvenienti del nudo. Sono lì dalle sei del mattino. Da ex pittore, Brass è un perfezionista maniaco dell'immagine. La scena del nudo ripetuta quindici volte, incluso il controcampo. Un regista vecchio stampo che mostra alle attrici come si fa. Si butta Tinto, rotola lascivo sul letto, morde, bacia, tocca, si tocca.
Un po' legnosa solo il primo giorno, Caterina da Soverato, lo stesso paesone calabro della Gregoraci, Brass invece che Briatore, un passato da avvocato, da otto anni psicoanalista nel segno di Jung, lo studio a Trastevere. «Ci ho messo un po' a capire i tempi del set, ma spogliarmi non mi ha dato il minimo imbarazzo. Fin da piccola mi hanno spiegato in famiglia che il nudo non è pornografia. Mio padre faceva il modello per un noto pittore palermitano». Caterina si è consegnata docile al Maestro. Una sola concessione: il saggio del suo amato analista Aldo Carotenuto, «Attraversare la vita», sul comodino del boudoir. «Tinto non crede a niente, meno che mai alla psicoanalisi, ma ha capito che avere quel libro lì, a portata di mano, mi dava sicurezza... Sono stata quattro anni in analisi da Carotenuto, mi ha insegnato tutto... Fosse in vita, avrebbe approvato la mia scelta. Un giorno mi disse: “Prima o poi ti scoprirà un grande regista...”». Profetico. Scelta non facile. Vogliamo parlare del trauma di una paziente che scopre al cinema la sua psicoanalista, autrice su «Tuttoscienze» di recensioni non banali su testi di Jaspers, in libera esibizione delle parti intime? «Tranne uno, ho solo pazienti donne. Ho voluto condividere con loro la mia decisione e hanno mostrato di capirla, perfino di apprezzarla. La vedono come una scelta di coraggio e di libertà. Anche il mio compagno non si è opposto. Diverso il caso dei colleghi, che mi hanno fatto sapere la loro disapprovazione, di persona e nei blog». Retropensieri, mentre si mostra come mamma l'ha fatta a un esercito di potenziali guardoni, del tipo: «Sto forse facendo una irreversibile cazzata?». «Più del presente mi preoccupa cosa potrebbe capitarmi dopo. Perderò la privacy a cui tengo tanto? E poi, lo trovo ingiusto, ma in Italia le attrici di Brass sono associate al porno. In ogni caso, non intendo abbandonare le mie pazienti».
Tinto ascolta e annuisce con l'aria, a 75 anni definitiva, dell'animale epicureo. Considera «Hotel Courbet» propedeutico di «Ziva», il film che girerà nel 2009, copione già scritto, finanziamenti acquisiti, da trovare solo la location, un faro tra Croazia e Salento, di cui Caterina sarà l'oscena guardiana, tra mariti e amanti che scompaiono e affiorano dalle acque. «Lei cercava di trovare in me l'anima che non c'è, io ho trovato in lei, sotto i panni della strizzacervelli, il corpo e la sensualità che c'erano, eccome... Il suo, mi ricorda il culo largo a paniere della Sandrelli, tipico delle donne italiane. Ma sia chiaro, il bel culo lo fa il regista. Prendi la Claudia Koll. Un bruttissimo culo che, solo grazie a me, diventava sublime. Un posteriore con un'ombra di malinconia, in cui era tutto scritto il destino mistico... Tra Caterina e me è scattato un transfert generoso... C'è un segreto, in proposito, ma non posso dirti tutto... Te lo dico. L'ho convinta a girare la scena d'amore nella chambre Bleue con il fratello Vincenzo di due anni più giovane di lei. E' stato semplice, l'ho convocato sul set per un provino. Non ho fatto in tempo a dirgli spogliati che si era già tolto i pantaloni...». Insomma, un talento di famiglia. Dolce, frutta, caffè. Tinto smania. Si riparte. Ci sono da sistemare specchi, cuscini e tende. Brass è ossessionato dalla simmetria. Al comando della sua macchina da presa ha l'imponenza di un Horatio Nelson. I tecnici, gli stessi di sempre, lo adorano. «Perché lui ha una marcia in più di chiunque, solo i francesi lo hanno capito», giura Andrea Doria, lo stratega delle luci e delle ombre. Fondamentali i suoi interventi per coprire i buchi della cellulite, le smagliature, la pelle floscia, i seni cadenti. Fioccano gli aneddoti. Di quando la Koll, per girare la scena col prete, iniziò a bere Campari dalla mattina e si presentò sbronza al ciak. Si discute della scena del giorno dopo. Coitum e post coitum. Il problema è la goccia di sperma che dovrà solcare il seno dell'attrice. «Mandiamo in bagno uno», suggerisce spiccio un operatore. «Glicerina più farina», risolve scientifica Emanuela, la segretaria di edizione, l'unica donna del set, a parte Claudia.

Giancarlo Dotto - Articolo tratto da "La Stampa" del 24/12/2008


Easy Driver da Soverato

Rai a Soverato Andrà in onda il prossimo sabato su Rai Uno alle 14 la puntata di Easy Driver con tappa nella provincia di Catanzaro. Il celebre programma di Rai Uno era approdato nel comprensorio soveratese lo scorso mese dal 18 al 20 novembre sotto la direzione della regista Eleonora Niccoli e con la collaborazione dei giovani professionisti calabresi del settore Emanuele Amoruso e Liano Capicotto. La puntata che partirà dal comune di Soverato con sfondo della Torre di Carlo V vedrà viaggiare le due auto di turno, una Mazda 2ed il suv Volvo XC60, guidati dai due conduttori, Ilaria Moscato e Marcellino Mariucci, lungo gli splendidi scenari della costa soveratese, del borgo antico di Badolato e del vicino monastero che ora ospita la comunità mondo x. Sarà presente inoltre una sosta presso gli scavi di Roccelletta di Borgia e la chiesa di Santa Maria della Roccella. La trasmissione garantirà un passaggio su Rai Uno di circa mezz’ora dedicato alla splendida località marina dello jonio ed una giusta vetrina al pari delle altre prestigiose località nazionali ed internazionali che questo programma ha visitato in precedenza. In questo senso procede l’opera di pubblicizzazione della giunta comunale di Soverato che vuole aumentare le vetrine del territorio che deve assolutamente valutare nel migliore dei modi il proprio impatto turistico.

Ilaria Moscato e Marcellino Mariucci Ilaria Moscato


 Ernesto e Marzia: giu’ le mani dalle "star" di casa nostra

CATANZARO - Che il mondo della televisione non sia un ambiente facile è cosa nota. Ma fa rabbia, ed è bene reagire, quando si vogliono smorzare o addirittura spegnere quelle luci della ribalta che una volta tanto illuminano personaggi emergenti delle nostre parti. Nella fattispecie un vero talento artistico nel primo caso, una bella e soprattutto fortunata (diciamolo!) ragazza in un altro.  Ernesto Schinella è un bambino-prodigio nato a Chiaravalle Centrale undici anni fa. La sua bellissima voce e la sua spontanea simpatia hanno ‘stregato’ i vertici della Rai che lo hanno affiancato a Pupo nella conduzione dello spettacolo del sabato sera sulla rete ammiraglia.  Il padre Rocco è impiegato, così come la madre, ed il fratello più grande gioca a calcio. Marzia Gregoraci da Soverato è stata assunta da Emilio Fede per fare presentare le previsioni del tempo nel suo telegiornale di Rete4. Scelta a mosca cieca? No, come nelle migliori tradizioni qualcuno gliela avrà presentata. Se poi è stato il di lei cognato, tale Flavio Briatore o il Brambila, salumiere di fiducia a Cologno, ci importa poco. La morale è legge suprema, ma i moralisti cambino obiettivi. In una terra segnata da mille vicissitudini, anche negli ambienti giovanili, il genuino talento artistico di Ernesto inorgoglisce, soprattutto perché proietta il nostro conterraneo verso una carriera sfolgorante. La sua famiglia, unita e regolare; la scuola e gli amici provvederanno a tutelarlo dalle ingerenze dello spettacolo. Ernesto , del resto, vive regolarmente la sua settimana di bambino, poi parte il venerdì pomeriggio e prova le sue esibizioni il giorno stesso della diretta. Marzia è studentessa di Farmacia alla Magna Graecia di Catanzaro. Ha 25 anni e la fortuna di aver un cognato del calibro di Briatore, neo-sposo maturo della sorella Elisabetta. Da qualche giorno è una delle meteorine di Fede, l’incazzoso direttore del Tg4. E allora? Dov’è lo scandalo? Non ha la preparazione adatta, non ha studi attinenti dicono (ed aggiungiamo : non ha fatto anticamere e soprattutto non ha passato camere…da letto). Ma per favore!!! Vogliamo analizzare i curricula delle varie veline, velinette e letterine che girano? Ed allora, teniamoci le nostre star e difendiamole da certi attacchi d’invidia. Poi, per finire, un ‘post-it’ sulla scrivania dei signori Pupo e Fede: la prossima volta che ricorderete i natali di Ernesto  e Marzia vi saremo grati se vorrete completare l’informazione ricordando che Chiaravalle e Soverato sono due importanti centri in provincia di Catanzaro. Si, quella città capoluogo di una regione che le vostre reti sono tanto brave a specificare ogni volta vi succede un fatto di cronaca nera. (CatanzaroInforma.it)


CINEMA: NAPOLITANO, GRANDE MAESTRIA DI MONICELLI NEL DOC SUL RIONE MONTI DI ROMA. IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ESPRIME IL SUO APPREZZAMENTO PER L'OPERA E RINGRAZIA GLI ORGANIZZATORI DELLA FESTA.

In occasione della serata organizzata dal Comune di Roma, i produttori Gianvito ed Alessandro Casadonte e Rai Trade  in onore di Mario Monicelli e del suo documentario "Vicino al Colosseo c'e' Monti", il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano ha scritto agli organizzatori di aver avuto modo di visionare "il bel documentario" e ha rinnovato al regista Monicelli "l'apprezzamento per un'opera curata con grande maestria".

Il Capo dello Stato ha rivolto "a quanti hanno collaborato alla realizzazione del film e a tutti gli abitanti del rione Monti", dove ha la sua casa di abitazione, "il mio piu' partecipe saluto".

In centinaia sotto la pioggia, con ombrelli e giacche a vento hanno salutato Mario Monicelli che ha presentato al Rione Monti, insieme a molti personaggi dello spettacolo tra cui Renzo Arbore e Ettore Scola, in una proiezione pubblica in piazza Santa Maria dei Monti il suo primo documentario, "Vicino al Colosseo c'e' Monti".


Tinto: «Innamorato di Caterina. Voglio girare in Calabria»

CATANZARO - “La Calabria mi piace perché le calabresi hanno delle belle tette, naturali, e poi qui ho trovato, come un Argonauta, il mio Vello d’Oro: Caterina”. Il maestro Tinto Brass non si smentisce mai. Un po’ spontaneo un po’ personaggio, lascia al pubblico l’ardire di cogliere la differenza. Ma lui se ne infischia di critiche e polemiche. Sorride sfoggiando coraggioso la sua cravatta rosa caramella, in beata contemplazione della sua “musa” calabrese scovata per caso. “Oh Caterina, lei da psicanalista junghiana ha trovato la mia anima. Io non so se sono riuscito a carpire la sua, ma lei con me ci è riuscita”.

Maestro lei parla da uomo innamorato, dica la verità è così?

“Sì certo che sono innamorato di Caterina, ma io mi innamoro sempre di tutte le protagoniste dei miei film”.

Sembra ci sia un feeling forte.

“Non si può non rimanere colpiti dalla sua conturbante idea della vita, dalla disarmante lucidità con cui applica le sue conoscenze psicanalitiche alle persone”.

Un po’ l’ha impaurisce?

“Lei mi legge dentro, riesce a svelare anche delle cose di me nascoste e questo è molto affascinante”. Questo connubio l’ha portata anche qui in Calabria. “Ero stato a Lamezia due anni fa per un festival del cinema e ora sono tornato con piacere. Lo Jonio mi ha affascinato e trovo con questa terra molte cose in comuni con me”.

Magari potrebbe venire a girare proprio qui.

“Andrò a Punta Stilo per il mio film che è ambientato in un faro dove una donna aspetta il suo uomo disperso in guerra”.

Parliamo del suo film “Ziva”, quando batterete il primo ciak?

“Dovevamo iniziare a girare a giugno ma per problemi tecnici cominceremo nella prossima primavera”.

E’ una storia di sesso?

“No è una storia d’amore contro la guerra”.

Ancora deve iniziare a girare “Ziva” che già si parla del suo prossimo film per cui voleva come protagonista la nuotatrice Pellegrini…

“E’ una ragazza bella, Miss Olimpiade, e ha un gran carattere ma per ora sono concentrato solo su “Ziva” e Caterina”.

Lei ha un ottimo rapporto con le donne anche se in passato le femministe l’hanno bacchettata.

“Sono tempi lontani. Alla fine io e Camilla Foglia concordiamo su molte cose soprattutto sul diritto delle donne di scegliere quello che vogliono, piacere compreso”.

Caterina è stata avvocato e ora psicanalista, la scelta di recitare per lei è coraggiosa.

“Esprime un forte eros con questa sua fisicità dirompente, il suo sorriso malizioso. E’ una donna a cui piace godere. La prima volta che l’ho vista in un albergo mi ha colpito il suo sorriso, tipico delle donne sessualmente appagate”.

C’è un’attrice che le piacerebbe dirigere?

“Per me esiste solo Caterina, ma in effetti c’è una donna con cui avrei voluto lavorare”.

Cioè?

“Marylin Monroe, ma credo che sia un desiderio impossibile”.

Alessia Principe - Articolo tratto da "Calabria Ora"


Caterina: dopo averlo incontrato sono più sicura del mio corpo

Tinto Brass le ha aperto nuovi orizzonti, da quando si sono incontrati non si sono più lasciati. Qualcuno potrebbe malignare ma lei glissa elegantemente. Caterina Varzi, professione psicanalista ed ex avvocato, sorride compiaciuta ricordando il viaggio a Venezia in occasione della Mostra del cinema.

Com’è stato l’impatto con i media?

“Bellissimo. Al Lido qualcuno scrisse un biglietto su di me sul “muro” di d’Ippoliti definendomi uno schianto”.

Pensa che il suo lavoro di psicanalista ne risentirà dopo che il film verrà distribuito nelle sale?

“Non credo, la mia scelta è stata coraggiosa, ma il mio lavoro non ne risentirà. Sto per dare alle stampe un libro sugli scritti inediti del mio maestro Aldo Carotenuto”.

Cos’è cambiato nella sua vita dopo l’incontro con Brass?

“Il rapporto con il mio corpo. Sono diventata più esibizionista. Mi sento più sicura di me”.

Come crede che sarà il suo impatto col set visto che ci saranno scene anche spinte?

“Il lavoro analitico su me stessa mi aiuterà. Magari all’inizio sarò presa dal panico ma poi sono certa di riuscire a gestire la situazione”.

Lei ha un compagno?

“Sì e devo dire che in questa avventura lui mi è stato di grande sostegno. Mi ha incoraggiata come anche la mia famiglia e i miei amici”.

Crede che dopo “Ziva” lavorerà ancora con Brass?

“Ho sempre preso le decisioni poco alla volta, quindi non saprei. Sono molto orgogliosa che Tinto mi abbia scelto tra tante per essere la sua “più bella del reame” di questo gli sono grata. Credo nella sua carriera lui abbia contribuito a proporre un nuovo modello di donna più emancipata e libera rompendo quel velo di peccaminosa apparenza”.

Alessia Principe - Articolo tratto da "Calabria Ora"


La Mostra di Venezia festeggia la vitalità creativa del maestro del cinema Mario Monicelli

Gianvito Casadonte e Mario Monicelli a VeneziaLa Mostra di Venezia festeggia la vitalità creativa di un altro maestro del cinema europeo: Mario Monicelli.
Classe 1915, più di sessanta film all’attivo (tra cui titoli di straordinario successo critico e commerciale, come I soliti ignoti), l’autore de La grande guerra – Leone d’Oro nel ’59 – porta al Lido una delle sue opere più sfortunate (Toh, è morta la nonna!, 1969, nella retrospettiva “Questi fantasmi”) ma soprattutto il suo ultimo Vicino al Colosseo c’è Monti, da un’idea di Chiara Rapaccini: un documentario di venti minuti per esplorare il Rione Monti, il più antico di Roma, dove il regista ha scelto di abitare.
A convincerlo, il carattere speciale di quest’angolo di città, che pur in pieno centro ha saputo mantenere una dimensione a misura d’uomo, coltivando riti tutt’altro che scontati in una metropoli contemporanea, dalle processioni alla banda musicale. “Volevo raccontare il Rione con toni non enfatici, ma quotidiani”, spiega Monicelli, consapevole di aver realizzato (complice il montaggio di Valentina Romano) una guida “per invogliare il curioso a cercare gli aspetti più nascosti di Monti: gli artigiani, le piazze che festeggiano le tipiche ottobrate romane, i negozi curiosi ed inaspettati, i giardini tropicali dietro i muri delle case, le palestre di boxe nascoste nei seminterrati”.
Fotografato in digitale da Valerio Azzali (già impegnato nel doc In fabbrica di Francesca Comencini), Vicino al Colosseo c’è Monti è stato prodotto da Gianvito e Alessandro Casadonte per Inspire Production.

Gianvito Casadonte e Mario Monicelli a Venezia Gianvito Casadonte e Mario Monicelli a Venezia Gianvito Casadonte e Mario Monicelli a Venezia


Tinto Brass: "La mia svolta soft: mi sposo e faccio un film... pacifista"

Rari sono i registi che, come Tinto Brass, vengono subito associati a un concetto. L’elogio del culo è il suo ultimo libro (Pironti editore), le Nemesiache (femministe napoletane dette e ‘uommene, le uome) gli rovesciarono un cesto di ghiande in testa al grido di «porco! porco!», intanto che la moglie Tinta lo esortava a mostrare loro il proprio gioiello per signora («come la croce per le indemoniate», chiosò lei); ha rilanciato la Sandrelli sul viale del tramonto (La chiave, 1983), illudendo Caprioglio e Dellera, Grandi e Galiena di poter recitare oltre il lato B; ha indirettamente convinto Claudia Koll a farsi suora, dopo averle mostrato di cos’era capace in Così fan tutte (1992). Dici Brass e pensi sporco, cioè cinema erotico dove la calligrafia porno serve a inquadrare meglio i sessi degli attori. Però tre giorni fa, a Padova, duecento studenti non la finivano più di fargli domande, dopo la proiezione del suo film L’urlo, 1968, dove l’esordiente Gigi Proietti e la bella Tina Aumont già si facevano beffe del «movimento», senza denudarsi troppo (dibattito e proiezione si ripetono stamane, al Farnese, con Wilma Labate, regista di Signorina Effe). Poi l’anno scorso Nanni Moretti, il cui cinema è «lassativo» per il regista erotomane classe 1933, l’ha invitato al suo festival, a commentare Chi lavora è perduto, film ancora attuale del 1963.
E com’è che si riproiettano i documentari per la Quadriennale 1964, commissionati da Umberto Eco? Sarà perché l’autore d’origine russa, laureato in legge a Venezia e formatosi alla Cinémathèque parigina, tra un film con Joris Ivens e una chiacchierata con Jean Renoir, vive una nuova fase di rilancio personale e artistico. Che coincide con il progetto di Ziva. L’isola che non c’è, il film che Brass girerà dopo Ferragosto nell’arcipelago dalmata. E con l’idea di risposarsi, lui vedovo dell’adorata Tinta con la trentenne Caterina Varzi, psicologa junghiana, già allieva del controverso Aldo Carotenuto e qui protagonista. «Un uomo come me non resta solo a lungo», dice, mentre tre ragazze siciliane in gita gli chiedono una foto con lui: l’hanno visto in tivù.
A settantacinque anni si vede riscoperto dai giovani e progetta un nuovo film. Ce ne parla?
«Questo è un Paese di ignoranti. Ma si svegliano ora? Il mio surrealismo di stampo francese non è stato mai capito, la censura politica ha fatto il resto. Sono il più erotomane dei cineasti e il più cineasta degli erotomani: lo sostiene la Cinémathèque di Parigi, con l’omaggio “Elogio della carne”. Ziva, invece, sarà una storia pacifista».
In che senso?
«Seconda guerra mondiale: sola su un isolotto morlacco c’è Ziva, il cui marito Branko, guardiano del faro, si trova al fronte. Uno dopo l’altro sbarcano il veneziano Marco, un paracadutista della Raf e il nazista Franz, ai quali una Circe forte e generosa offrirà riscatto. Ne farò un pamphlet contro la brutalità della guerra».
Cambia corso, forse? Per quanto, una donna sola con tre soldati...
«Un po’ di volgarità ci vuole. Anche perché Branko non era in guerra, ma da una contadina magiara, che l’ha raccolto in una foiba, curandolo e amandolo: una storia speculare di carità femminile. Con le note della canzone di Boris Vian Le Déserteur sullo sfondo».
Le femministe, ora, la lasciano in pace?
«Susan Sontag è morta e Camille Paglia si è allineata sulle mie posizioni: per me il significante,cioè il linguaggio, conta più del significato. Inutile parlare: qui chi applica la lezione di Roland Barthes?».
È vero che ha scritto, con Pasquale Squitieri, la sceneggiatura d’un film su D’Annunzio?
«S’intitola Me ne frego! e tratta del Vate quale primo esegeta del Gay Pride, a Fiume: è stato lui, nel 1919, a esortare: “amore libero!”, durante la costituzione del Carnaro. Pensavo a Ben Kingsley, per la parte. Ma mancano i soldi».
La morte di sua moglie Tinta l’ha fatta riflettere sul ruolo della donna?
«Quand’è scomparsa, ero stordito e ho dovuto elaborare il lutto: eravamo una vera coppia e lei alimentava le mie fantasie. Finché rabbia e tristezza son diventate costruttive e Caterina, arrivata da me per girare un dvd sulla mia opera, mi ha ridato nuova energia».
Ora Giulio Andreotti è Il divo nelle sale. Ma nel 1963 fece censurare Chi lavora è perduto...
«La commissione censura, all’epoca guidata da Franco Evangelisti, lo ritenne offensivo della famiglia, della patria e della morale. Mi limitai a cambiare il titolo e passò. Un classico escamotage all’italiana».

Cinzia Romani - Articolo tratto da "Il Giornale"


L’avvocato-psicologo si spoglia per Brass

ROMA - «Vedo nel femminile l’unica speranza per cancellare la guerra e farne un tabù». Così parlò Tinto Brass, richiesto di spiegare il senso del film che ha scritto e sta per girare, «Ziva, l’isola che non c’è». Durante la Seconda guerra mondiale, su un’isola della Dalmazia si gioca il destino di una donna (appunto Ziva, che però è anche il nome dell’isola e che in slavo significa «diva»), la custode del faro, e di quattro uomini, il marito partigiano, due occupanti, uno italiano e l’altro tedesco, e un parà inglese. Le riprese dovrebbero cominciare quest’estate, l’attrice protagonista sarà la debuttante Caterina Varzi, i suoi partner sono ancora da scegliere. Si chiama Caterina Varzi e sarà la primadonna del prossimo film di Tinto Brass, «Ziva, l’isola che non c’è». E, fin qui, è una notizia. La curiosità è che la nuova scoperta (come sempre con Brass, in tutti i sensi) del sommo sacerdote dell’eros cinematografico è anche un’avvocatessa e una psicanalista junghiana. Insomma, la Varzi fa un lavoro uno e trino, ma non per il quattrino. In realtà, è un’intellettuale folgorata sulla via di Brass per via di una «reciproca seduzione» che le ha fatto scoprire, nel Tinto nazionale, «la persona oltre il personaggio».
Andiamo con ordine. Calabrese trapiantata a Roma, 37 anni «ufficiali» («Ma non posso rivelare l’età vera, c’è un veto del regista»), si laurea nell’86 ed esercita per dieci anni come avvocato. Poi scopre l’analisi facendola, per altri quattro, con Aldo Carotenuto. E diventa anche psicanalista. Nel frattempo, fa anche molto altro: è ricercatrice a Giurisprudenza, prende un master in Psicologia giuridica, si dedica «a tematiche afferenti al diritto processuale-penale: le dinamiche del processo in termini psicodrammatici» (così scrive su Internet) e collabora anche con il nostro «Tuttoscienze» su argomenti non esattamente frivoli, per esempio con una recensione di «Genio e follia» di Jaspers.  Da Jaspers a «Ziva» il passo può sembrare non solo lungo ma anche bizzarro, ma lei non l’ha vissuto così. L’incontro con Brass avviene nel ruolo di avvocato («Seguivo una trattativa per una società di produzione») che poi diventa quello di consulente per la sceneggiatura («Ma intendiamoci: è del tutto originale e l’ha scritta lui. Io mi sono limitata a consigliarlo sugli aspetti psicologici»), poi di musa ispiratrice com’era la scomparsa moglie del maestro, Carla Cipriani, alias la «Tinta» («Sì, credo di aver preso il suo posto ma, sia chiaro, solo dal punto di vista professionale») e infine quello di attrice.
E qui bisogna precisare che il nuovo film di Brass è un film di Brass come quelli vecchi, cioè che ci si fa sesso e pure molto. «Ma forse in “Ziva” - chiosa la neoattrice - meno che nelle ultime pellicole». La vicenda è ambientata nel 1942, in Croazia. Ziva è il nome sia dell’isola che della guardiana del faro che c’è sopra, cioè la Varzi, che si destreggia fra quattro uomini in guerra, il marito partigiano titino, un marinaio italiano, un soldato tedesco e un paracadutista inglese. Detta così, sembra una barzelletta («dunque, ci sono un tedesco, un inglese e un italiano») e invece il messaggio del film è decisamente impegnato e impegnativo: fra Eros e Thanatos vince l’amore, e infatti se ne vedrà parecchio. Insomma, fate l’amore, non fate la guerra. «Una bella sceneggiatura, di cui ho apprezzato il tema antimilitarista. Anche se, diversamente da me, Brass dà più importanza al significante che al significato». Prego? «Ma sì, Brass preferisce raccontare per immagini, io per parole».
Resta da capire come mai l’avvocatessa Varzi non si sia limitata ad apprezzare la storia ma abbia deciso anche di recitarla. «Ma perché me l’ha chiesto Brass! Io naturalmente all’inizio ero perplessa, anche perché non ho mai recitato in vita mia e non credo che continuerò dopo il film. Però Brass mi ha conquistata: intanto perché è un intellettuale vero, poi perché ha i modi di un gentiluomo d’altri tempi. Ha conservato la capacità di stupirsi e la disponibilità a farsi sedurre dalla vita». Così ha sedotto, sempre professionalmente, anche lei. «Però - racconta Caterina - mi ha risparmiato la prova della monetina». Già, il celebre provino brassiano. Si sa che il maestro apprezza soprattutto una parte del corpo femminile, quella posteriore. E alle sue aspiranti primedonne chiede di solito di raccogliere da terra una monetina proprio per permettergli una visione il più possibile panoramica del loro, chiamiamolo così, significante. Avvocatessa, l’esenzione dal test-monetina deve inorgoglirla... «Evidentemente, c’è un certo apprezzamento anche estetico, ma credo di essere piaciuta a Brass soprattutto dal punto di vista intellettuale». E così a giugno si inizierà a girare in Croazia. Il compagno della psicoattrice non ne ha fatto uno psicodramma. «Anzi, mi ha sostenuto e incoraggiato». Idem i genitori, tutt’altro che stereotipati retrogradi della deep Calabria: «Sono abituati alle mie scelte anticonformiste. Diciamo che non si stupiscono più di nulla. Semmai, sono io che mi immagino sul set in momenti anche imbarazzanti. Ma sono certa che Brass saprà evitare di farmi sentire imbarazzata». Come molte altre prima di lei...

Alberto Mattioli - Articolo tratto da "La Stampa" del 09/03/2008


A DONNAVVENTURA C'E' GIUSY CRISCUOLO

La "DONNAVVENTURA® ideale” è una ragazza che sogna di viaggiare, ma che è pronta a vivere in tutti i sensi un’esperienza straordinaria, che va al di là della semplice percorrenza di spazi geografici. Curiosità, preparazione fisica, ottimismo ed adattabilità sono caratteristiche fondamentali necessarie per affrontare le numerose sfide proposte dalla spedizione, sia in termini logistici che di rapporti interpersonali. Dovendo vivere a stretto contatto per più di 100 giorni in un team, deve saper accettare e rispettare le regole che strutturano la vita di gruppo. Deve essere consapevole che non si tratta di una vacanza bensì di un’esperienza “lavorativa” assai particolare: quella di vivere in prima persona i retroscena di una produzione televisiva, partecipando direttamente ed attivamente a quello che sarà il prodotto finale. Per questo la DONNAVVENTURA® deve saper trasmettere le ricchezze acquisite durante il viaggio ad altri, tramite articoli, immagini e filmati: perché DONNAVVENTURA® va vissuta ma va anche e soprattutto raccontata…

Giusy CriscuoloSOVERATO — La soveratese Giusy Criscuolo ha partecipato a “Donnavventura”, il programma che andrà in onda oggi ( 12/01/2008), alle 16.50, su Rete 4. Saranno dieci le puntate che racconteranno il gran raid che si è tenuto nel sud est asiatico. Ogni concorrente avrà a disposizione un blog personale con cui poter comunicare e, da oggi, si dà anche il via alle votazioni che daranno la possibilità, alla più votata, di lavorare in tv. Abbiamo sentito Giusy Criscuolo per farci raccontare la sua esperienza.
Come è iniziata questa avventura?
«Tutto ebbe inizio il 18 maggio 2007, quando decisi di prendere il treno per Rimini e realizzare un sogno che avevo da troppi anni. Arrivo alla fiera del fitness e mi dirigo verso lo stand dove c’erano tante altre donne che, come me erano mosse dalla stessa passione: Partecipare a Donnavventura. Mi giro intorno e tra una chiacchierata e l’altra hanno inizio le prove. Alla fine delle prove, con fango finale annesso, ho incontrato il capo spedizione Maurizio che, con il suo atteggiamento militaresco andante ed il suo sorriso soddisfatto, mi ha dato una speranza in più per sognare».
E poi, cosa è successo?
«Finite le prove sono tornata a casa. Il 14 giugno sono stata convocata per il raduno con le altre concorrenti. E, da lì, è iniziata l’avventura: c’ero anche io tra le dodici stelle che sarebbero andate in Malesia. Già dal giorno dopo il nostro arrivo abbiamo iniziato a lavorare e, la sera, abbiamo insaziato a scoprire e a degustare la cucina tipica malese. E’ stata una esperienza bellissima. All’inizio ufficiale della nostra avventura, ad accoglierci alla conferenza di saluto, c’erano giornalisti e fotografi, il ministro del Turismo malese ed il nostro ambasciatore italiano Alessandro Busacca. Alla fine di tutto, la partenza verso Fraser’s Hills e Cameron Highland, alla scoperta delle più importanti ed antiche piantagioni di the della Malesia».
Come hai affrontato le varie prove?
«Alcune volte è stata veramente dura ma il mio motto è non mollare mai. Dopo tre settimane dall’inizio del viaggio mi è stata data una macchina, che chiamo Billy. Abituata alle comodità di un appartamento, non avrei mai pensato che un’automobile sarebbe diventata il mio rifugio, la mia dimora. Io e la mia compagna d’avventura vivevamo, ormai, in simbiosi. Nella macchina c’era tutto, era come una casa in movimento. Con Billy ho affrontato le sterrate strade della giungla, canali strettissimi e profondi, la terra fangosa e scivolosa. Insomma, la prova è stata dura, ma la prontezza di squadra e la sicurezza del mezzo hanno reso il tutto avvincente».
Un augurio?
«Spero che tutti mi votino il più possibile, perchè la più votata potrà realizzare il suo sogno, quello cioè di lavorare in tv. E vorrei anche rivolgermi a tutte le calabresi che hanno un carattere forte: partecipate alle selezioni, non deve esserci solo una calabrese tra le Donneavventura! »

 - Intervista di Maria Teresa Folino per Il Domani

Giusy Criscuolo ha 29 anni, vive a Roma, ma è di Soverato. E’ laureanda in Storia e Critica del Cinema, diplomata alla Scaletta, attrice comica da 10 anni. Insegna dizione e recitazione e per arrotondare, lavora come organizzatrice eventi e convegni. Giusy ama far sorridere la gente e vede sempre il bicchiere mezzo pieno.


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ELISABETTA GREGORACI


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