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Conosciamo la Calabria che vale: Pentidattilo Film Festival V Edizione
di Vittoria Camobreco

   


 Terza Puntata

Su queste pendici ricche di sole, ogni angolo racconta qualcosa, la natura selvaggia ma ospitale è uno splendido e mai distaccato scenario che ha fatto affezionare tantissimi culture addicted, patiti non di nozioni ma di scavi antropologici dentro la cultura che diventa veicolo per scoprire sé stessi attraverso “la storia” del luogo e  “le storie” di tanti pezzi di  mondo venuti qui. Allora assistiamo alla fusione di civiltà, all’incontro di saperi e di memorie, di vissuti. Ecco la vecchietta che porta sul viso gl’itinerari di tutta una vita e non ancora esausta, racconta le sue giornate con il fuso per filare la lana, vediamo le botteghe artigiane del territorio grecanico, piccoli locali che sul calar della sera diventano culle di luce nella penombra crepuscolare, visitate da registi nord europei, africani, australiani, russi. Tante foto appese alle finestre come  diari di viaggio di tanti film e tante presenze tra cui quella del grande regista Vittorio De Seta che ha realizzato due anni fa un docufilm proprio a Pentedattilo, Articolo 23. C’è tutta una filosofia in questa manifestazione, pensiero che tutela il territorio, combatte la criminalità, promuove la semplicità, racconta i problemi della società: “io son quello che non dimentico”, questa è una delle tante frasi che recano importanti significati e che mi ha colpito, è del corto Tommasina di Margherita Spampinato, uno spaccato nella realtà e nella dignità del morbo di Alzheimer che fa tornare i vecchi bambini. Ma questo è solo un esempio. Poi ci sono storie di donne, innamorate, malate, insicure, felici, riflessive. Poi storie di uomini, stranieri, giovani, sani ma non sempre e i bambini che nel corto Arimo! Di Mirko Locatelli, esaminano, analizzano, osservano, giudicano gli errori, le bugie, l’incoerenza e la,mediocrità del mondo adulto, come sinossi spiega. 

Mentre medito, entro nell’angolo bio, sulla scalinata Santa Barbara dove fanno bella mostra di sé golose marmellate, prodotti di fitoterapia, aromi, tisane, un caffè strepitoso dall’aroma indimenticabile. In mezzo a tante diverse e minuscole timide vetrine, aggirandomi per le viuzze, scovo un atelier di costumi d’epoca; qui ogni desiderio viene esaudito, possiamo diventare famosi regnanti, graziose damigelle, gran dame, guerrieri e notabili fra velluti, damaschi, merletti e crinoline,  immagini di tempi lontani per tuffarsi dentro qualche film o in un teatro. Mentre la volta celeste assume cromie sempre più serali, le salette continuano a macinare visoni per un pubblico sempre più numeroso e appassionato: adulti intenti a seguire le proiezioni, a visitare mostre suggestive dove la parola è di tutti ma soprattutto di chi vive l’emarginazione e il disagio di essere straniero,  bambini che giocano sereni e sicuri come si faceva una volta. Fra le mostre più incisive, ce n’è una, allestita dentro l’atrio che porta in cima al castello: un giaciglio di stracci, fili di spago dove penzolano con triste vecchiaia, consunte scarpe e logori vestiti, foto come panni stesi ad asciugare, effetti non più personali, mentre l’ultimo  raggio ancora dorato di sole illumina le note di due musicisti molto bravi e sensibili che contribuiscono a rendere ancora più ammaliante queste serate proprio uniche, dedicate al concorso del cortometraggio, considerato non “parente povero” del lungometraggio – come afferma il pensiero del Circolo Zavattini di Reggio Calabria presente da cinque anni al festival – ma un modello espressivo autonomo dove c’è spazio per i visionari, maghi del colore e dell’animazione, poeti dei 35mm e maestri dei segni. D’altra parte anche il grande regista francese Jean-Luc Godard, esordì con il corto Charlotte et Véronique, ou tous les garcons s’appellent Patrick. E perché allora non tutto il resto del mondo e proprio in questo pezzo di Calabria grecanica che profuma ancora di gelsomino e in nessun’altra?

E cosa rende questo festival così speciale oltre alle opere che indagano l’animo umano, illustrano luoghi e persone, regalano emozioni? Sono gli organizzatori, perché da loro è partita questa singolare avventura di sfidare le guglie protese verso il cielo di Pentedattilo, tranquillizzare i fantasmi che nessuna cosa avrebbe messo a soqquadro la loro dimora ormai secolare e portare in un borgo abbandonato che fu teatro di morte, tutti i sapori della vita.

Io, davvero, non vorrei andare più via da questi amici che odiano le paillettes e le facce piacione, ma la notte è ormai scesa e con essa e ombre delle guglie, il dovere e il piacere di tornare a casa.

 Vittoria Camobreco

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