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EROSIONE COSTIERA -
PAGINA LIBERA 2


Soverato Web stringe una collaborazione con Strill.it e pubblica nelle proprie pagine gli articoli di interesse comune del portale di Reggio Calabria


"Dove sono i fondi per le alluvioni?" Il grillo parlante di nome Wanda

C’è un momento al quale si arriva in punta di piedi; ci sono dei paletti forse non molto appariscenti ma piantati bene nel terreno che restano lì, irremovibili. Questi paletti, nel mondo della politica e della Pubblica Amministrazione sono sempre più merce  rara e sono rappresentati da alcuni principi non negoziabili, una sorta di minimo sindacale sotto il quale non è possibile scendere in nome di nessuna alchimia politica o, peggio, partitica.
Wanda Ferro ha 42 anni, è catanzarese, conosce l’Ente provinciale di Catanzaro (per averlo frequentato a lungo prima di sedere sullo scranno più alto) come le proprie tasche ed ha già all’attivo un paio di “trofei” davvero niente male. Nel 2008 ha trionfato alle elezioni travolgendo per 60-40 Pietro Amato che in qualche modo giocava in casa, spinto come era dal Presidente della Regione, Agazio Loiero.
Passa per “lady di ferro”, ma forse sono soltanto fiducia cieca nei principi e tenacia da vendere che le regalano questo appellativo; una cosa, però, è vera, non fa sconti a nessuno: “Questa regione paga i fallimenti di Chiaravalloti prima e Loiero poi” – dice – “e il prezzo più alto lo pagano gli Enti locali a valle della Regione e gli Enti intermedi come le Province”.
Un mese fa Wanda Ferro ha opposto, difesa solo da un suo marchio di fabbrica, una sorta di sorriso aperto ma fermo al tempo stesso,  un netto  “no, grazie” alle lusinghe di Giuseppe Scopelliti che la voleva in Giunta regionale: “Sono fermamente convinta” – spiega Wanda Ferro – “che sia possibile servire la Regione anche da qui, stabilendo il necessario trait- d’union tra gli Enti che in questi anni è mancato. Questo farò, anche per  rispetto verso i miei elettori”.
Dietro il sorriso e la voglia di continuare a lavorare, però emergono problemi enormi, in verità comuni anche alle altre Province calabresi, ma in qualche modo portati alla ribalta proprio dal numero uno dell’Ente provinciale catanzarese: “La legge 34/2002” – spiega Ferro – “prevede il passaggio di deleghe, funzioni, risorse, personale e fitti dalla Regione alle Province, ma fin qui abbiamo visto solo la parte per noi più onerosa del tutto, visto che delle risorse non c’è traccia o quasi. Un esempio per sorridere o piangere, fate voi: per gli sport disabili in 80 Comuni la Regione ci trasferisce ben 2300 euro l’anno…”
La Calabria è grande, enorme, l’orografia non l’aiuta, lo stato della viabilità soffoca le speranze, dunque solo gli Enti sul territorio possono arginare la dilagante “perifericità” di gran parte del territorio calabrese e le conseguenze di questa sono spesso devastanti, soprattutto quando le tematiche sono delicatissime e ballano sul filo della tragedia una danza a volte anche macabra: “Nel 2006 Loiero ed Adamo fecero firmare ai presidenti delle 5 Province” – si scalda Wanda Ferro – “le deleghe per fiumi, torrenti, erosione delle coste, centri storici, ma io se ho sulla carta la delega e, quindi, la responsabilità, poi la voglio anche nei fatti, con le risorse necessarie  che mi spettano”.
Wanda Ferro è un interlocutore assai interessante per chi voglia scavare, capire, anche denunciare perché lei non le manda a dire ed ogni affermazione trova riscontro in una carta, un documento: “sa quanto ci è stato trasferito, fin qui, dei fondi per  5 alluvioni?” – domanda quasi arringando –“Glielo dico io: 150.000 euro a fronte di 3 milioni anticipati dall’Amministrazione che dirigo e le ricordo che per questi eventi sono stati destinati agli Enti oltre 12 milioni direttamente gestiti dal commissario per l’emergenza ambientale che si chiamava Agazio Loiero ed oggi è Peppe Scopelliti.  A lui, nella qualità, chiederò ufficialmente conto di questi fondi che da un lato mi sono dovuti e dall’altro mi sono necessari per dare risposte ad istanze così pressanti della mia gente”.
La messa in sicurezza passa anche da queste pastoie burocratiche ma la posta in palio è evidentemente altissima. “Un Ente, a maggior ragione se regionale” – alza il livello del ragionamento Wanda Ferro – “deve mantenere il controllo vero del territorio. Ma nel recente passato a forza di cercare il controllo dei voti si è perso quello reale, io in 2 anni ho percorso 196000 chilometri, ad esempio, altri non so. Ma la situazione in alcuni settori” – continua come un fiume in piena Wanda Ferro – “è realmente drammatica ed io non intendo pagare per colpe di altri. I forestali, passati a carico delle Province, si ritrovano con un buco di 80 milioni per trattamento di fine rapporto mai accantonato. Di certo non ce ne faremo carico noi! Tutto ciò ci toglie l’ossigeno” – chiarisce col sorriso granitico la Presidente della Provincia di Catanzaro – “ma non la voglia di lottare e, soprattutto, di sapere cosa è accaduto dei nostri soldi, come, ad esempio, quelli destinati ai centri storici e distribuiti con criteri ignoti da Loiero. Ecco, io voglio sapere!”
Il saluto di chi, in tailleur nero e tacchi, ci accompagna alla porta è quello di chi nasconde dietro l’arrivederci la certezza che ci saranno presto altre occasioni per incontrarsi, il sorriso sicuro appartiene a chi sa che sulla brace c’è molta carne al fuoco e non è detto che a scottarsi sia solo la carne...

(Giusva Branca - Direttore Responsabile di Strill.it)

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Se la sfida dello Stato diventa sfida allo Stato

Reggio, da almeno 40 anni, è abituata a convivere con la ‘ndrangheta e con la paura. Paura della ‘ndrangheta, certo, ma anche – per quanto paradossale possa apparire – paura di apparire, agli occhi del Paese (anche a causa di facili generalizzazioni) come città di ‘ndrangheta nella sua anima, catalizzando su di sé le caratteristiche del boia e dell’assassino.
Le vicende relative all’arresto di Tegano vanno lette con lucidità ed estrema attenzione, facendo uno sforzo di serietà di analisi e rigorosità di metodo.
Partiamo dal dato più evidente: la “caciara” di parenti ed amici del boss fuori dalla Questura. Qui, in fretta, si è smarrito il senso del discorso: nel mirino non ci va – almeno direttamente - la città, rispetto alla quale, dopo le parole, di pancia, del Questore Casabona ha provveduto il Procuratore Pignatone a rimettere le cose a posto dichiarando che “è fatta per lo più da gente per bene”.
Nel mirino  ci finisce e ci deve finire una parte minima della città per ciò che ha dimostrato essere capace di fare ma anche – indirettamente - l’intera città, dormiente e silenziosa nella sua parte migliore per decenni, per ciò che ha fatto involontariamente comprendere a questa gente rispetto a ciò che potesse fare (tutto) o non potesse fare (praticamente nulla).
Quella parte di Reggio che “se ne fotte dello Stato”, per dirla con Attilio Bolzoni, su Repubblica, lo ha sbandierato per oltre un’ora davanti alla Questura, con parenti, amici, donne e bambini in braccio in una sorta di muso a muso, occhi negli occhi con la Polizia. Un pesantissimo minuetto gestuale fatto di sguardi, di atteggiamenti, qualche volta anche di parole e minacce, assai più grave di qualche applauso familistico all’uscita del boss. Un’arroganza dichiarata e sbandierata al mondo intero davanti alle telecamere che assume la valenza di una vera e propria dichiarazione di guerra. Ancora stamattina altissimi funzionari e dirigenti della Questura erano basiti di fronte alla sfrontatezza di questi atteggiamenti tenuti non nel quartiere periferico, ma attorno alla Questura, come accadeva solo ad Africo decenni addietro.
E poi ci sono i ragazzi delle volanti, quelli che alla fine,  a telecamere spente, vanno nei territori nemici. Quelli non parlano mai, ma sono turbati da quanto accaduto davanti alla loro casa, alla presenza di autorità e centinaia di poliziotti. Da oggi tocca a loro tornare ad Archi, nella notte, a bordo delle volanti.
La città non era quella davanti alla Questura ieri, certo, si trattava di una parte minima ma non insignificante, dato che, comunque, parliamo dell’ambiente vicino a Giovanni Tegano. Un ambiente che con tutti gli effettivi ha dimostrato allo Stato che, pur toccato pesantemente con arresti e sequestri di beni a raffica, non indietreggia di un millimetro, anzi è lì, nella tana del lupo, con gli occhi della tigre a fissare il nemico.
Abbiamo visto poliziotti, molti dei quali in servizio chissà da quante ore, abbassare lo sguardo per non incrociare quello di chi stava dall’altra parte, ne abbiamo visti altri essere in forte imbarazzo nell’allontanare chi aveva attraversato la strada ed era vicinissimo al punto dove sarebbero passati gli arrestati. Tutto questo davanti al massimo presidio provinciale dell’Ordine pubblico. Tutto questo non è bello, tutto questo schiude le porte, come ogni manifestazione di forza, anche a forti sospetti di debolezza ormai incontrollabile negli effetti da parte di un potere criminale al quale, insieme agli affetti, viene giorno dopo giorno portata via la cosa alla quale tiene di più: la roba.
E però resta la gravità inaudita di quanto accaduto ieri, se è vero, come è vero che il crimine e la lotta al crimine si nutrono entrambi di una forte simbologia. Forte simbologia da parte dei fans di Tegano che, poteva essere tranquillamente stoppata prima.
L’uscita, comprensibile nello spirito ed esagerata nei modi quanto devastante sul piano delle conseguenze d’immagine per la città da parte del Questore (alla quale ha immediatamente messo una pezza Pignatone) è stata dettata probabilmente dalla rabbia nel vedere i suoi uomini impotenti  ( a quel punto per ragioni di opportunità e buon senso) di fronte alle provocazioni, ma – diciamolo francamente – l’intera situazione poteva essere gestita meglio.
Vista la caratura del personaggio ed anche il fatto che fin dalla tarda serata precedente decine di personaggi stazionavano davanti alla Questura sarebbe stato opportuno isolare l’intera zona non consentendo a nessuno di accedere all’intero isolato della Questura. Se si pensa che per il Consiglio dei Ministri è stata creata un’area rossa circa dieci volte più grande per mezza giornata il paragone non regge.
L’analisi lucida, infine, non può non soffermarsi sulla frase urlata da una donna (probabilmente la cognata): “Avete arrestato un uomo di pace”.
Cosa vuol dire? Si è trattato di una frase alla quale non attribuire particolari significati, da collocare in un contesto di grandissimo turbamento emotivo generale oppure c’è dell’altro, del vero dietro?
L’ultimo dei grandi boss latitanti poteva, in qualche modo, essere garante di equilibri frantumati dallo sbriciolamento assoluto degli assetti di decine di cosche sul territorio provinciale? E, quindi, cosa bisogna attendersi ora?
In quattro parole chi comanda a Reggio?

(Giusva Branca - Direttore Responsabile di Strill.it)

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FOTO NEWS

Consigliamo all'Ufficio Stampa della Regione Calabria di aggiungere Soverato nel dizionario del loro Word altrimenti la correzione automatica inserita storpia il nome di una delle città più conosciute della Calabria! Non dovrebbe risultare difficile provvedere...


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Consiglio regionale: è ora di fermare la vergogna delle sedute notturne. E non solo...

La Calabria ha bisogno di tante cose. La Calabria ha bisogno di tante cose tutte assieme. La Calabria ha bisogno di tante cose tutte assieme ora. Una delle tante si chiama trasparenza, cristallinità dell’azione amministrativa che si concretizzi un una serie di operazioni tali da riavvicinare la gente alla politica, ai palazzi del potere; sia per rappresentare le istanze del territorio che – perché no – per far sentire il fiato sul collo agli amministratori.

Negli ultimi anni, indiscutibilmente, Palazzo Campanella si è aperto al territorio, attraverso una serie di iniziative è diventato realmente la “casa dei calabresi”, ma ora è necessario sforzarsi affinché anche le attività amministrative siano immediatamente visibili ed intellegibili a tutti, a partire dalle sedute del Consiglio regionale.

E’ tempo di mettere un punto ad una vergogna diffusa e che dura da decenni: quella che porta, sistematicamente, l’Assemblea a lavorare di notte, con le decisioni più importanti prese alle prime luci dell’alba, davanti ad un’Aula spesso semideserta ed assonnata, lontano dai riflettori della stampa e da sguardi indiscreti di un pubblico che non c’è. E’ un andazzo che affonda le sue radici in consiliature antiche ma che non può essere tollerato oltre. Già la fissazione pomeridiana dell’orario di inizio dei lavori tradisce la voglia di andare a finire nel cuore della notte. Non si vede perché, come ad esempio in Parlamento, i lavori dell’Assemblea non debbano essere fissati alle ore 10 del mattino e, soprattutto, perché, non si possa dare inizio effettivo ai lavori alle 10.15, dimostrando ai calabresi che tutte le mattine si alzano all’alba per essere puntuali alle 8 sul posto di lavoro che non ci sono due Calabrie.

Non è serio (e nemmeno rispettoso per l’attività della stampa, se vogliamo dirla tutta) fissare seduta di Consiglio per le 15 e poi iniziarla effettivamente alle 17, quando la gente “normale” ha terminato la propria giornata di lavoro. E, tanto per dirla tutta, se i signori consiglieri che risiedono lontano da Reggio Calabria devono pagare una notte in albergo per evitare la levataccia del giorno dopo (qualche volta al mese, però, andatelo a spiegare ad operai e pendolari…) che lo facciano, vivaddio. Con tutti i soldi che guadagnano – parliamo in un mese di quanto un impiegato guadagna in un anno – crediamo se lo possano permettere…

 A proposito di sedute di Consiglio regionale, pensiamo sia opportuno ripristinare la reale e libera possibilità di accesso del pubblico (fino ad esaurimento posti), negli ultimi tempi “filtrata” attraverso richieste preventive dopo la cagnara messa in scena tempo addietro dai rappresentanti di Azione Giovani. In caso di comportamenti fuori dalle righe il Consiglio regionale dispone di uomini e mezzi a iosa per arginare i comportamenti ed identificare i responsabili.

Nell’era della digitalizzazione il Consiglio regionale della Calabria si era dotato degli strumenti più all’avanguardia per seguire i lavori dell’Aula: dalla trasmissione in diretta a circuito chiuso nel Palazzo (cosa funzionante solo in parte e da ripristinare nella sua totalità) alla diretta telematica, per sommi capi, dall’Aula sul sito del Consiglio regionale. Questo servizio, di importanza capitale per chi sta fuori ed anche per la stampa è stato misteriosamente e senza spiegazione interrotto. Senza farsi troppe domande (scomode) sulle motivazioni è indifferibile il suo immediato ripristino.

Tra le prerogative di trasparenza – che non sempre coincidono con quelle di pubblicità – che l’Assemblea deve avere, la principale è quella relativa al corretto funzionamento ed equilibrio tra gli organismi collegiali dell’Ente. E’ ora di finirla con l’avocazione delle tematiche più delicate da parte della Conferenza dei Capigruppo, organo politico ed i cui lavori sono privi di trascrizione scritta. Le commissioni devono pretendere che venga restituita loro la dignità che meritano.

Queste sono le condizioni minime, una sorta di minimo sindacale perché l’Assemblea possa ritenersi effettiva depositaria della dignità che si conviene al massimo organo elettivo territoriale.

E’ chiedere troppo? Ce lo dirà presto, con i fatti, il presidente (al momento ancora designato) Franco Talarico.

(Giusva Branca - Direttore Responsabile di Strill.it)


Donne e geopolitica: il cubo di Rubrik di Scopelliti

Il cubo di Rubrik della Giunta regionale è giunto alle ultime, faticose e comunque ancora ruvide giunture da superare.

Scopelliti, al di là delle scelte dei nomi, è alle prese con delicatissimi equilibrismi geografici sui quali si testerà da subito la sua abilità di mediazione.

Partiamo dai dati pressocchè certi: a Vibo ed a Crotone toccherà un rappresentante in Giunta (in pole position, rispettivamente, Pugliano e Stillitani), a Catanzaro gli assessori saranno due (Aiello e Tallini i favoriti) ed a questi si aggiungerà il Presidente dell'Assemblea, Talarico.

Ricordato che Presidente e vicepresidente rappresentano i territori di Reggio e Cosenza e che, comunque, a Gentile toccherà anche una delega (bilancio o turismo gli assessorati più accreditati), restano sei deleghe da ripartire. Cosenza prova a fare la voce grossa chiedendone quattro delle sei. Morelli e Trematerra sono pressocchè certi, anche con deleghe "pesanti", Caputo e Chiappetta provano a guardarsi dall'outsider esterno Giacomo Mancini che, in silenzio, sta guadagnando punti giorno dopo giorno. Se, alla fine basteranno per un assessorato  o se, invece, si fermerà, ad esempio, ad un sottosegretariato ancora non è dato sapere.

Resta Reggio e, soprattutto, altri due nodi da sciogliere: la Locride e le donne, entrambi privi di rappresentatività elettiva. Per Reggio pare difficile, portata all'incasso una guida di per sè assai accentratrice come quella di Scopelliti, ottenere anche tre assessorati; più probabile che siano due e che, in tal caso, i nomi di Caridi e Sarra (esterno) giungano in porto.

Le "teorie" fin qui esposte, però, rischiano di finire a gambe levate nel momento in cui Scopelliti cercherà di quadrare il cerchio anche con le due donne "esterne" da lui stesso preannunciate. A quale logica geografica apparterranno? E, soprattutto, a chi degli eletti leveranno un posto ed a che prezzo di serenità interna agli schieramenti? La vera domanda e, probabilmente, l'ultimo nodo da sciogliere prima della formalizzazione della Giunta è proprio questa. Va da sè che ancora più difficile sarà far rientrare dalla finestra quella locride che gli elettori hanno cacciato dalla porta.

(Giusva Branca - Direttore Responsabile di Strill.it) 


Siamo stufi di gente che dà buoni consigli se non può più dare il cattivo esempio

Francamente sta sorprendendo un pò tutti la veemenza con la quale il neo-Governatore della Calabria, Giuseppe Scopelliti, sta attaccando il sistema picconandolo, per il momento, solo a parole, lascia basiti.

 Non ne eravamo abituati, non avevamo l'orecchio ad un linguaggio così evidentemente esplicito. Al momento, lo ripetiamo, solo di parole si tratta, e non potrebbe essere diversamente, ma l'obiettivo del cambiamento a 180° pubblicamente evocato da Scopelliti lo pone in una situazione nella quale nessun suo predecessore si era mai cacciato. Da queste colonne lo abbiamo scritto più e più volte: la Calabria è un malato terminale a causa di un cancro che nei decenni ha divorato tutti i suoi organi inglobando anche quelle difese immunitarie che avrebbero dovuto difenderlo ed invece per prime hanno ceduto le armi, vendute anche loro al nemico. Ritenevamo (e riteniamo) che l'operazione - già di per sè difficile - di cacciare i mercanti dal tempio rischi anche di essere inutile ove non ci si assicuri in fretta che, nel frattempo, il tempio stesso non sia stato svenduto ad altri mercanti.

Scopelliti, dicevamo, si è cacciato in una situazione dalla quale, in questo quinquennio, potrà venir fuori come trionfatore o come solenne sconfitto. La gente che lo acclama per le piazze calabresi, dal Pollino allo Stretto, come una sorta di moderno imperatore, solo in parte lo fa per il suo - indiscutibile rispetto al piattume della controparte - appeal popolare, alla faccia delle teorie di cartapesta su destra e sinistra.

La maggior parte della gente, principalmente per un banale dato anagrafico, gli chiede, reclama, quasi implora cambiamento. Per la prima volta la gente di Calabria ha capito e lo urla a gran voce che l'obiettivo del benessere (per carità, il minimo sindacale, non montiamoci la testa) non può che arrivare al termine di una lunga stagione di cambiamento. Cambiamento delle logiche di scelta, stravolgimento dei cardini del sistema.

Scopelliti, vuoi perchè ci crede, vuoi perchè la spinta popolare è fortissima, sta rilanciando al tavolo della grande scommessa ogni giorno di più. Scopelliti sta sbandierando ai quattro venti che la stagione delle "incrostazioni", per dirla con un linguaggio caro a Loiero, è terminata. Annuncia, quasi ringhia, che la casta dei "sacerdoti regionali", quelle poche decine di persone che da oltre 40 anni fanno e disfano gli orientamenti (di spesa e non solo della Calabria), sarà azzerata, cancellata, in molti casi pensionata.

L'obiettivo è ben più che ambizioso, al pari di ciò che discende da un'altra affermazione ricorrente nelle parole di Scopelliti: "drammaticamente gravi come la 'ndrangheta sono i comitati di affari che gestiscono tutta la Calabria" ha dichiarato ancora ieri il "quasi-ex" Sindaco di Reggio Calabria. Bene, chi scrive non lo ha mai mandato a dire, non ha quasi mai parlato per parabole comprensibili a pochi, ma giova ripeterlo: la Calabria è governata realmente da non più di una sessantina di persone che, a dispetto di casacche politiche di maniera, hanno messo in piedi una sorta di PUC (Partito Unico Calabrese, per riprendere una felice intuizione di Alfio Caruso su analoga situazione siciliana)  che gestisce e dirotta flussi economici spaventosi.

Sugheri d'acciaio li ha definiti in una recente seduta del Consiglio regionale Sandro Principe (in verità lui parlava solo dei dirigenti del comparto sanità) regalandoci un'immagine di straordinaria efficacia. Sugheri che stanno a galla per decenni, come il sughero, appunto ma, contemporaneamente riuscendo a non marcire, come fossero d'acciaio.

Scopelliti sa bene che si gioca tutto e che, come i portieri di calcio, dopo aver lasciato i pali non può più fermarsi, deve andare avanti. Lo ha detto più volte ed ora lo deve fare: smascherare quella classe trasversale che si è mangiata la Calabria, senza esenzione di categoria alcuna.

Maledizione, lo abbiamo scritto tante di quelle volte da apparire (e forse diventare) paranoici. Non si salva nessuna categoria. Nessuna.

La galassia imprenditoriale – anche qui salvo rare eccezioni – è composta da “gente-che-si-è-fatta-dal-nulla”, il che, tradotto in italiano e depurato dal “berlusconismo” dilagante significa gente che in maniera strana, talvolta anche poco limpida, comunque sempre  al di sopra delle righe, è divenuta interlocutore del mondo politico (in qualche caso, anzi creata ad arte dal mondo politico medesimo) ma senza il minimo respiro di prospettiva.

In troppi casi la storia ha dimostrato che più che di imprenditori si tratta di prenditori, di risorse pubbliche, comunali, regionali, statali o europee che siano, senza che a questa “presa” segua uno straccio di progetto di impresa, di sviluppo, di crescita sul territorio.

In troppi casi si è preferito il cesto di pesci piuttosto che la canna da pesca, ma – vivaddio – il modello culturale di riferimento qualcosa dovrà pure contare.

In questo clima da “ultima corsa, si salvi chi può”, anche i professionisti calabresi ed il mondo accademico hanno le loro responsabilità: ciascuno ha pensato solo ed esclusivamente al proprio orticello cercando la via più breve per mettersi in salvo, per garantirsi quella piccola fetta di potere da esercitare in maniera sinergica e/o funzionale ad un dominus investito di tale potere a seconda delle situazioni.

Pronti, comunque, a riciclarsi nascondendosi  dietro il nobile paravento del “professionismo” che, però, dovrebbe riguardare solo l’aspetto, per l’appunto, strettamente professionale, mentre la sfera politico-sociale-amministrativa dovrebbe obbedire a ben altre logiche.

Il mondo accademico, dalla sua parte, invece di battere i pugni, provare a demolire il demenziale castello che si andava edificando ha pensato bene di tirar su il ponte levatoio e sguinzagliare i coccodrilli tranciando ogni rapporto con il resto della classe dirigente.

Ma, come recita il Vangelo, si può peccare in pensieri, parole, opere, ma anche omissioni.

Gli ultimi sette capoversi sono tratti integralmente da un nostro fondo datato 3 agosto 2008, ma, purtroppo, vanno benissimo anche adesso.

Sono in tanti, tantissimi ad attendere al varco Scopelliti non ritenendolo capace e/o realmente intenzionato a fare la rivoluzione, perchè di quella si tratterebbe.

Noi lo attendiamo a nostra volta, con lo spirito bambino di chi vuol credere ancora alle favole, di chi sa dare fiducia, una volta di più, perchè il successo di Scopelliti sarebbe non solo il suo ma, principalmente, il primo, vero successo di questa nostra terra maledetta.

E, di converso, il fallimento di Scopelliti sarebbe, con certezza, l'ultimo per una terra forse già persa ma alla quale il neo-Governatore sbandiera di voler offrire un barlume di speranza, un filo di luce.

Fiducia da un lato, occhi aperti dall'altro, ma anche voglia, ciascuno per la propria parte, di spendersi in prima persona, di offrire il personale contributo, anche se spesso è difficile urlare che il re è nudo, a maggior ragione se il re non è uno, perchè i regni, le riserve di caccia nelle quali tanti sugheri d'acciaio hanno trasformato comparti-cardine della Calabria sono numerosi.

Su una cosa, però, siamo completamente d'accordo con Scopelliti:

Basta, basta! Di certa gente, di certi merccanismi, di certe logiche, di certi cognomi che si rincorrono di generazione in generazione saltando dalla politica all'imprenditoria, al giornalismo, agli affari per tornare inesorabilmente alla politica non ne possiamo più. Non  ne vogliamo più nemmeno sentire la voce, figurarsi le loro ricette per uscire da un dramma nel quale proprio loro ci hanno infilato mani e piedi. Anche perchè il monito di De Andrè è ben vivo: in Calabria, da sempre "la gente dà buoni consigli sentendosi come Gesù nel tempio, soprattutto se non può più dare il cattivo esempio"...

(Giusva Branca - Direttore Responsabile di Strill.it) 


In Calabria anche morire può diventare un guaio

C’è un tempo per vivere ed un altro per morire e questo, bene o male, lo sappiamo tutti. Ci sono anche mille modi per morire, ma nel terzo millennio ci si aspetterebbe di poterlo fare in un modo civile, consono ai principi di tutela della dignità umana.

La storia di Margherita Papisca, morta il 7 febbraio scorso a 73 anni, è un emblema, quasi un monito.

L’odissea comincia con una diagnosi terribile: mieloma multiplo con metastasi diffuse. Praticamente una condanna a morte. E però, come dicevamo, c’è modo e modo di avvicinarsi al commiato terreno ed allora la figlia, Domenica La Rocca, si avvia nel terribile percorso con forza d’animo, dignità da vendere ed anche speranza nel sistema sanitario.

Ciò che segue, per mesi, ha dell’incredibile: continui rimbalzi dal reparto di ematologia dei “Riuniti” di Reggio a casa dell’ammalato. Si, perché dopo 22 giorni di ricovero con annessa chemioterapia il paziente, senza speranze, è diventato un peso per il sistema ed allora meglio mandarlo a casa e seguirlo in day hospital. E poco importa se per quattro mesi due volte alla settimana la signora deve essere trasportata di peso su e giù dal quarto piano di uno stabile privo di ascensore; poco importa se per due volte all’ammalato si innesca un blocco intestinale che comporta la sosta per ore su una barella in attesa di un intervento in chirurgia d’urgenza o, una seconda volta, per quasi 24 ore in accettazione.

Poco o nulla importa se, strada – anzi calvario – facendo capita che al termine dell’ennesimo viaggio casa-ospedale ad ammalata e figlia tocchi di dover attendere sotto la pensilina accanto al pronto soccorso per ripararsi dalla pioggia prima di sentirsi dire che il medicinale per la chemio in dotazione all’ospedale è terminato. Ed allora tocca andare a comprarlo direttamente, di tasca propria e farsi praticare il trattamento a casa. A nulla importa che – per verificare l’andamento del male – una risonanza magnetica (evidentemente ritenuta inutile rispetto all’esito finale) non venga prescritta ed effettuata dalla struttura pubblica e tocchi farla privatamente per sentirsi dire che la situazione è gravemente peggiorata.

Ed allora, mentre l’ammalata non può più muoversi, la figlia, con l’incartamento fa la cosa più ovvia per cercare di garantire una morte decente alla propria madre: prende il solito treno e va a Milano, al centro oncologico. Lì le consigliano di cambiare terapia, per poter lenire il dolore e – forse – allungare di qualche tempo l’aspettativa di vita. La scelta, però, compete a Reggio che non intende seguire quanto indicato dai colleghi milanesi e la situazione resta tale e quale, tra sofferenze indicibili e continue “spallucce” da parte di chi dovrebbe garantire anche assistenza morale, oltre a quella fisica.

Si muore anche così, in Calabria nell’anno del Signore 2010

(Giusva Branca - Direttore Responsabile di Strill.it)


A voi che non vi vergognate. Mai.

Allora, il tappo concettuale lo fa saltare il numero uno del Pd calabrese, Carlo Guccione. In pieno affondo elettorale taccia la destra di inadeguatezza culturale rispetto alla guida della Regione.

Beh, il tema è troppo ghiotto per lasciarlo scivolare così ed investe come un fiume in piena l’intero arco politico-dirigenziale calabrese.

Cominciamo proprio dall’affermazione di Guccione e dal richiamo al livello culturale.

Uno sguardo appena approfondito all’interno degli Enti locali, dalla Regione a scendere, ci propone un panorama desolante, quasi barbaro. Ci regala uno scenario post-visigoto agghiacciante per partire, banalmente, dal titolo di studio – i dati che vengono fuori sono assolutamente imbarazzanti abbracciando, subito dopo, riferimenti culturali e di spessore in senso lato.

Che non salti mai in mente a nessuno di indagare sui percorsi formativi dei personaggi che oggi chiedono voti e fiducia.

Quanti libri hai letto? In quanti anni hai conseguito la laurea (ammesso che ce l’abbia una laurea)? Che tipo di esperienze lavorative o strettamente politiche hai alle spalle? Che esperienze gestionali di uomini e situazioni hai maturato? Cosa sai della Pubblica Amministrazione? Hai studiato i modelli di gestione della cosa pubblica in Italia e nel mondo? Conosci i valori costituzionali principali della Repubblica italiana? Che ne pensi del modello keynesiano? Ritieni che l’economia sociale di mercato proposto dalla scuola di Friburgo sia ancora applicabile?

Tutte domande ovvie, banali, come in molti, troppi casi – ahinoi – le risposte, scontate nelle loro desolante soluzione.

“Questo non è un Consiglio regionale, è una bettola” sussurrava a mezza voce e tra i denti uno dei suoi componenti uscendo dall’Aula al termine dell’ultima seduta del 2009 e, straordinariamente, non si rendeva conto di essere lui stesso uno dei prototipi maggiormente rappresentativi dell’osteria dalla quale, ubriaco di parole vuote e senza alcun senso, stava uscendo.

Il riferimento al casellario giudiziale nella scelta dei candidati è tanto ovvio quanto travolto da abitudini invereconde ormai passate da Montecitorio fin giù alle circoscrizioni, ma, va ricordato, trattasi di condizione necessaria e non sufficiente in un Paese normale.

D’altra parte non si vede perché se io accetto di salire a bordo di un aereo guidato da un pilota immune da precedenti penali ma assolutamente privo delle conoscenze tecnico-culturali necessarie sono un folle e, invece, se accetto di fare guidare le scelte e la mia vita di cittadino da qualcuno che troppe volte, quando a scuola spiegavano l’abc delle umane cose, non c’era divento elettore attento.

Guccione scoperchia la pentola dell’incultura del centrodestra, ma – senza accorgersene, come gli capita spesso – apre un fronte vastissimo dal quale rischiano di uscire con le ossa rotte, dati alla mano, il 70% dei politici operativi e/o aspiranti tali.

Gente che confonde il diritto con il favore, che è convinta che Dossetti fosse un terzino sinistro di qualche squadra degli anni 60, che quando dici Cordero pensa solo a Montezemolo; gente che, come diceva Stevenson – anche lui meschinamente scambiato per un giocatore di basket – per punire veramente bisognerebbe mandare a scuola, altro che in galera.

Gente che, insieme ai rudimenti culturali minimi non ha acquisito mai nemmeno i requisiti necessari per indignarsi, per arrossire.

Perché l’incultura, etico-morale prima che strictu sensu, comporta che non riesci più a riconoscere, giacchè per farlo è necessario, a monte, conoscere. Conoscere uomini e cose, conoscere la cultura vera per poi poterla distinguere dalle briciole di subcultura che ci vengono propinate ad ogni piè sospinto nelle fogge più disparate.

E questa incapacità, questo limite, prima o poi, porta dritti alla più estrema delle conseguenze: cari signori, più ignoranti siete e meno vi vergognate.

Ed infatti, soprattutto dalle nostre parti, non si vergogna più nessuno. Mai.

(Giusva Branca - Direttore Responsabile di Strill.it)


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Soverato


Soverato Web stringe una collaborazione con Strill.it e pubblica nelle proprie pagine gli articoli di interesse comune del portale di Reggio Calabria


La Calabria dei campioni del mondo dice "Basta!"

Ora basta! Adesso del massacro mediatico della Calabria non se ne può più. Lo spunto rappresentato dalla vicenda-Venditti ha, improvvisamente, svegliato da una sorta di torpore migliaia di calabresi "qualunque" ma anche tanti calabresi famosi nel mondo perchè rappresentano punti di eccellenza nella scienza, nella cultura, nello sport, nello spettacolo. Dopo la scienziata Sandra Savaglio strill.it ha raccolto lo sfogo dei tre calabresi campioni del mondo di calcio. Tre ragazzi di Calabria che partendo da quaggiù hanno scalato le vette più alte dello sport più popolare del mondo, fino ad alzare la coppa più prestigiosa nella notte di Berlino del 2006: "Io, francamente non ne posso più" - dice Simone Perrotta, cosentino di Cerisano  e cresciuto calcisticamente e come uomo nella Reggina - "di sentire parlare della Calabria in modo offensivo e provocatorio. E' vero, abbiamo tanti, tantissimi problemi, ma anche dei valori dei quali andiamo fieri ed anche delle realtà da portare ad esempio. Qui sembra che tutti non aspettino altro che qualcosa per darci addosso. Se un caso di malasanità si verifica in Calabria" - continua il centrocampista della Roma - "è la fine del mondo, se, come accade, capita da un'altra parte rientra nella normale casistica. Io a questo gioco al massacro non ci sto più".

Ancora più incisivo Rino Gattuso, da Corigliano Calabro al tetto del mondo con le maglie del Milan e della Nazionale: "La Calabria per me significa casa" - attacca "Ringhio" -  uno spettacolare rifugio che mi mette al riparo dagli stress e mi riconcilia con la vita e i suoi sapori migliori. La mia terra è magica, ricca di storia e bellezze naturali. Non saprò mai se esiste un posto più bello al mondo. Rifiuto il paragone perché la mia Calabria non si può paragonare a nulla”.

Il dito nella piaga lo infila ancora Perrotta: "A me, francamente, la vicenda-Venditti ha dato molto fastidio; ho visto e rivisto il video e mi sono anche arrabbiato, cosa che dirò personalmente ad Antonello che è un nostro super tifoso e spesso è con noi. I miei compagni di squadra in spogliatoio mi hanno preso in giro perchè me la sono presa" - continua Perrotta - "ma io ho detto loro: 'Voi non siete legati alla vostra terra come lo siamo noi calabresi che da secoli molto spesso siamo costretti ad andar via. Ma, contrariamente ad altri, un calabrese resta un calabrese a qualunque distanza di spazio e di tempo dalla Calabria' ".

Questo concetto è sottolineato anche da Vincenzo Iaquinta, da Crotone, attaccante della Juventus e della Nazionale campione del mondo: "Ho un rapporto fortissimo con la mia gente, con la mia terra e lo stesso vale per tutti i calabresi" - dice Iaquinta -  "Basti pensare che, dopo la conquista della Coppa del Mondo abbiamo - ovviamente - partecipato a decine di celebrazioni pubbliche e di feste. Per me, però, la più importante resta quella che, come Gattuso e Perrotta, ho voluto fortemente con i miei conterranei, concittadini, gente semplice, gente non famosa ma che ogni giorno con grandi sacrifici porta avanti la famiglia, il lavoro e, nonostante tutto, fa stare in piedi la Calabria. Questo può accadere perchè la mia terra, che amo, è una terra stupenda con dei valori veri che combattono ogni giorno i problemi, anche i più grossi."

Su questo aspetto Simone Perrotta entra in maniera ancora più incisiva: "Si fa presto a dire che i calabresi migliori sono andati via" - dice a strill.it tutto d'un fiato Perrotta - "ma, oltre ad essere una bugia perchè in Calabria ci sono tantissimi uomini e donne che, lontano dai riflettori e quindi con sacrifici ancora maggiori dimostrano di avere qualtà eccelse, è anche un controsenso. I calabresi che, in tutto il mondo ed in tutti i campi, si sono da sempre affermati (e sono dappertutto)" . continua Simone - "se sono quello che sono lo devono alla Calabria della quale sono figli, a quei valori che altrove sono sempre più rari e che la Calabria ci ha trasmesso nella fase della nostra formazione. Io mi sento figlio, espressione diretta della Calabria, dei suoi valori forti, dei suoi profumi. Anche dei suoi problemi, perchè no, ma sempre figlio della Calabria. Di quella Calabria che tutti, dalla Calabria o da qualunque altra parte del mondo, dobbiamo difendere con i denti!"

(Strill.it)


Caro Antonello...

Strill.it è un giornale e, come tale, fa informazione. La fa bene o meno bene, a seconda di come ci riesce e, ovviamente, più o meno compatibilmente con il consenso dei lettori. E l’informazione passa dalle notizie buone (non molte) e da quelle meno buone. L’uscita di Antonello Venditti, datata estate 2008 – e non l’estate scorsa, come giustamente (ma in modo impalpabile rispetto alla considerazione globale della vicenda) sottolineato dalla lettera inviataci dall’artista - è stata, fuori da ogni ragionevole dubbio, sgarbata, fuori luogo, fuori contesto ed anche falsa nei contenuti, laddove si disconosce alla Calabria il ruolo di guida culturale.

Ancora peggiore la replica di Venditti che ha cercato di “sistemare”  la faccenda offrendo interpretazioni autentiche dalle quali proveniva – inequivocabile – lo stridio delle unghie sugli specchi e che, come spesso accade, hanno messo in bella mostra una toppa assai peggiore del buco.

Ora, però, archiviata la vicenda Venditti (può capitare a tutti una sera d’estate di dire delle sciocchezze, anche se, ad esempio, a me non sarebbe mai passato per la mente di dire qualcosa di assoluto ed inappellabile su un popolo), il dato che resta è un altro ed origina dalle dinamiche mediatiche che hanno creato l’onda anomala sulla cresta della quale è stata a cavallo l’intera vicenda.

Personalmente, nella qualità di direttore responsabile, ho scelto di pubblicare quel video non certo per esigenze di cronaca (il fatto, come lo stesso Venditti sottolinea era quasi stantio), ma per rispondere all’esigenza del lettore che ce lo ha segnalato e di altri che avevano già attenzionato il filmato, presente da mesi su youtube.

Che in poche ore, poi, la vicenda sia diventata un caso nazionale del quale, tra gli altri, si sono interessati col massimo risalto Repubblica, Corriere della Sera, La Stampa, Il Giornale, Il Messaggero, Il Tempo, Il gazzettino, Sky tg 24, Rai, Radio 24 ore, Rtl, Radio Capital  qualcosa significa.

Significa che, al di là di tutto, le gente di Calabria ha reagito e lo ha fatto in maniera compatta.

I dati, quindi, sono due e rappresentano, reazione ed unità, un evento di portata storica per la Calabria che cela, però, il peccato originale.

Venditti sbaglia quando maledice la Calabria (“Dio, perché hai fatto la Calabria…?”), sbaglia ancora quando la etichetta come priva di cultura, sbaglia ulteriormente nei modi e nei contenuti della rettifica, ma solleva – e lo fa con la credibilità dirompente dell’artista – una tematica sulla quale ci troviamo d’accordo e, addirittura, al suo fianco se vorrà veramente dimostrare di essere vicino alla Calabria.

Per la Calabria non c’è più tempo e, al di là di quanto detto da Venditti in senso stretto, questo era probabilmente, il contenuto del concetto che, vanificato dal corto circuito cervello-lingua verificatosi nella notte di Marsala, Antonello Venditti avrebbe voluto esprimere.

La Calabria – e strill.it -  lo ha scritto in tutte le salse, sta affondando, vittima non certo del destino cinico e baro, ma di sé stessa. Non di una mancanza di cultura, caro Antonello, ma, paradossalmente, della presunzione derivante dalla consapevolezza di essere figli della cultura.

Ma la cultura da sola non basta per garantire sviluppo, la coscienza etica troppo spesso è stata travolta dal senso “familistico” più o meno allargato che ha prodotto danni forse irreparabili ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

La reazione e la compattezza della Calabria offesa dalle parole (ma non, secondo me, dall’anima di quanto dichiarato da Venditti) dimostrano che ancora un minimo di capacità reattiva della gente calabrese c’è.

Vorremmo tanto, noi di strill.it, essere travolti di mail – come accaduto per il cantautore romano – anche per vicende gravissime, che trattiamo quotidianamente e per le quali sarebbe bene che i responsabili, politici e non, sentissero lo stesso fiato sul collo che ha portato il caso-Venditti da strill.it a Sky tg 24 passando per Repubblica, Tg com, Radio 24, Corsera.

Vorrebbe dire che, forse, un po’ di speranza per la Calabria c’è ancora.

(Giusva Branca - Direttore Responsabile di Strill.it)


Calabria nell'angoscia: quante sono le navi dei veleni in fondo al mare?

Inseguire a tutti i costi la varità spesso ha un prezzo altissimo. Da anni si rincorrono in maniera sempre meno velata le voci, le dichiarazioni di collaboratori di giustizia che sussurrano, a volte soffiano, di navi cariche di veleni affondate nei mari calabresi, jonico e tirrenico.

Inchieste ostacolate con ogni mezzo, morti clamorose (Alpi e De Grazia) hanno fatto da tristissima cornice a decenni di silenzi e di immobilismi imbarazzanti. Quei pochi magistrati che hanno provato a vederci chiaro hanno trovato collaborazione zero dalle istituzioni che hanno il dovere di fornire uomini, mezzi e risorse economiche per attività costosissime.

Eppure, negli ultimi quattro o cinque lustri il tam-tam, il passaparola sempre sussurrato si è fatto via via più insistente: "le navi esistono e sono anche numerose".

"Leggende, solo leggende, di fatti non se ne vede nemmeno l'ombra"; spesso si è preferito da parte di istituzioni e media liquidare così il problema. Eppure i dati, giorno per giorno, si facevano sempre più numerosi, circostanziati e, soprattutto, perfettamente congrui con le voci che continuavano a rimbalzare.

E così, solo per restare agli ultimi elementi emersi, il tasso di radioattività di cinque volte superiore alla norma e la temperatura del suolo più alta di sei o sette gradi alla media nella zona di Serra d'Aiello, nei pressi del torrente Oliva, chiude una sinistra rima baciata con la vicenda della Jolly rosso, la nave spiaggiata esattamente in quella zona anni fa ed il cui carico resta ancora un mistero (ma non per i collaboratori di giustizia che hanno indicato la Jolly, al pari di altre navi, come colme di veleni).

Il ritrovamento, stavolta fisico, visivo, di una nave adagiata a 500 metri di profondità nel mare di Cetraro, con la prua squarciata dalla quale si vedono nitidamente alcuni fusti contenuti nel natante, però, cambia - e di molto - le carte in tavola.

Ora la nave c'è, le leggende lasciano mestamente la scena per fare spazio ad una realtà terribile. Ancora non è noto il contenuto dei fusti ma non è difficile accedere, a questo punto, alle più catastrofiche previsioni.

Ma ora non è più tempo di incertezze per carità di patria. Le solite voci - che però abbiamo ormai compreso non essere leggende - parlano non di una, ma di decine di navi affondate un pò dappertutto sugli 800 chilometri di costa calabrese, tra mar Jonio e mar Tirreno.

Affondare una nave non è una cosa nè facile nè economica, ed allora lo scenario si compone in tutta la sua grandezza. Le voci portano ad un gigantesco traffico di scorie nucleari che per decenni hanno trovato nel mare calabrese la loro tomba. Ora, atteso che l'Italia non produce scorie nucleari, il gioco si fa grande ma grande assai. Ci sono in mezzo altri Stati (produttori di energia nucleare), quasi certamente fette dei servizi segreti (più o meno deviati) italiani e, ovviamente, la 'ndrangheta che, per risolvere il problema dell'ingombrante spazzatura di qualche Paese, non ha esitato, probabilmente, a compiere dei veri e propri crimini contro l'umanità.

Ormai il coperchio è sollevato, nessuno può far finta di non vedere e, quindi, si rende necessaria un'immediata, profonda e complessa verifica e bonifica dei fondali calabresi, evitando - ora - che la comprensibile paura di scoprire l'inconfessabile sortisca il medesimo effetto che per anni ha prodotto l'esigenza di coprire l'inconfessabile.

Anche perchè la tenuta dei fusti alla pressione delle profondità marine ed all'erosione dell'acqua non è infinita e potrebbe essere ancora non esaurita ma vicina alla scadenza, la qual cosa, se da un lato rende ancora possibile (ancorchè maledettamente difficile) rimediare al disastro, dall'altro rende la tematica di strettissima attualità.

E, ancora una volta, per la Calabria non c'è più tempo... 

(Giusva Branca - Strill.it) 


''In quella casa ne morirono due, nell'altra tre''.
L'inferno nell'orto, Calabria radioattiva

"In quella casa ne morirono tre, in quell'altra due, da quell'altra parte ancora due".

Dicevano così, in una sorta di rosario degli ultimi 20 anni, gli abitanti territorio cosentino sul quale ha messo gli occhi la Procura di Paola

con riferimento ai decessi per patologie tumorali avvenute negli ultimi due decenni- con picco localizzabile circa dieci anni fa - in un piccolo spicchio di terra. Morti, statistiche alla mano, assai più numerose della media.

"Proprio questi dati, unitamente a voci confidenziali sempre più insistenti" - dice il Procuratore della Repubblica di Paola, Bruno Giordano, - "ci hanno spinto ad interessarci a fondo della notizia criminis. Abbiamo scelto le tecniche più sofisticate per accedere a dati scientifici ed a risultanze obiettive. Secondo l'agenzia regionale Arpacal, che ci sta seguendo assieme all'assessore Greco con grandissima disponibilità e professionalità - prosegue Giordano - "i dati radioattivi, in un tratto ristretto dove si trova una cava dismessa, sono anche cinque volte superiori alla norma. Al tutto si deve aggiungere il dato preoccupante dal quale siamo partiti e cioè i rilevamenti satellitari suggeritici da consulenti del CNR che, in quella superficie, ci danno una temperatura anche di 5-7 gradi superiore a quella dei terreni circostanti".

E' un vero e proprio fiume in piena, Bruno Giordano, e non fa nulla per mascherare la sua preoccupazione: "Deriva da riscontri obiettivi" - continua Giordano - "come quelli dei radionuclidi eseguiti dall'Arpacal che ci portano dritti al Cesio 137".

Che a due passi dall'ormai celeberrimo ritrovamento della Jolly Rosso ci si trovi di fronte ad una sorta di "piccola Chernobyl" è più di una leggenda che corre di bocca in bocca.

"Io voglio essere cauto e fermarmi ai dati acquisiti" - prosegue il Procuratore Capo di Paola - "ma proprio questi dati, ad esempio, ci dicono che nella zona non c'è nessun insediamento industriale o agricolo che possa giustificare tali valori. Peraltro" - sottolinea Giordano - "poco distante è accertato l'interramento di altri rifiuti non radioattivi ma certamente tossici in alcuni contenitori, uno dei quali apertosi di recente a causa delle insistenti piogge dell'inverno scorso, con conseguenze immaginabili".

In verità dati inquietanti ce ne sarebbero anche altri, come quello relativo alla circostanza emersa anni fa, in ocasione delle operazioni di ripascimento del litorale di Campora, quando si attinse dall'alveo del torrente Oliva del materiale inerte che portò in riva al mare un pezzo di fusto in tutto e per tutto uguale a quelli tristemente famosi per il trasporto di scorie radioattive, o anche la segnalazione, fatta dall'Arpacal a Giordano, che indica il rilevamento, a largo di Cetraro, di un relitto affondato a 483 metri di profondità e non presente nell'elenco delle navi affondate durante operazioni belliche.

Scoprire la verità, adesso che Giordano è ad un passo, pare facile ma non lo è: "Io non posso andare oltre" - sottolinea il Procuratore - "visto che non posso avviare le attività di scavo senza il necessario supporto degli organismi statali competenti; se scavo e trovo ciò che temo" - prosegue Giordano - "poi che ne faccio? Una volta riportati gli eventuali fusti in superficie chi si occuperà del trasporto, della tempistica e dello smaltimento? Io non posso fare altro, il mio, a questo punto, è un appello, serissimo, alle autorità competenti".

Autorità competenti che, al momento, si fa fatica a capire se vadano individuate nella Protezione Civile o nel Ministero dell'Ambiente

(Giusva Branca - Strill.it) 


Amianto killer nei nostri phon

L’Italia è stata uno dei maggiori produttori ed utilizzatori di amianto fino alla fine degli anni ’80. Divulgare una notizia accertata non potrebbe certamente creare inutili allarmismi,

ma si limiterebbe  al diritto ed al dovere di rendere pubblico un pericolo sconosciuto a molti.

L’amianto, il famigerato minerale cancerogeno che si trova in natura, è stato purtroppo utilizzato in larga scala grazie alle sue molteplici capacità d’impiego, ed oggi, dopo il divieto internazionale al suo utilizzo, l’Italia sopporta le conseguenze dei livelli dell’elevata esposizione. 

Non tutti ne sono a conoscenza, ma fino al 1992, le resistenze dei  phon professionali e per uso domestico venivano rivestite di amianto. Non essendo quest’ultimo conduttore di calore, e quindi un perfetto isolante, si presenta sottoforma di cartoncino, ma lo si può trovare anche in piccole tavolette appoggiate alla resistenza.

Più che in ogni altro elettrodomestico fabbricato con l’utilizzo dell’amianto, nei phon l’esposizione alle fibre di asbesto è diretta, e ne è causa la ventola, che soffiando da dietro propaga il minerale (sensibile al caldo ed al freddo) direttamente nell’ambiente creando seriamente il rischio di essere inalato. 

Una sola fibra d’amianto, 1300 volte più sottile di un capello umano, è in grado di causare un tumore terribile, il Mesotelioma della pleura e del peritoneo. Ad oggi, purtroppo, per questa malattia non esiste cura, le fibre inalate possono rimanere incubate anche trenta anni, e una volta presentatosi il male, la medicina può far ben poco, anzi, nulla.

Il Registro Nazionale dei Mesoteliomi ( ReNaM ) afferma quanto sia fondamentale capire e scoprire dove l’amianto sia stato utilizzato, valutando soprattutto il nesso di causalità con i lavori svolti dai casi di mesotelioma, il tipo di attività che i malati di questo cancro hanno svolto anche nel loro antico passato, casalinghe comprese. 

E’ stato dimostrato che l’esposizione non ha interessato solo chi ha prodotto la tavola isolante in amianto (cioè l’operaio di un’industria tipica di trasformazione dell’amianto), oppure solo chi ha usato la tavola isolante nella produzione di un elettrodomestico (cioè l’operaio di una fabbrica che si limitava ad utilizzare tra gli altri materiali, anche quelli contenenti amianto).

E’ invece stato scoperto che anche l’utilizzatore professionale del manufatto (cioè il parrucchiere che ha usato il phon o il lavandaio che ha usato il ferro da stiro) è stato colpito da mesotelioma senza avere avuto mai contatto visibile o dimostrabile con l’amianto.

I casi attribuibili a quella che viene chiamata la terza (o anche quarta) ondata di mesoteliomi non sono affatto rari, e le loro cause sono molto difficili da capire ed ancor più da dimostrare. 

Non esiste soglia di sicurezza al di sotto della quale il rischio di cancro sia nullo: ogni esposizione all’amianto produce un rischio di mesotelioma.

“L’esposizione a qualunque tipo di fibra e a qualunque grado di concentrazione in aria va pertanto evitata” ( Organizzazione Mondiale della Sanità, 1986).

Sono stati accertati decessi di barbieri a causa del mesotelioma, decessi di soggetti che con l’amianto credevano di non avere nulla a che fare, ma comunque riconducibili alla continua esposizione di asbesto rilasciato dagli asciugacapelli e le successive analisi effettuate sui phon hanno confermato il peggio.

 Il riscontro di amianto nei vecchi phon fornisce importanti chiarimenti e delucidazioni sulle cause dell’insorgenza di mesoteliomi della pleura e del peritoneo, in categorie di lavoratori che si pensava non fossero esposti a rischio amianto.

 (David Crucitti - Strill.it)


Le galline si azzuffano per niente. La salute pubblica barattata per un voto

La politica conosce dinamiche ruvide e prive di scrupoli, soprattutto quando le scadenze elettorali si avvicinano.

Tuttavia, rispetto all'interesse supremo della gente, la salute, questi “giochetti” non possono essere nè tollerati nè – tantomeno – accettati.

Il possibile-probabile-presunto commissariamento del comparto sanità calabrese è diventato, ormai, il casus belli dell'intera regione e, contemporaneamente, il paradigma di una battaglia politica nazionale che, senza esclusione di colpi, prova a portare fette di elettorato da una parte piuttosto che da un'altra.

La querelle commissariamento si – commissariamento non solo è stucchevole, ma, principalmente, è fuorviante rispetto al cuore del problema, il problema più serio nella quarantennale storia della Regione Calabria.

La lite è furibonda: Loiero si difende strenuamente, l'Idv si spacca, Di Pietro attacca Misiti, Misiti (il massimo collettore di voti) sbatte la porta e se ne va, anche Arlacchi attacca Misiti, il centrodestra coglie la palla al balzo e se la prende con Loiero in maniera feroce, dimentico del fatto che gran parte del “buco” sia targato Chiaravalloti; Loiero, a sua volta, ha un'idea geniale: cooptare nella squadra di super-tecnici che dovranno affrontare il piano di rientro l'ex assessore alla sanità di Chiaravalloti, Luzzo, probabilmente perchè chi ha provocato il buco saprà bene cosa fare per tapparlo...

Lo Moro (che strano mi sembra di ricordarlo questo nome...) aggredisce verbalmente il suo ex dante causa, Agaziator, chiedendo a più riprese una presa di posizione di Minniti, ignorando che è come chiedere di recitare la Divina Commedia ad un sordomuto.

Ma, come detto, il guaio è che il livello del confronto-scontro è solo elettorale.

Battiato scriveva che “le stupide galline si azzuffano per niente”, qui, invece, ci si azzuffa per produrre la massima quantità di fango da gettare addosso al prossimo avversario politico (la volata per le regionali 2010 sarà lunga e piena di colpi bassi).

Ma del problema vero, del nocciolo della questione nessuno ne parla.

Cioè, il dilemma dei dilemmi non è cosa sarà della sanità calabrese ma chi ne sarà il papa.

Ora, cari sacerdoti della politica regionale (e non), la gente si è stufata delle vostre dinamiche da fine impero, quando ciascuno cerca di arraffare dalla credenza quanto più riesce.

Sarebbe ora che qualcuno spiegasse a tutti cosa accadrebbe con un commissario alla guida.

Il piano di rientro di Loiero è, per grandi linee, noto.

Può piacere oppure no, ma è noto.

Viceversa nulla si sa rispetto alle alternative che chi lancia strali (più o meno condivisibili) verso la gestione-Loiero propone in caso di commissariamento.

Ma qui devono soccorrere gli studi di diritto amministrativo e, soprattutto, buon senso e massime di esperienza.

E' noto a chi sia in possesso di questi strumenti cognitivi ed interpretativi che qualunque commissario non tiene – per definizione – in nessun conto altre istanze che non siano quelle di tipo strettamente economico, con buona pace della situazione socio-assistenziale generale del territorio.

Per carità, anche questa, secondo qualcuno (non certamente secondo strill.it) può essere una via valida da seguire. Bene, purchè lo si dica e se ne accettino le conseguenze.

Perchè l'esempio a Reggio ce l'abbiamo sotto gli occhi e coloro i quali plaudono ai commissariamenti, troppo spesso, poi, somigliano maledettamente a quelli che protestano e si stracciano le vesti perchè, ad esempio, l'asp 5 commissariata dal generale Cetola porta alla chiusura dell'Hospice oppure a quella delle guardie mediche della provincia.

Meditate, gente, meditate...

(Giusva Branca - Strill.it) 


Loiero attacca la Lega e pensa ad un'asse meridionale: "Il Sud deve difendersi" - Intervista esclusiva

Di partite politiche e sociali Agazio Loiero ne ha viste tante ed ora è convinto – e non è il solo – che il momento che il Paese ed in particolare il Meridione stanno vivendo sia decisivo per le sorti dei decenni a venire. L’idea di un’asse che leghi i quattro Governatori  di Calabria, Sicilia, Puglia e Campania è qualcosa di più di una pazza idea e Loiero lo spiega ai microfoni di Strill.it

C’è una consapevolezza assai diffusa – dice Loiero – tra coloro che occupano ruoli politici apicali al Sud relativa ad un’inaccettabile sottomissione sistematica del Meridione rispetto alle spinte della Lega, un partito che prende i voti in tre o quattro regioni e poi diventa determinante ovunque ponendo regolarmente il veto rispetto ad ogni iniziativa a favore del Sud. In questo senso va letto il malessere della Sicilia, dove Lombardo aveva ottenuto oltre il 65% dei consensi.

 Ma questa idea si muove in ottica di un’asse di obiettivo o politico nel senso di una nuova formazione futura?

Parliamo di un malessere diffuso al Sud ed eterogeneo; nessuno di noi immagina un partito, almeno nell’ottica classica, monolitica, simile al modello prodotto nel dopoguerra. Non ci sono le condizioni. Penso, pensiamo, invece, ad una sorta di aggregazione federale sostenuta da istanze simili. Al giorno d’oggi è l’assimilazione dei bisogni che genera alleanze

 Con Lombardo si è visto?

Ci siamo visti e sentiti, c’è convergenza su molte cose. Il problema principale per tutti è l’atteggiamento della Lega che, non dimentichiamolo, nel 2008 impostò l’intera campagna elettorale al grido di “mai più risorse per il sud parassitario e malavitoso”

 E D’Alema nell’ottica di questo progetto come si colloca?

Mah, a D’Alema bisogna riconoscere di essere stato da sempre assai sensibile su questo tema ed anzi secondo me, proprio in quest’ottica, avrebbe dovuto essere lui il capolista del Pd alle consultazioni europee  per la circoscrizione Sud. Ci siamo visti a colazione di recente ed ho avuto modo di notare che quello del Mezzogiorno è stato un tema che “vibrava” fortemente. Di certo a livello di vertice del Pd lui è una delle anime più spiccatamente meridionaliste

 Strill.it ha ipotizzato una sorta di “nuova costituente calabrese”. E’ possibile pensare a qualcosa di nuovo aperto a chiunque ne condivida il progetto, senza pregiudiziali politiche?

Io credo che il sentimento della difesa dei diritti del Sud e, nella fattispecie, della Calabria, sia assai più diffuso di quanto non si creda e, soprattutto, non abbia colori politici. In questo senso credo proprio che sia ipotizzabile una sorta di “coabitazione federata” avente come unico obiettivo l’interesse della Calabria e del Sud  

Ma lei pensa che, in questa prospettiva sia possibile anche intercettare rappresentanti del centrodestra che non vi si ritrovano più? Ai microfoni di Strill.it, ad esempio, Angela Napoli è stata assai critica nei confronti del Pdl…

E lo credo bene…non può che esserlo, da donna del Sud. Il problema che rende sempre più incompatibili sul piano della coscienza con la linea del Governo sta proprio nell’impostazione del Governo medesimo. Basti guardare i numeri: oltre Berlusconi sono otto i Ministri lombardi. E’ vero che questo dato può non essere sufficiente a connotare la linea di un esecutivo, ma in questo caso al riferimento geografico-territoriale si aggiungono anche una serie di scelte inequivoche. In ogni caso, però, il dato mi piace ribadirlo: otto Ministri più il Premier per la Lombardia, nemmeno uno straccio di sottosegretario per la Calabria… 

Il futuro della Calabria e, probabilmente anche il suo personale, sul piano politico, si decide sul tavolo della sanità, un tavolo aperto ma che non pare foriero di belle novità per la Regione; fuori dai denti il commissariamento del comparto è più di un’ipotesi. Ma lei veramente crede, come ha detto più volte, che si tratterebbe di un’iniziativa anticostituzionale?

Certo che si, per due ordini di motivi. E glielo spiego: il Presidente della Regione è eletto direttamente dal popolo in forza di una legge di rango costituzionale, cosa della quale non possono vantarsi, ad esempio, il Presidente della Provincia, il Sindaco e nemmeno lo stesso Presidente del Consiglio dei Ministri. Non mi pare proprio, quindi che quest’ultimo abbia il potere per commissariare un Presidente di Regione. In secondo luogo ricordo che per disposizione costituzionale la sanità è materia di competenza esclusiva dell’Ente regionale. Nel merito, poi, sottolineo ancora una volta che un commissariamento sarebbe una iattura per i cittadini. Un esempio? Guardate l’Asp 5, quella commissariata da Roma, guardate il livello dei servizi offerti ai cittadini…

(Giusva Branca - Strill.it) 


Sulla sanità la resa dei conti. Sul ponte sventola bandiera bianca

Ora si azzuffano rinfacciandosi l'un l'altro “facili costumi”. La caduta libera della politica calabrese – da tre anni più e più volte segnalata da questi rompiscatole di strill.it – comincia a tradursi in ciò che avevamo facilmente previsto: una situazione fuori controllo, sul piano economico, sociale e politico. 

Il fine-settimana è trascorso con un patetico botta e risposta tra Gentile e Loiero.

Il primo portava all'incasso politico – o cercava di farlo – gli oltre 2 miliardi di deficit della sanità calabrese, dal 2005 targata Loiero e questi rimandava le accuse al mittente invitando il suo interlocutore, in quanto rappresentante del centro-destra a “vergognarsi”, dato che il disastro porta la firma di Chiaravalloti.

In realtà, come i più esperti di cose politiche di Calabria sanno bene, in molte, moltissime caratteristiche ed attività della Regione Calabria è visibilissima una linea del tutto priva di soluzione di continuità tra Chiaravalloti e Loiero (entrambi catanzaresi doc).

I più attenti la segnalarono da subito, in fase di candidature nell'ormai lontano 2005, conoscendo uomini, cose, curricula, ambienti di riferimento e grandi elettori calabresi.

In molti, invece, ci sono arrivati dopo, alla luce dei fatti che, restando in tema di sanità, ci dicono di un debito enorme lasciato in eredità dalla Giunta Chiaravalloti ( che, tuttavia, non è andata via l'altroieri) e che, però, con Loiero ha continuato a crescere grosso modo con le medesime dinamiche.

I fatti ci dicono anche, ad esempio, che i “sacerdoti” che svolgono le massime funzioni dirigenziali della sanità calabrese (che, giova ricordarlo, assorbe tre quarti dell'intero bilancio regionale) sono i medesimi ed anche – ahinoi – le dimaniche di spesa, di gestione e di scelta del management in senso ampio.

In questa settimana, tra commissioni e consiglio le parti in causa torneranno ad azzuffarsi come le celeberrime galline di Battiato, si litigherà su 2.500 euro in più o in meno per la soglia di povertà relativa all'esenzione dal ticket o per decidere se la normativa vada rivista e possa prevedere un massimo di due o tre farmaci per ricetta.

Cazzate, tutte cazzate.

Il disastro è servito, le lacrime e sangue proposte da Loiero sono indispensabili e indifferibili, sia che portino la sua firma, sia che rechino in calce la sigla di un commissario governativo o del prossimo Presidente di Giunta.

I calabresi si rassegnino all'ennesimo giro di vite funzionale – e qui Loiero ha ragione – ad evitare che la sanità calabrese si sfasci definitivamente.

Ma, dopo questo, vivaddio, non può restare tutto come prima.

Il disastro è servito sull'asse Chiaravalloti-Loiero che in un decennio, in maniera perfettamente omologa, ha rappresentato la pietra angolare sulla quale è stata edificata l'intera politica calabrese, intesa come uomini e come scelte.

Nessuno ha titolo a cadere dalle nuvole – cosa per la quale Agaziator meriterebbe l'Oscar – tutti, destra e sinistra, (abbracciati più o meno consapevolmente in maniera perversa) sono corresponsabili ed i tentativi di “mettersi degli occhiali da sole per avere più carisma e sintomatico mistero” sono – anche loro – da ritenersi esauriti perchè gli uomini della politica calabrese hanno dimostrato di essere “come sabbie mobili, tirate giù”.

Minima immoralia, minima immoralia... sul ponte sventola bandiera bianca

(Giusva Branca - Strill.it) 


Ticket: è un pasticciaccio brutto. E intanto volano gli stracci. La gente non ne può piu'

Un pasticcio, anzi - come recitava il titolo di un famoso film - un pasticciaccio brutto. L'introduzione del ticket su ricette e prestazioni a carico del servizio sanitario della Regione Calabria non e' andata giu' a nessuno, per modi e contenuti.

Un passo indietro: all'inizio della sua esperienza in Giunta, Doris Lo Moro, magistrato prestato alla politica nella qualita' di assessore alla sanita' pro tempore, propose, ottenendo la benedizione di Loiero, l'abolizione del ticket gia' in vigore dalla precedente consiliatura. Dando fede alle parole di Loiero la voragine di bilancio era gia' confezionata e servita in tavola da 5 anni di Governo Chiaravalloti, eppure si scelse di eliminare il ticket. Scelta populistica, disse qualcuno; ''ma no'', replico' Lo Moro in Giunta secondo quanto rivelato in Aula dall'ex componente della compagine di Loiero, Pasquale Tripodi, ''per le casse regionali e' del tutto ininfluente''.

E' passato un quadriennio, la crisi si e' abbattuta in maniera pesantissima sui calabresi ai quali oggi i soldi del ticket farebbero comodo ed allora Loiero reintroduce il ticket. Ma lo fa in maniera ben piu' incisiva di quello precedente: 1 euro a ricetta e 2 euro a farmaco, per un totale massimo di 5 euro. Torna anche il ticket per le prestazioni di pronto soccorso che non siano codice rosso (come dire accertatevi di stare male seriamente prima di correre in Ospedale) e si attesta sui 25 euro, mentre per le prestazioni specialistiche erogate negli ambulatori pubblici il ticket per ciascuna ricetta sale ad un massimo di 45 euro, il 20% in piu' rispetto al vecchio regime.

In tutto cio' si registra anche un disastro sul piano della comunicazione. Difficilmente comprensibili e comunque confuse le indicazioni relative alle esenzioni per le quali Loiero annuncia una nuova circolare chiarificatrice.

Il resto ci racconta di liti, di interventi della Forza Pubblica in numerose strutture sanitarie.

I ''facinorosi'' stavolta sono pericolose ''teste calde'' sovversive dell'ordine costituito;caratteristiche: pensionati spesso ultrasettantenni che in molti casi hanno alle spalle una vita di lavoro ed oggi fanno fatica a garantirsi quel che resta di una vita.

Lo scrivemmo tempo fa e lo ripetiamo oggi: la scena delle monetine, dalle quali il ''sovrano'' Craxi venne travolto all'uscita di un notissimo hotel, sua residenza romana da persone semplici e semplicemente inferocite potrebbe non essere cosi' lontana.

La gente non ce la fa piu'.

La gente non ne puo' piu'.

(Giusva Branca - Strill.it) 


GAGLIATO – La straordinaria longevità amministrativa dell’avv. Romiti
Sindaco per 7 legislature, torna a candidarsi all’età di 82 anni 

Luigi Romiti e Francesco FodaroHa 82 anni suonati, sette legislature da sindaco e tre da consigliere alle spalle, ma non intende demordere, non si dà per vinto. L’avv. Luigi Romiti, classe 1927, per oltre mezzo secolo amministratore nel comune di Gagliato, ameno paese che si affaccia sul versante ionico soveratese, è infatti tornato, con «l’entusiasmo di un ventenne», ad affrontare l’odore acre del duello elettorale, candidandosi alla carica di primo cittadino di questo centro. Un caso più unico che raro forse in tutt’Italia, considerata la sua longevità, non solo fisica ma anche amministrativa.

«Arrendermi io? Ma nemmeno per sogno!», dice. E, con disarmante semplicità e determinazione, aggiunge: «Cinque anni addietro solo la legge è riuscita a fermarmi, quella legge iniqua che impediva a un sindaco di riproporsi a suoi concittadini per una terza legislatura consecutiva. È stato solo questo il motivo per cui ho dovuto accontentarmi di una soluzione di ripiego ed occupare lo scranno da semplice consigliere comunale. Ora, eccomi di nuovo alla carica, pronto a fare comizi, a chiedere voti, e poi a battermi – se verrò rieletto – per le cause giuste». Furono proprio le sue battaglie, in passato, a procurargli l’appellativo di sindaco-tenace, ribelle. Alcune sue proteste, d’altronde, fecero non poco clamore tant’è che sono ancora memorabili. Una delle più scintillanti, che oggi molti ancora raccontano, fu quando intervenne a Roma lanciando addirittura una sorta di sfida contro l’allora ministro dei Lavori Pubblici per via dello stato di abbandono della Trasversale delle Serre. Ma ce ne sono tante altre: contro l’Enel e persino contro altri esponenti del governo nazionale in seguito all’emanazione di provvedimenti da lui ritenuti «inaccettabili».

Nelle amministrative del 6 e 7 giugno prossimi, dunque, il «coriaceo» Romiti dovrà confrontarsi con altre due compagini civiche. E non è detto che questo ottuagenario borgomastro di estrazione liberale – anzi, «liberale nell’anima e nello spirito», come egli stesso ama definirsi - non torni «a riamministrare Gagliato a furor di popolo», ad indossare ancora per l’ottavo quinquennio la fascia tricolore.

La sua prima elezione risale al maggio del 1956 quando, all’età di 29 anni, passò alla cronaca come il sindaco più giovane d’Italia. Poi, nel 1970, con un consenso quasi plebiscitario, approdò anche alla Provincia, nelle file del Partito Liberale Italiano. Una sorta di vocazione alla vita politico-amministrativa, la sua. Fino ad oggi, mai persa. Quasi «come un’eredità lasciatagli dal padre», ammette sorridente qualche suo candidato. Difatti, anche il padre, Gennaro Romiti, proprietario terriero, venne eletto sindaco di Gagliato, restando nella storia di questo comune per aver ricoperto la carica nelle prime elezioni del dopoguerra che si svolsero l’11 marzo del 1946, prima del referendum istituzionale del 2 giugno e delle elezioni per l’Assemblea Costituente.

Vincenzo Pitaro


"Forza Cavaliere, saremo in tanti a sostenerla!"

Prendiamo atto, con soddisfazione, della decisione del cavalier Callipo, di assumersi l'impegno di prendere parte alle prossime elezioni regionali. Riteniamo che la sua presenza darà un impulso molto positivo alle aspettative di tutti quei calabresi che sperano di essere governati da persone la cui esperienza lavorativa e l'integrità morale, siano una garanzia per il futuro. Riteniamo che il cavalier Callipo possa rappresentare tutti quei valori di speranza e rivalsa sociale ed economica cui ogni calabrese tende. Forse dobbiamo cominciare ad affidarci più alle persone che ai simboli. Contare sulle capacità degli individui più che sulle intenzioni dei partiti, che in Calabria hanno storicamente evidenziato una sostanziale incapacità di agire al di fuori della salvaguardia degli  equilibri interni, riducendo la prassi politica a logiche clientelari più che all'efficienza del sistema produttivo ed amministrativo. Dobbiamo concentrarci sugli uomini e affidare loro responsabilità di governo e di gestione delle istituzioni pubbliche, chiedendo precisi impegni nel raggiungimento di obiettivi essenziali allo sviluppo della regione, come la difesa del territorio, il miglioramento dei servizi, la promozione della libera attività economica, difesa dalle interferenze del crimine organizzato, che intimidisce chi avrebbe la volontà di affrontare i rischi dell'impresa economica.  Siamo convinti che il cavalier Callipo possa rappresentare queste aspirazioni dei calabresi a prescindere da quella che possa essere la sua cultura ideologica, in quanto riteniamo sia prevalente e caratterizzante la sua cultura politica, educata ad una corretta gestione della azienda e trasferibile come valore aggiunto e prezioso nell'alveo della gestione amministrativa della cosa pubblica.

SOVERATO NEL CUORE.
Gianni Sgrò
Francesco Raspa


Povera Calabria!

E’ questa la frase più ricorrente sulle labbra di molti calabresi. Dietro questa frase, si cela tutto il malessere e il malcostume di una mentalità dura a morire. D’altra parte, quando si parla di sottosviluppo, non è una cosa astratta, è un sottosviluppo culturale distante anni luce dalle cosiddette società civili avanzate. Ogni giorno che passa, il debito accumulato dalla sanità calabrese aumenta sempre di più, siamo già a 2 miliardi e 200 milioni di euro. In Germania, Francia, Svezia o qualsiasi altro paese dell’Europa settentrionale, secondo voi, chi ha contribuito a creare questo sfascio sarebbe ancora al servizio delle Istituzioni? Io penso di no. Oppure, pensate che nei paesi citati esistono (come ha evidenziato la trasmissione televisiva Report di domenica 26 u.s.) piccoli ospedali con pochissimi posti letto ma, con settanta dirigenti, o trentasei ospedali della nostra regione che non sono a norma? Tutto ciò, serve per dare un buon servizio sanitario a noi calabresi? Io penso di no. Serve solo alla classe politica che si alterna, nessuno escluso, per le proprie clientele e ramificazioni. E’ sufficiente citare il dramma dell’omicidio Fortugno e del processo in corso “onorata sanità”, per capire quanto si cela dietro la sanità. Essi, una volta eletti, pensano già al salto della quaglia e non a servire le Istituzioni con passione e nobiltà, oppure, dobbiamo credere che sono veramente incapaci. E se non è questo il sottosviluppo, quale altro è?

Il nostro governatore On. Loiero, pur essendo stato eletto nel 2005 e il debito parte dal 2001, come mai ha aspettato tanto a scoperchiare questa pentola? E l’ex assessore alla salute On. Doris Lo Moro (che ricordo è un magistrato), come mai ha gettato la spugna e si è fatta eleggere Deputato? Loiero, lo ricordo sempre, aveva promesso nel 2005 di “rivoltare la Calabria come un calzino”, adesso ci aumenterà le tasse Irpef e Irap, fino al massimo consentito dalla legge, in più, saranno introdotti ticket nella misura massima consentita sulla distribuzione dei farmaci, però, si prevedono esenzioni per i redditi più bassi vicino alla soglia della povertà e per le patologie più gravi! Ora, o i Consiglieri Regionali pensano di trovarsi in una regione ricca dell’Europa settentrionale, oppure, non sanno che in Calabria esiste il PIL (prodotto interno lordo) più basso d’Europa. Giudicate Voi… E per giunta, al momento del voto, i consiglieri della minoranza (centro destra), cioè ex maggioranza che ha prodotto il grosso del deficit dal 2001 al 2005, hanno abbandonato l’aula pensando di lavarsi la coscienza di questo sfascio. Per quanto mi riguarda, non pagherò un centesimo di tasse in più, ricorrerò a tutte le corti di giustizia nazionali ed europee, ed essendo un cardiopatico, mi recherò nelle farmacie comunali e ospedaliere per farmi dare i farmaci, vorrò proprio vedere se qualcuno si assumerà la responsabilità di rifiutarmeli. Adesso voglio proprio vedere quale rivolta organizzerà il sindacato e le associazioni dei consumatori. Magari, ci diranno che non condividono, dopo essersi seduti a tanti di quei tavolini che rivendicano ogni giorno, perché altro non sono capaci a dire e fare, che purtroppo è uno scotto che dobbiamo pagare, non fosse altro perché, anche loro di tanto in tanto, hanno qualche richiesta da fare a quell’assessore o quel consigliere. Così come l’On. Loiero continuerà a occuparsi di persona di chi deve fare il primario in una piccola unità operativa qualsiasi, o persino di qualche semplice impiegato, se può essere o no trasferito di stanza. Se poi lo stesso è un emerito ignorante che non sa usare neanche un computer per fare qualche piccolo rendiconto, e magari non sa neanche che un errore di fattura si può correggere solo con nota di credito, non è importante, l’importante è che nelle campagne elettorali costui si mobilita a portare voti al suo uomo di riferimento. Ora, saranno formate altre task force, strutture di coordinamento, comitati di controllo, commissari, commissioni e quant’altro, fino al punto di non sapere chi deve controllare chi. Ecco un modo ingannevole per continuare a spendere montagne di soldi, sudore delle nostre tasse. E come se non bastasse, fra non molto, secondo la Corte dei Conti, ci troveremo con un altro spaventoso piano di rientro dovuto ai derivati, cioè a una montagna di prestiti che la Calabria ha compiuto con tante banche del globo a tasso variabile. Eppure, sarebbe sufficiente nella normalità dei ruoli che ogni dipendente o dirigente del settore, adattasse il metodo piramidale di responsabilità rigide, poiché per questo sono pagati, e ognuno rendere conto minuto per minuto di quello che fa. E invece no, in Calabria non è così. Si continuano a inventare carrozzoni extra che, nella maggior parte dei casi è composto di molti dirigenti regolarmente dipendenti quindi già stipendiati, per elargire compensi extra a iosa che, sperperano quasi la metà del bilancio sanitario, cifre che vengono meno al servizio da offrire alla popolazione e quindi, lo stipendio normale si prende perché gli spetta per contratto, però per fare quello che ognuno dovrebbe nella normalità, diventa tutto extra. Tutto ciò serve a coltivare una rete d’interessi come suddetto. Sono convinto che molti calabresi come me, seguendo la trasmissione televisiva Report si saranno vergognati nel vedere di quale classe politica e dirigenziale siamo governati. Di contro, in Emilia Romagna (che non mi risulta abbia un enorme deficit sanitario) 4 milioni e 300 mila residenti circa, è già stata approvata la legge regionale che, dal 2010 riduce i consiglieri regionali da 67 a 50 (-17), pari a un rapporto di uno su 86 mila residenti. In Calabria su 2 milioni e 8 mila residenti circa, abbiamo 50 consiglieri regionali, pari a un rapporto di uno su 40 mila 160 residenti. Ora, poiché ogni consigliere regionale guadagna 16.500 euro il mese, pari a un costo per la comunità calabrese di 10 milioni e 725 mila euro circa l’anno, propongo a Peppe Bova Presidente del Consiglio Regionale, di presentare una legge urgente che riduca gli stipendi dei consiglieri regionali del cinquanta per cento, o forse con 8 mila euro il mese non si può vivere? Ridurre altresì i consiglieri regionali a 30 e senza assessori esterni che in termini di costi e come se aumentassero i consiglieri. Altrettanto, per i grandi “manager” che guadagnano circa 10 mila euro il mese. Così noi calabresi, avremo la possibilità di verificare chi voterà a favore, e chi abbandonerà l’aula per non votare o chi sarà contro. Infine, se questo è lo scenario, perché meravigliarci se la Lega Nord ha imposto il federalismo fiscale in Italia che è già diventata legge dello Stato? Tutto ciò è o non è sottosviluppo? Poiché non sono mai sazio di sapere e come diceva un grande filosofo: “Chi crede di sapere ha già smesso di imparare”, se qualcuno ha da aggiungere o correggermi lo ringrazierò infinitamente e sarò lieto di imparare qualcos’altro.  

Soverato
Fausto Pettinato (ex Delegato Fiom-Cgil)

Soverato Web stringe una collaborazione con Strill.it e pubblica nelle proprie pagine gli articoli di interesse comune del portale di Reggio Calabria


I sugheri d'acciaio e la Calabria

Ogni tanto (non sempre, per carità, con la salute non si scherza...) presenziare per intero ai lavori del Consiglio regionale è cosa buona e giusta.

Orbene (quanto mi piacciono gli avverbi...)

se hai la serenità e la lucidità per porti su uno scranno leggermente più in alto dei protagonisti – e questo il giornalista dovrebbe fare sempre – spunti di valutazione ne cogli a iosa.

Tra i mille guai che affliggono la Calabria la madre di tutti sta in una classe dirigente inadeguata e, ormai vecchia.

Mesi fa scrissi un fondo dal titolo “Chi si è mangiato la Calabria”.

Era una ricostruzione appassionata della genesi di questa situazione di quasi non ritorno in cui ci siamo cacciati. Condivisibile o meno, certo non campata in aria.

Mal me ne colse, al mio ritiro in riva allo Jonio giunsero eco di non gradimento del pezzo.

E si lagnarono i vecchi e i giovani, i locali e i regionali.

Bene: una vecchia regola non scritta del giornalismo sottolinea che ciò testimonia la riuscita del pezzo.

Durante l'ultima seduta dell'Assemblea regionale – quella dedicata al piano di rientro dai 2 miliardi e rotti di deficit sanità – su un punto si sono trovati – a mezza lingua – tutti d'accordo: i dirigenti della sanità calabrese, ma il concetto potrebbe tranquillamente essere esteso, sono diventati una specie di ristrettissimo ordine sacerdotale dal quale non si esce.

Meravigliosa l'immagine che ci ha regalato Sandro Principe: sono come sugheri d'acciaio, leggeri come il sughero che galleggia sempre, ma, al tempo stesso, forti come l'acciaio inossidabile che consente loro di stare nell'acqua per decenni senza marcire.

Un Loiero in forma smagliante, al massimo delle sue capacità scenico- interpretative (leggendario il passaggio in cui ha detto “qualcuno dice che io sono un furbo, ma non è così...”), ad un certo punto, ben compreso che a fronte di un disastro di portata epocale avrebbe potuto solo assecondare gli strali, ha seguito Principe nel suo ragionamento, ma subito dopo si è lasciato andare ad un'ammissione che è scivolata via, ma la cui portata è gravissima.

In buona sostanza Loiero ha ammesso che alle spalle di questi “sacerdoti”, sulle qualità dei quali lui giura ad occhi chiusi, comunque c'è il nulla.

I guru da fuori in Calabria non ci vogliono venire ed all'interno della nostra terra c'è poco.

Delle due l'una: o non si trovano giovani manager capaci perchè, probabilmente, c'è un codicillo scritto piccolo piccolo, forse nemmeno scritto, che tra i requisiti aggiunge ai termini “giovani” e “capaci” anche quello “asserviti al sistema”, oppure il guaio è ancora più serio.

Il guaio più serio è rappresentato da una politica affarista ed acchiappatutto che nei decenni ha non solo depredato la Calabria, ma, soprattutto, ha azzerato la crescita di una classe dirigente, vera, seria e di ricambio.

Se, ad esempio, nelle strutture speciali dei consiglieri regionali, nate per garantire il necessario supporto tecnico-giuridico-amministrativo ai politici, quasi sempre troviamo gente senza né arte né parte che alla voce “studio” identifica solo una stanza della casa (dall'imprecisata destinazione d'uso), gente messa lì quasi sempre esclusivamente per soddisfare compromessi ed obbligazioni assunte in campagna elettorale, è lecito meravigliarsi più di tanto se, poi, al momento di fare le cose, di redigere i provvedimenti, le persone capaci, coloro che “masticano” diritto, principi economici ed amministrazione della cosa pubblica sono sempre meno?

E mentre i sugheri d'acciaio galleggiano la Calabria affonda...

(Giusva Branca - Strill.it) 


A Scuola durante l'attentato di Chiaravalle

Alle 7 e 45 di una tiepida mattina primaverile una bambina saluta i genitori nel cortile della scuola e richiude la porta d’ingresso dietro di se. Sarebbe un giorno qualunque se non fosse che quella bambina non rivedrà mai più la mamma ed il papà perchè qualcuno ha deciso di sentirsi Dio per un giorno, inseguendo il libero arbitrio e togliendo la vita a degli esseri umani. Dentro, le risate dei bambini coprono il sibilo delle pallottole che squarciano l’aria, i vetri dell’autovettura e il petto della giovane madre; fuori, il padre urla il dolore per una vita che si sta spezzando mentre il sangue sporca la moquette della macchina. Alcune maestre si affacciano alla finestra e rimangono pigiate al vetro giusto il tempo di capire che le Parche hanno reciso i fili dell’esistenza, una mamma abbraccia il figlio suo e l’amichetto del cuore e tutti invocano la Madonna.
Tranne un dirigente che alza prontamente la cornetta e compone il 113; pensa di sapere cosa dirà perchè ha visto la scena nei film tante volte eppure alla domanda del carabiniere balbetta come gli capitava da piccolo, quando doveva giustificarsi di fronte al biasimo della mamma.
Il bidello ammonisce i bambini rivestiti di grembiuli colorati di stare fermi perchè qualcosa di grande è successo e bisogna capire cosa fare.
Ma nessuno ascolta, e mentre alcuni corrono per le scale sorpresi perché nessuno li rimprovera altri, nascosti dietro le porte delle aule, bisbigliano che qualcuno tra loro deve averla fatta grossa perchè quelle che vedono non sono le solite facce brutte che i maestri assumono quando una piccola marachella è stata scoperta: deve essere per forza qualcosa di più, ma cosa?
Anche quella bambina si chiede cosa sia successo e perchè mai la sua maestra la stia abbracciando così forte da farla quasi soffocare, perchè le stia bagnando con le lacrime i capelli pettinati con amore dalla madre e soprattutto perchè le ripeta in continuazione di stare calma: già ci pensa la mamma a ricordarle che deve essere una bambina tranquilla, perfino stamattina mentre la vestiva per la scuola le ha ripetuto la stessa solfa, uffa!
Peccato che da domani dovrà ricordarselo da sola!

Filippo Apostoliti


La gente deve sapere. Tutti i documenti del buco-sanità

Vogliamo guardare oltre; distribuire col bilancino ed in percentuale le colpe di chi nei decenni ha fatto lievitare il buco della sanità calabrese ad oltre 2 miliardi di euro e lo ha reso addirittura inquantificabile con esattezza non è esercizio che ci interessa nè ci appassiona particolarmente.

Certo, numeri alla mano, nemmeno Loiero è esente da colpe, dal momento che nei 4 anni di sua gestione, il debito ha continuato la sua inesorabile corsa e solo ora, dopo l'ultimatum di Roma, la Regione Calabria ha deciso di correre ai ripari, ma – dicevamo – ora vogliamo guardare avanti e la morte (intesa come morte del sistema civile di assistenza pubblica nella nostra Regione) se dovremo incontrarla, vogliamo guardarla in faccia.

Ed allora parliamo di fatti certi, partendo dalla relazione che Loiero ha svolto in Aula la settimana scorsa e che, visto che si tratta di atti pubblici, è disponibile integralmente a questo link del sito del Consiglio regionale della Calabria.

Detto questo, che, a detta di Loiero, mette un punto sul passato, guardiamo avanti ed allora la stessa Aula di palazzo Campanella giovedi prossimo sarà chiamata a votare il documento preparato dalla Giunta Loiero che autorizza l'esecutivo regionale ad una serie di iniziative funzionali all'esecuzione del piano di rientro dal deficit, compreso l'aumento delle tasse (art. 1).

Anche in questo caso, comunque, non c'è più spazio per le chiacchiere, dunque vi proponiamo il documento che sarà presentato giovedi in Aula a questo link del sito del Consiglio regionale della Calabria.

Poi, tanto per dare la possibilità ai calabresi ai quali per decenni sono state occultate verità inconfessabili, la puntata di Report andata in onda domenica è visibile a questo link (la parte che riguarda la Calabria prende avvio dal minuto 26.059, mentre a quest'altro link è possibile leggere il testo integrale della puntata medesima.

Per il resto, come dicono nella Capitale, le chiacchiere stanno a zero e, soprattutto, il futuro pare un tunnel buio sprangato in fondo...

(Giusva Branca - Strill.it) 


Report fotografa lo schifo della sanita' calabrese

Uno schifo, una vergogna, chiamatela come vi pare. L'immagine della sanità calabrese emersa dalla puntata di Report, su Raitre, è impietosa e da restare senza fiato. E la rabbia monta sempre più, conoscendo fin troppo bene quanto di vero ci sia nel quadro presentato dall'inchiesta. Già immaginiamo gli strali contro questo giornalismo di assalto, ma si tratterà di strali ancora più vergognosi di quanto visto in tv. Ospedali fatiscenti, scadenti, che cadono a pezzi, qualche struttura deserta, 39 ospedali per 2 milioni di abitanti, 36 dei quali irregolari, 52.000 calabresi che ogni anno vanno fuori a farsi curare, un deficit che supera i 2 milioni ma che un Loiero imbarazzante ed imbarazzato non risece nemmeno a quantificare, sono solo alcuni degli aspetti emersi. Ma la parte inaccettabile è data dall'atteggiamento di chi ha responsabilità a trecentosessanta gradi. Loiero sembra costantemente cadere dalle nuvole e si pone al fianco del giornalista condividendo in toto - ed in alcuni momenti facendogli, in maniera esilarante, da spalla - la denuncia rispetto agli sprechi, alla situazione inaccettabile.
Qualcuno, tuttavia, dovrà spiegare al Governatore - e non è la prima volta che lo diciamo - che funziona più o meno così: il giornalista denuncia, chi governa prova a difendersi e, se, come Loiero, lo fa da 4 anni ormai, deve dire "abbiamo fatto" e non "si, è una vergogna, non funziona niente, faremo, diremo".
E' inaccettabile che Loiero, dopo 4 anni, parli di "incrostazioni".
E, vivaddio, chi deve rimuoverle queste incrostazioni? Chi è chiamato a scelte coraggiose e nuove nelle nomine di quei direttori generali che, invece, vengono pescati sempre in quei ristrettissimi elenchi di "sacerdoti" che gravitano attorno alla cosa pubblica calabrese, spesso alla sanità calabrese, da decenni.
Una figura barbina alla quale l'intera Calabria è stata soggetta.
Un' Azienda sanitaria - quella di Locri - reduce dalla bufera antimafia che ha individuato ruberie e sprechi anche nell'ordine del 900% di ricarico per gli ordinativi e che da qualche tempo è tornata ad avere a capo un manager nominato dalla Regione. 
Giustino Ranieri, pagato con soldi pubblici e chiamato ad amministrare un' azienda sanitaria pubblica, si è rifiutato di fornire un qualsiasi documento di acquisto al giornalista che glieli chiedeva, dimostrandosi anche sprovveduto di cose mediatiche nella misura in cui prima ha richiesto che venisse sistemata in uno sgabuzzino la telecamera (rimasta comunque accesa a sua insaputa), poi ha registrato (lui!!!) la chiacchierata col telefono cellulare e poi avrebbe preteso che il giornalista firmasse un documento (ovviamente respito al mittente) col quale si impegnava a non rendere pubblico il contenuto della chiacchierata.
Eppure la richiesta era solo di visionare un documento (pubblico) di un qualunque ordinativo (pubblico) effettuato dall'azienda sanitaria (pubblica).
"Non glielo do perchè non glielo voglio dare" ha affermato Ranieri, nè il giornalista è riuscito a farsi consegnare qualcosa dal responsabile del comparto amministrativo dell'azienda, improvvisamente convocato proprio da Ranieri.
Intanto, da Catanzaro, Loiero conferma, incredibilmente, che a distanza di parecchio tempo dalle note vicende giudiziarie che portarono in carcere il consigliere regionale Mimmo Crea, la sua struttura, Villa Ania, al centro dell'inchiesta, è ancora accreditata dalla Regione Calabria.
Basta, abbiate pietà di questa terra. Basta, ci arrendiamo, ma ridateci un minimo di dignità, uno standard di servizi decente. Le lacrime e sangue che ci aspettano sono ben chiare a tutti, ma la spavalderia arrogante di certi comportamenti, di certe scelte, fanno più male della pur tragica situazione di una sanità che, per quel poco che sta in piedi, lo deve ancora al sacrificio personale di centinaia e centinaia di medici e paramedici. E spesso proprio loro sono le prime vittime di un sistema che brucia circa tre quarti del bilancio regionale, ha appena sfondato la somma di 4.000 miliardi delle vecchie lire di deficit, non garantisce nemmeno i livelli minimi di assistenza ed è gestito da una classe dirigenziale vecchia e, quella si, spesso "incrostata", per usare un termine che piace tanto ad un Loiero che, certamente, guardando Report, avrà sgranato gli occhi come solo lui riesce a fare ed avrà scoperto un mondo di disastri che non conosceva.
E per il quale, certamente, da domani farà, vedrà, dirà... (Giusva Branca - Strill.it) 


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Il territorio agricolo come risorsa: un’affermazione da tenere presente anche a Lamezia.

Vigneto in area Stretto Lamezia La notizia riportata da Il Domani, mercoledì 1 aprile sull’esistenza del petrolio nelle aree agricole più pregiate della Calabria , è stata smentita il giorno dopo, come clamoroso pesce di aprile. Già ero inorridita pensando che sotto i nostri piedi ci fosse tanto petrolio,visto come una occasione unica di sviluppo. Meno male che era uno scherzo il miraggio di considerare una risorsa la presenza di petrolio.  

Sono sempre più convinta che l’attività agricola ,nonostante negli ultimi anni la Calabria abbia registrato un consistente processo di ridimensionamento del settore, riveste ancora un peso significativo nell’ambito dell’economia regionale. In termini di occupazione e di reddito prodotto è pari a circa il doppio di quello medio nazionale.

 Un fatto negativo è la registrazione anche in Calabria di un consumo di suolo libero (e quindi di paesaggio) molto alto: da fonte “ARSSA, si è evidenziata una grande perdita di superficie utile per il settore agricolo e tra le cause di degrado dei suoli in Calabria occupano un posto rilevante  l’erosione e la diminuzione di sostanza organica.  

Mi auguro quindi, che la questione relativa all’ampliamento della discarica a Lamezia al posto dei vigneti dell’azienda Statti, possa trovare la logica conclusione di non sacrificare altro suolo produttivo, tra l’altro di pregio per la produzione del vino DOC Lamezia. 

Il sopralluogo cui abbiamo partecipato, martedì 14 aprile , nell’area designata , in località Stretto, ci ha fatto capire quanto sia importante mantenere e salvaguardare quella produzione agricola.

Credo, che la questione relativa alla discarica, vada affrontata in termini nuovi, passando dalla situazione di straordinarietà dell’ emergenza  ad una vera programmazione del ciclo di smaltimento dei rifiuti, che responsabilizzi le altre province operando anche con lo sviluppo della raccolta differenziata.

Ma in questo momento, sarebbe comunque un danno per tutti, sacrificare aree agricole produttive per un uso improprio, che potrebbe trovare allocazione in terreni meno pregiati.

Ed infine, un appello al sindaco di Lamezia, perché coerentemente riporti la sua città nel movimento nazionale delle città del vino, programmando risorse e strategie in sintonia con questo ruolo. 

Marisa Gigliotti
Fiduciaria Slow food Soverato.

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Gli occhiali del terremoto

Alle tre e trentadue del 9 aprile la terra si è aperta ed il terremoto ha attraversato le case di molti italiani. Il mattino seguente, il vigile Andrea ha ritrovato la signora Maria seduta sull’angolo di un marciapiedi. Era rimasta tutta la notte a vegliare sulle ferite della casa che il marito le aveva lasciato, prima di passar a miglior vita. Il suo fisico tremava dal freddo e dalla paura, raccolta com’era sotto il brandello di una vestaglia che a tempo era riuscita a trafugare. Andrea le rivolse un cenno di saluto.

         <<  Come sta? Ha bisogno di bere una cosa calda? Venga con noi al campo>>.

         << Non posso>> rispose Maria, che per tutto il tempo continuava a fissare la casa.

         << Non può stare qui, è pericoloso!>>

         <<i miei occhiali!>>.

Il vigile stentava a capire cosa volesse dire la signora Maria, gli pareva assurdo che in un momento come quello ci si potesse preoccupare di altro che non della vita propria.

        << I miei occhiali sono rimasti sul comò. Li devo riprendere!>>

        << Ma signora, lì non si può rientrare!>>.

       << Sono la mia dignità!>>.

La Signora Maria cominciò a raccontare che gli occhiali le consentivano di conoscere, di sapere. Le davano la possibilità di una fondata coscienza e conoscenza di quel che mondo palesava in ogni forma. Senza gli occhiali non sarebbe stata più testimone del mondo, e questo la mortificava più dell’aver perso le foto in bianco e nero della mamma. Il vigile si convinse della bontà di quelle parole e decise di entrare a raccogliere gli occhiali. Fu proprio quando la sua figura scomparve tra le macerie che lei si era resa conto di aver messo in pericolo un uomo per la sua dignità.

        <<Sono una stupida e speriamo che il buon Dio non mi condanni per questo!>>.

Fortunatamente, le indicazioni erano precise ed Andrea fece presto a trovare gli occhiali e a venire via dall’inferno di macerie. In seguito, la signora Maria fu accompagnata al campo, ma non fece in tempo a ringraziare Andrea per il dono che le aveva fatto. Alla sua età le occasioni non ritornano, e lei temeva di non incontrare più il suo angelo custode. Ma si sbagliava. Il giorno dei funerali di Stato, la signora Maria scese dall’autobus tra le prime perchè voleva salutare con cura le anime di coloro che non avevano condiviso il suo fortunato destino. L’aveva promesso a se stessa, perchè sentiva il peso di una fortuna cieca: lei vecchia ma viva e tanti bimbi morti in cielo. Proprio mentre percorreva il viale principale incontro Andrea.

      <<Eccoti, finalmente!>>

     <<Come sta Signora?>>

     <<Sempre a chiedere come sto. Alla mia età conta più sapere come sono stata nella mia vita! Non credi?>>

    <<Ha ragione!>>

Ma mentre si abbracciavano accadde l’imprevisto. In uno slancio d’affetto gli occhiali scivolarono e cadendo si ruppero. Andrea era costernato e Maria rimase in silenzio. Più che gli occhiali rotti aveva fastidio nel dover accettare l’idea che non avrebbe potuto assistere ai funerali come avrebbe voluto. Andrea si sentiva in colpa e preferì accompagnarla di persona ai posti a sedere,  promettendole che avrebbe avuto un posto in prima fila. Così fu, e Maria era lì tra i primi posti assieme alle alte cariche dello stato. Ad un tratto avvertì un angoscia terribile. Il pianto straziante delle madri che chiamavano i loro figli ed il silenzio quasi irrispettoso dei figli morti la travolsero: eppure lei non guardava! Lei non aveva gli occhiali con sé!. Sentiva senza guardare attraverso le lenti, capiva senza alzare neanche la testa. Quella sera al campo Maria era rimasta in silenzio per tutto il tempo della cena. Pochi avevano voglia di parlare, c’era da capirlo con quello strazio della mattina. Ma Maria non parlava per altri motivi: aveva capito che la vita può essere vissuta anche senza guardare, ma solo sentendo!

 

Dedicato a Luigi che ha perso la vista nel terremoto.

Filippo Apostoliti

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Turismo nel basso Ionio soveratese

Nel panorama turistico calabrese, da alcuni anni opera l’associazione AmiCalabria B&B, una compagine costituitasi nel 2003 con lo specifico obiettivo di valorizzare le risorse esistenti nel soveratese e non solo, attraverso la promozione della cultura Bed and Breakfast. Questa tipologia ufficializzata dalla Regione Calabria il 26 febbraio 2003 grazie alla Legge Regionale n. 2,  assente fino a  quella data dal ventaglio di offerte ricettive turistiche nella nostra regione, dopo i primi tempi di conoscenza dei regolamenti peraltro semplici ha visto un exploit e un successo che hanno determinato la nascita sempre più crescente di strutture B&B.

AmiCalabria ha colto questi segnali ponendosi come organismo di volontariato che ha impiegato le proprie risorse umane nella divulgazione di una cultura che vuole rappresentare il territorio in ogni sua valenza, che come sappiamo è molteplice e ricca.

Questa iniziativa ha dato vita ad un gruppo di strutture bed and breakfast situate lungo la fascia ionica catanzarese fra la costa e la collina, presentando così un’ampia vetrina di dimore il cui esercizio B&B è connotato da una rigorosa professionalità e al contempo una cordiale ospitalità, arricchita, e non è poco, dalla bellezza della struttura.

Parlare di bed and breakfast significa riferirsi ad una precisa tipologia di soggiorno, caratterizzato dal servizio di pernottamento e prima colazione. Per quest’ultima bisogna soffermarsi un po’, dal momento che rappresenta uno dei  momenti fondamentali dell’ospitalità, nella quale l’aspetto gastronomico non si limita a fornire semplicemente un pasto mattutino, ma l’espressione di una civiltà, uno scambio interculturale, un dialogo, di una cura particolare nei sapori che spesso sono locali come i prodotti da forno quanto le torte fatte in casa o le strepitose marmellate realizzate con i migliori frutti di stagione. Per gli ospiti con abitudini nordiche, soprattutto stranieri, la prima colazione annovera il salato che vede lo storico bacon degli inglesi, trasformarsi in una piccante soppressata o guanciale, accompagnati da pecorini e ricotte fresche con frutta biologica.

“Non dimentichiamo biscotti, spremute – afferma il presidente Vittoria Camobreco- yogurt, dolcetti tipici come in questo periodo pasquale le cuzzupe, nepitelle, mostaccioli della tradizione badolatese, solo per citarne alcuni-.

Proprio per continuare in questi obiettivi promo, Ami Calabria B&B sta organizzando un convegno importante, nel quale si argomenterà di turismo in tempo di crisi.

Stiamo organizzando una iniziativa – continua Camobreco – finalizzata ad informare, discutere, aggiornare, argomentare in un momento delicato come questo dove la parola crisi aleggia dappertutto. Noi vogliamo analizzare un po’ la situazione soprattutto impegnarci ad affrontarla riconoscendo alcune soluzioni possibili per ciò che riguarda il turismo.

Questo evento che si terrà a breve, ha trovato motivazione viva, grazie all’incontro avuto con un gruppo politico attento alle problematiche turistiche con particolare riferimento al soveratese, territorio che necessita di una riqualificazione del turismo, partendo dai contenuti e finendo all’immagine. L’Onorevole Giuseppe Galati leader nazionale dei Popolari Europei, ha dimostrato grande interesse nei confronti di queste tematiche che già facevano parte di una certa attenzione dell’assessore provinciale Giacomo Matacera, componente dello stesso gruppo e del coordinatore cittadino Vincenzo Cilurzo. Tutto ciò mi ha fornito un input davvero speciale nel concentrare l’attività di questo periodo in un convegno dove esprimere una programmazione specifica”.

Il convegno verterà in particolare nella importanza di restituire alla città di Soverato e il suo comprensorio, l’identità turistica e raffinata di un tempo, intervenendo nella creazione di nuovi posti letto attraverso la legalizzazione di più bed and breakfast, utilissimi e a grande sostenibilità, tenendo conto della convenienza e della qualità.

L’idea è dunque quella di far comprendere i vantaggi di un esercizio ricettivo ben collaudato, contro l’arbitrario utilizzo di seconde case a prezzi altissimi e ormai non più appetibili per due motivi: la qualità e il dimezzamento dei tempi di soggiorno, non più della durata del classico mese, ma di qualche settimana appena.

“La domanda – continua Camobreco - si è evoluta e la vacanza non è più vista come una sola pausa balneare, ma una storia di cultura e di comfort che spesso gli appartamenti “arrangiati” con i mobili degli Anni ’60 che poco hanno a che vedere con l’autentico vintage, non presentano ma che anzi forniscono al malcapitato turista uno squallido quadro ospitale dall’implicito saluto “Benvenuto Pollo da spennare”.

Il nostro territorio è maturo per ricevere la nascita di nuove strutture alberghiere, ma nel frattempo e nell’attesa che nascano, possiamo creare l’ospitalità diffusa che rigenererà l’atmosfera soveratese, apportando lavoro nuovo per molti, soprattutto giovani e realizzando una programmazione turistica destagionalizzante che rilancia l’immagine e la presenza di Soverato e suo comprensorio come e dove merita”. Le informazioni ulteriori sulla data del convegno e argomenti si troveranno nei prossimi giorni sul blog di Ami Calabria:  amicalabria.blogspot.com

Vittoria Camobreco

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Il terremoto in Abruzzo e il valore della solidarietà

di Vincenzo Pìtaro*

Non vorremmo mai parlare della terra che trema. Non vorremmo mai vedere le lacrime sulle rughe di tante persone anziane, gli occhi sbigottiti svuotarsi di speranza dinanzi alle macerie della propria casa, le mani segnate dal tempo e dal lavoro, inutili e vuote. Sappiamo bene che il nostro è un Paese a rischio sismico. Reggio e Messina sono stati solo l’inizio - terribile anche per il numero dei morti - di una lunga serie di sventure che ha attraversato i due secoli scorsi, con danni spesso irreversibili.

Non ci si abitua al terremoto. Ogni volta che questa imprevedibile calamità si manifesta - seminando in superficie distruzione e desolazione – è difficile non sentirci coinvolti dalla stessa angoscia che in quel momento sconvolge decine di migliaia di vite, anche se lontane da noi.

Questa volta l’abbiamo seguito in diretta, testimoni di cedimenti improvvisi (di navate, campanili, abitazioni), di vittime e gente senza casa ma anche di quella spinta generosa che si accompagna sempre alle catastrofi.

Quel terremoto subdolo che ha sconvolto la bellezza del capoluogo abruzzese nella notte tra il 5 e 6 aprile, danneggiandone il volto naturale, paesaggistico ed artistico, rompendo con boati martellanti la serenità contemplativa delle madonne sugli altari, ora richiede una grande solidarietà da parte di tutti; una solidarietà silenziosa dettata dalla nostra misura umana e sociale. Un grande impegno sui vari fronti di quella ferita allargata, per dare un senso all’imperativo che emerge da tante mura crollate: ricominciare!

Abbiamo assistito ad una corsa contro il tempo, il freddo, la pioggia, le varie emergenze per tamponare in qualche modo il dramma del dopo.

Nel nostro realismo, sappiamo che se la tragedia non può essere sopportata da soli, nemmeno la rinascita può essere ottenuta senza il contributo di tutti. E il confine con la disperazione è ancora troppo aperto, specie per chi ha consumato gli anni della sua vita per qualcosa che non c’è più.

Se tutto questo riesce a commuoverci, cosa accadrà nell’intimo di tante persone che non troveranno quei segni di riferimento per cui hanno lottato e con i quali hanno convissuto? Basta poco per addolcire il sonno di un bambino, bastano le speranze del domani a dare forza ai giovani e a rinvigorire anche quelle residue dell’età matura. E c’è da sperare bene. Anche se in Italia, purtroppo, nulla finora sembra essere stato più duraturo del provvisorio. «Provvisori» dovevano infatti essere i container dei terremotati del Belice, dell’Umbria, degli alluvionati di Sarno travolti dal fango smottato dalla montagna. Eppure, molti container stranamente sono ancora lì. Per cui, non lasciamoli soli. Hanno bisogno di noi.

* Giornalista e scrittore
(www.vincenzopitaro.it)

Sisma Abruzzo, per contribuire questo è il c/c della Croce Rossa per bonifici bancari:
218020 c/o Bnl - filiale di Roma Bissolati Tesoreria via S. Nicola da Tolentino 67 - Roma intestato a CROCE ROSSA ITALIANA, VIA TOSCANA 12 - 00187 - ROMA - Coordinate bancarie - Iban: IT66C0100503382000000218020 - Causale Terremoto Abruzzo. 
Questo è il c/c postale: 300004 intestato a CROCE ROSSA ITALIANA, VIA TOSCANA 12 - 00187 - ROMA - Iban: IT24X0760103200000000300004 - Causale Terremoto Abruzzo

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Ma Gesù è matto??

Non c’è più religione verrebbe da dire, se non fosse che questa domenica Gesù passeggia tra le palme. Certo, colpisce la povertà dei suoi mezzi quando a Foggia gli extracomunitari hanno a disposizione una linea comoda di autobus per i loro spostamenti. A Roma pagherebbero per una simile fortuna. Vuoi mettere la possibilità di andare comodamente al muccodromo a vedere una gara di bufale? Certo, poi quando le guardi e vedi che hanno gli occhi spiritati alla Ben Jonson ti passa la voglia di scommettere su una di loro. Sopratutto se ti accorgi che l’unica non dopata sta mangiando l’erba inquinata di uno stadio dimesso, ma tanto non c’è più religione! Secondo la Bibbia, le palme servivano per salutare il Messia, oggi servono per coprire i tombini sotto i quali vivono poveri disgraziati. Se Gesù vedesse come i poveri di spirito trattano i poveri di tasca credo proprio che ci manderebbe al diavolo, senza neanche fare le prove nel deserto. Ah, il deserto! Un anno avanza, l’altro no! Peggio di un gambero, verrebbe da dire se non fosse che non c’è più religione. Ma per i contadini non è un problema perchè ormai non coltivano più. Sebbene ai Forum economici si precisi che l’economia cambierà e che l’agricoltura salverà il mondo, i nostri contadini hanno appeso da tempo la zappa al chiodo e preferiscono stare sulla sedia a dondolo, mentre guardano una pala eolica che gira sul loro terreno: rende di più! C’è da capirli, il vento ha sempre affascinato il popolo italico. I più esperti rimangono i politici che riescono a capire dove vada il vento ed a seguirlo, meglio del più esperto marinaio di Itaca. Ma tanto ad Itaca di religione c’è ne stata più di una e per fortuna non si meravigliano. A noi ci frega il Cattolicesimo con la sua fissazione di dover perdonare tutto, ma proprio tutto. Se non ci fosse più la religione verrebbe da dire, ma oggi Gesù è deciso a venirci a salvare: ma è matto?

Filippo Apostoliti

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Mie considerazioni

Mi è stato segnalato un articolo anonimo apparso su SoveratoWeb lo scorso 12 febbraio dal titolo:
Chiaravalle, overdose per una ragazza di 18 anni.

Mi preme nel merito esprimere alcune considerazioni, non prima di complimentarmi con i gestori di questo sito web che ho conosciuto e apprezzato in questa occasione. Rimango positivamente colpito dalla varietà e l’utilità dei suoi contenuti. Complimenti sinceri a tutti.

In primo luogo è necessario rettificare l’incipit della notizia. Leggo infatti che “…sabato sera una ragazza del luogo di 18 anni è stata lasciata davanti all’ospedale di Chiaravalle in preda ad un’overdose…”. La frase “lasciata davanti all’ospedale” potrebbe far intendere una dinamica inquietante che non corrisponde al vero. Mia figlia è stata soccorsa nella mia abitazione e condotta d’urgenza nel vicino ospedale dove è stata, alla presenza mia e di mia moglie, affidata al personale sanitario del pronto soccorso.

Ma non mi sarei certo scomodato per una semplice precisazione. Quello che mi ha mosso all’intervento è l’ipotesi (esplicitata nell’articolo) che la famiglia abbia chiesto e ottenuto dalla stampa l’oscuramento della notizia. Niente di tutto questo!

Non ho mai chiesto censure alla stampa innanzitutto perchè non lo ritengo giusto. I giornalisti devono fare liberamente il loro mestiere. Sul fatto che non tutti lo facciano bene e che non tutti lo facciano liberamente potrei anche concordare, ma non è argomento che mi riguarda in questa sede. Vorrei comunque far notare che due giorni dopo mi sono precipitato nella classe di mia figlia a conferire con i suoi compagni di scuola per rendere noto l’accaduto e per sensibilizzarli ad interpretarlo come un severo monito contro gli eccessi e la precipitazione dei valori che caratterizzano il nostro tempo. Non credo che tale comportamento sia proprio di chi intende “oscurare” una notizia.

In secondo luogo non credo di essere così “importante” da poter controllare la stampa. Tra l’altro non vanto particolari amicizie negli ambienti del giornalismo. Nessun giornalista, che io sappia, ha “un tornaconto personale” riconducibile alla mia persona. Gran parte della mia giornata è dedicata al lavoro e distribuisco il resto del tempo tra la famiglia e i pochi e fidati amici. Direi che vivo la mia vita con grande discrezione e rifuggo da qualsiasi insana tentazione di appartenere alla casta dei “notabili” o dei “benestanti”.

Infine so per certo che la notizia è stata riportata dal notiziario di “Tele Jonio”, emittente molto seguita sul territorio. Non mi pare pertanto che si possa parlare di “oscuramento”. Ho mille difetti e li riconosco tutti, ma essere additato come uno che rilascia “liberatorie” alla stampa mi sembra davvero troppo. Personalmente la ritengo una consuetudine a dir poco sgradevole. Sinceramente non mi riconosco in questo ruolo. Qualcuno disse: “non è la libertà che manca, mancano gli uomini liberi”. Approvo e sottoscrivo. Io sono un “uomo libero”. Se lo siano anche i giornalisti lo lascio giudicare agli altri. Ognuno risponde della propria “libertà”.

Mi preme ringraziare l’anonimo estensore per gli auspici finali e condivido la sua richiesta di una maggiore sensibilità da parte delle istituzioni. Rimango però perplesso sulla strana consuetudine alla riservatezza che spinge le persone a celarsi sotto l’anonimato. Questo davvero non lo capisco. Sono convinto che l’articolista abbia male interpretato la situazione in perfetta buona fede e che non ci sia niente di personale nei confronti della mia famiglia. Per questo motivo, oltre a firmare il presente intervento, rendo noto il mio recapito telefonico per qualsiasi delucidazione in merito. Mi farebbe piacere essere contattato. Sono un uomo “libero”. Non ho davvero nulla da nascondere.

Luciano Principe - 348 8508530

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Crisi economica e commerciale

I Popolari Europei nel Pdl  esprimono  vicinanza e sostegno ai  tanti  operatori economici e turistici nonché a tutte le forze imprenditoriali  della città e del comprensorio in un momento di crisi che pur di portata mondiale non può che creare conseguenzialmente sfiducia e diffidenza  per un futuro dall’ esito incerto.

 Da tempo abbiamo  manifestato preoccupazione per una crisi che si farà sempre più profonda da qui a qualche giorno quando l’ennesimo Centro Commerciale, di imminente apertura in località Barone di Catanzaro lido, non farà che logorare la già pesante situazione economica e commerciale in città e dell’ intero comprensorio.

Da questo punto di vista crediamo sia necessario aprire un ampio dibattito che debba necessariamente partire dalle mutate  abitudini delle famiglie e del consumatore, abitudini per lo più cambiate con l’avvento dei centri commerciali aperti nei giorni festivi e le domeniche e con orario continuato.

 Crediamo, altresì, che dopo quelli già esistenti di Siderno, Montepaone,  e Vena di Maida  che rappresentano punto di riferimento anche  per questo comprensorio  la prossima apertura  prevista  per i primi giorni del  mese di Aprile dell’ ennesimo  Centro Commerciale  a Catanzaro Lido , che da quanto si dice rappresenterà un punto di attrazione tra i più imponenti del Sud Italia   , possa, purtroppo, rappresentare  un’ ulteriore  emorragie di risorse per questo territorio.

A tal proposito abbiamo lanciato delle proposte per aprire un confronto dal quale, insieme, trarre una sintesi efficace e condivisa sulle possibili soluzioni da adottare in virtù di questi nuovi eventi che saranno destinati a lacerare la piccola e residua economia locale.

Si rende necessario, pertanto, adeguarsi e adattarsi a quelle mutate abitudini di cui si parlava in premessa e questo deve far riflettere su alcuni aspetti cruciali che potrebbero avere effetti rivitalizzanti sull’economia locale e contrastare la desolante e triste  realtà domenicale ( e non solo ) a Soverato .

L’ipotesi di limitazione delle aperture domenicali, pensiamo altresì, non farebbe altro che favorire  l’accordo   dei vari   Centri Commerciali,  così come avviene per i gestori dei distributori di carburante,  con conseguente frequentazione del Centro aperto come da turnazione.

 Queste alcune proposte che avevamo avanzato e  dal quale avviare ed aprire il tavolo di confronto:

 -      rivisitare il piano urbano del traffico ed il piano parcheggi a pagamento soprattutto nel periodo invernale considerato che non hanno ragione di esistere le strisce blu sul lungomare in questo periodo  e su tutta l’area che va dal lido San Domenico parcheggio del Lido Sombrero compreso;

-      esentare dal pagamento del ticket per il parcheggio a pagamento nel periodo estivo la fascia oraria dalle 20,00 alle 24,00 (il contrario di quanto deciso dall’ Amministrazione nella scorsa stagione) per favorire quanti operano nel settore della ristorazione ed agevolare le famiglie e quanti vogliono venire a Soverato per gustare una buona pizza o una cena nei nostri locali;

-      studiare l’eventuale possibilità di realizzare un centro commerciale all’aperto  premesso che questo comporta l’istituzione delle isole pedonali e attività di intrattenimento e animazione organizzate e concordate con l’Amministrazione;

-      per questi motivi maturare la consapevolezza che la quote di bilancio previste e stanziate per la delega allo spettacolo ed alla cultura debbano essere equamente distribuiti durante tutto l’arco dell’anno e non solo per la programmazione estiva-Natale-carnevale;

-      valutare l’apertura domenicale e nei giorni festivi quantomeno  pomeridiana delle attività commerciali per contrastare la migrazione delle famiglie verso i centri commerciali;

-      programmare la chiusura settimanale al lunedì o in altro giorno della settimana questo anche al fine di garantire il rispetto dei CCNL di quanti operano nel settore quali commessi/e con particolare riferimento alla distribuzione dell’orario di lavoro;

-      programmare una diversa distribuzione degli orari durante la stagione estiva ritardando l’apertura e posticipando la chiusura soprattutto serale/notturno così come avviene nei principali centri turistici;

 Fermo restando che queste rappresentano delle proposte dalle quali avviare un confronto siamo convinti che solo attraverso il dialogo la politica potrà realmente comprendere e soddisfare  le reali esigenze degli operatori economici, turistici ed imprenditoriali di questo territorio.

VINCENZO CILURZO

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Progetto "Scuola, Famiglia & Media"

Le Figlie di Maria Ausiliatrice dell’Italia Meridionale, sollecitate dal Messaggio del Papa Benedetto XVI in occasione della 41a Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali (2007) dal tema "I bambini e i mezzi di comunicazione: una sfida per l’educazione" e dall’appello rivolto dal Papa stesso agli educatori perché prendano a cuore "l’emergenza educativa", hanno formulato progetti di sensibilizzazione e di educazione dei ragazzi all’uso dei media tradizionali e innovativi.

Il progetto di quest’anno scolastico 2008-2009 "Scuola, Famiglia & Media", in continuità con quello realizzato lo scorso anno, "Bambini & Media", si caratterizza per un maggiore coinvolgimento delle famiglie in un nuovo percorso che riserva particolare attenzione al linguaggio filmico.

OBIETTIVI

DESTINATARI

Bambini che frequentano le classi quarta e quinta della Scuola Primaria.

Ragazzi che frequentano la Scuola Secondaria di Primo grado.

Insegnanti della Scuola Primaria e della Scuola Secondaria di Primo grado.

Il progetto ha interessato tutte le scuole primarie e secondarie di primo grado gestite dalle Figlie di Maria Ausiliatrice in Calabria, Campania, Puglia, Albania e Malta.

Gli alunni sono stati coinvolti nella lettura e nella scrittura fantastica, nel confronto tra le forme espressive del libro e del film, nella riscoperta della manualità e nell’uso delle tecnologie digitali, nel dialogo in classe e in famiglia sull’utilizzo di vecchi e nuovi media.

In vista del concorso lanciato dallo stesso progetto, i ragazzi, si sono cimentati nella realizzazione di uno spot o di un cortometraggio in un percorso che dalla scrittura collettiva del soggetto cinematografico, alla definizione dello storyboard, è culminato con l’esperienza delle riprese e, in alcuni casi, anche del montaggio.

I lavori originali, realizzati con tecnologia digitale, saranno valutati da un’apposita giuria che si avvarrà dell’indiscutibile competenza tecnica ed educativa dei membri del GiffoniFF.

1 Istituto fondato da San Giovanni Bosco e Santa Maria Mazzarello, impegnato nell’educazione dei giovani. Per ulteriori informazioni: www.cgfma.org

A coronamento di questo itinerario è programmata per il 27 marzo la Mediafesta che radunerà a Giffoni Valle Piana (SA) 700 partecipanti tra ragazzi, insegnanti, genitori, nonni, dirigenti scolastici provenienti dalle regioni dell’Italia meridionale e dall’Albania.

Il programma della giornata, concordato nei dettagli con l’equipe del GiffoniFF, prevede la proiezione di un film seguito da un dibattito guidato da un esperto che coinvolgerà adulti, bambini e ragazzi. Seguiranno i movie games, la proiezione e la premiazione del filmato vincitore del concorso alla presenza di Sr Anna Razionale, superiora provinciale dell’Ispettoria Meridionale che rivolgerà un saluto ai convenuti.

Il programma dettagliato della giornata sarà pubblicato sul sito del GiffoniFF www.giffoniff.it e sul sito dell’Ispettoria Meridionale www.imr.altervista.org.

Un attestato di partecipazione sarà consegnato a tutte le classi, considerato l’impegno e la competenza di ogni scuola nell'approfondimento della tematica e nella realizzazione dei lavori: in tutte le scuole che hanno aderito al Progetto si è riscontrata l’elevata qualità del lavoro educativo, sicuramente non improvvisato, ma costruito quotidianamente con costanza e passione.

Scuole partecipanti alla Mediafesta:

Scuole Primarie

Cerignola (FG) Opera Buonsanti
Gragnano (NA) Vincenzo D’Amato
Napoli Maria Ausiliatrice
Ottaviano (NA) Maria Ausiliatrice
Ruvo di Puglia (BA) Sacro Cuore
Salerno Maria Ausiliatrice
Sava (TA) Istituto Cinieri
Soverato (CZ)
Maria Ausiliatrice
Taranto Maria Ausiliatrice

Scuole Secondarie di Primo grado:

Martina Franca (TA) Maria Ausiliatrice
Napoli Maria Ausiliatrice
Reggio Calabria Maria Ausiliatrice
Soverato (CZ) Maria Ausiliatrice

Scuola Albania

Scutari Maria Ausiliatrice

1° PREMIO sez. SPOT

Scuola Primaria "Maria Ausiliatrice" di Soverato (CZ)

Il lavoro realizzato dalla Scuola Primaria "Maria Ausiliatrice" di Soverato (CZ) rispetta i tempi indicati e rispecchia tutte le caratteristiche tipiche dello spot. Apprezzabile sia per l’ideazione che per la realizzazione: la sua brevità favorisce l’incisività e l’efficacia del messaggio che vuole veicolare, pienamente attinente al tema lanciato dal concorso. Lo spot mantiene costantemente alta l’attenzione, non presenta scene superflue o poco interessanti.

Premio: Tavolo da ping pong

- Studio stato fatto dagli Allievi per redigere lo spot

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LA PRO LOCO E IL COMUNE DI GAGLIATO ADERISCONO “ALL’ORA DELLA TERRA”
 INIZIATIVA MONDIALE PROMOSSA DALLA WWF. SABATO 28 MARZO 2009 DALLE ORE 20,30 alle 21,30. NELL’OCCASIONE CI SARA’ UNA FIACCOLATA CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE

In occasione dell’iniziativa mondiale “E’ L’ ORA DELLA TERRA” promossa dalla Wwf, il 28 marzo 2009 dalle ore 20,30 alle ore 21,30 in tutto il mondo grandi città con i loro monumenti, piccoli comuni, aziende e singoli cittadini nelle loro case SPEGNERANNO LE LUCI. Il Comune di Gagliato insieme alla Pro Loco comunicano a tutta la cittadinanza la propria adesione spegnendo in quell’ora le luci del palazzo comunale e della piazzetta Domenico Vitale ed invitano tutti a fare lo stesso nelle loro abitazioni. Si invita altresì tutta la cittadinanza a voler partecipare alla FIACCOLATA ORGANIZZATA CONTRO LA VIOLENZA SULLA DONNA. Il corteo partirà da piazza Domenico Vitale alle ore 20,30. Aderisci anche tu. Sarà un gesto semplice per accendere un messaggio che risuonerà in ogni angolo del pianeta e servirà a chiedere ai grandi della terra di agire contro i cambiamenti climatici. CAMBIAMO IL NOSTRO MODO DI VEDERE: GUARDIAMO IL MONDO A LUME DI CANDELA.

Per maggiori informazioni: www.wwf.it; Giovanni Montepaone (volontario wwf) Tel 338.9986967. E-mail: giannino.montepaone@libero.it. Pro Loco Gagliato tel. 338.9986967 E-mail: prolocogagliato@libero.it; Comune Gagliato Tel. 0967.97049; E-mail: comunegagliato@libero.it .

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Incontri di educazione del gusto

LA CONDOTTA SLOW FOOD SOVERATO ha aperto l’anno con i programmi di sensibilizzazione dei soci  attraverso la formula dei laboratori del gusto. Il programma si inserisce nelle linee indicate da Slow Food Italia per la nascita e la riconferma delle condotte .Dopo l’esperienza del laboratorio in azienda ( azienda Riggio a Lazzaro –RC per il capicollo azze anca grecanico) i soci slow food si sono ritrovati a Soverato per un gustoso pomeriggio all’insegna di Formaggi e mieli.

Il contesto è stato il B&B LA VILLA in via delle querce sulla collina, la bella struttura panoramica della socia Enrica Sinopoli che ha accolto i numerosi soci mettendo a disposizione il portico e la saletta.

La serata è stata curata dai soci esperti ed appassionati delle materie, Virginia e Raffaele che hanno conquistato l’attenzione ed il palato dei partecipanti in un viaggio tra abbinamenti classici ed abbinamenti tradizionali. Sul tavolo di esposizione le eccellenze di formaggi di aziende Calabresi ( Dedoni di Vallefiorita,, az, agr. Siviglia di S.Demetrio Corone, az. agr. Salazar di Soveria Simeri , Maiorano di Cutro) abbinati ai mieli calabresi di Mellisape di S. Costantino calabro  e dell’apicoltura Floriano di S. Giovanni Elva (CN).Tra gli altri abbinamenti proposti, quelli con le marmellate.

I protagonisti sono stati i formaggi e le ricotte nelle varie espressioni:ricotta fresca e salata,  caciocavallo dop, fontina, erborinato,asiago,taleggio, pecorini. Tra le novità molto apprezzate la mozzarella di bufala ( allevamento Calabrese di Salazar), la provola ovovaccina di Dedoni .

Interessanti le note  degli esperti su alcuni aspetti fondamentali quali la lavorazione e le caratteristiche dei mieli( acacia, castagno, arancio, eucalipto,cardo, sulla) , il gioco degli abbinamenti, la considerazione sulla rarità dei pecorini stagionati. Il pane scelto è stato il pane di Cuti,del  panificio Gallo di Rogliano, un’altra eccellenza segnalata da slow food nel Libro del Pane .

L’Appuntamento al prossimo laboratorio è previsto per domenica 19 aprile presso le aziende  Termine Grosso ( a Cutro) e Salazar ( a Soveria Simeri).

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Vendita delle uova di Pasqua dell'UNITALSI organizzata dalla Pro Loco nel comune di Gagliato

Grande partecipazione della cittadinanza nei due giorni dedicati alla vendita delle uova di pasqua dell'unitalsi. L'arrivo insolito di questa primavera che si è presentata vestita d'inverno, con pioggia, neve, freddo e vento non ha impedito ai tanti gagliatesi di recarsi al banchetto organizzato dalla Pro Loco per comprare l'uovo di pasqua dell'UNITALSI. I tanti soci della Pro Loco, accorsi ad allestire il banchetto ,dicono di essere veramente contenti e soddisfatti dell'ottima riuscita di questa bella iniziativa di solidarietà e che questo freddo weekend appena trascorso è stato riscaldato dalla grande partecipazione dimostrata ancora una volta dai Gagliatesi. I nostri banchetti non proponevano solo le uova di pasqua ma anche i bonsai d'ulivo che, in questo weekend, in occasione dell'ottava giornata nazionale dell'UNITALSI, sono stati proposti in diverse piazze italiane. Sono stati venduti precisamente 84 uova e 14 bonsai e nell'occasione anche numerosi biglietti che danno la possibilità di vincere un viaggio a Lourdes (per una persona in treno nel mese di settembre 2009).Il ricavato della vendita è stato destinato per finanziare le attività della sottosezione dell'UNITALSI di Soverato.La presidente della PRO LOCO di Gagliato , Stella Perricciolo ed il socio Giovanni Montepaone, colgono l'occasione di ringraziare i soci, tutti i gagliatesi e tutte le persone che hanno aderito all'iniziativa. Con entusiasmo, l'associazione tutta, rinnova la disponibilità per le successive manifestazioni organizzate dall'UNITALSI. Un ringraziamento particolare va all'amministrazione comunale di Gagliato con a capo il sindaco Giovanni Sgro, ed anche al vigile urbano Antonello Lemma nonché vice presidente della Pro loco per la loro disponibilità e per aver concesso gratuitamente l'utilizzo del suolo pubblico.

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Piccoli Bulli crescono (al Sud)

Negli ultimi anni si è assistito sempre più al crescere del fenomeno del disagio minorile oltre che alla devianza sempre nell'ambito dei minori. In Italia in ogni caso il fenomeno minorile assume percentualmente connotati meno preoccupanti rispetto ad altri paesi europei nei quali si riscontra un maggior numero di denunce e procedimenti penali a carico di minori. In tema di devianza minorile si individuano sei sottocategorie di devianza o anche sei devianze denominate rispettivamente devianza tradizionale di periferia, devianza del malessere del benessere, devianza dei ragazzi della mafia, devianza dei ragazzi stranieri, il bullismo e infine la devianza degli ultras e dei naziskin. Concentrando l'attenzione sulla devianza da bullismo il connotato principale di tale devianza lo si intravede nella eterogeneità sotto l'aspetto sociale dei “bulli” che appunto non appartengono ad una classe sociale specifica ma ad ogni contesto sociale senza una particolare segmentazione. Caratterizzante di tale devianza è inoltre l'assenza di ogni fine economico nelle attività poste in essere che per la maggior parte dei casi si concretizzano in azioni rivolte ad umiliare mediante atteggiamenti di prevaricazione le proprie vittime estratte soprattutto nell'ambito scolastico o anche lavorativo, contesto nel quale è maggiore il fenomeno del bullismo. Tale devianza ha inoltre un altro aspetto caratterizzante che consiste nell'aver origine nell'ambito giovanile ed in maniera del tutto autonoma, senza nessun condizionamento da parte di soggetti adulti. Di minore incidenza, dal punto di vista percentuale, è la tipologia di reati associati al fenomeno del bullismo, proprio per le sue caratteristiche più spiccatamente di sopraffazione ed umiliazione della vittima che finalizzate ad un ritorno economico per il quale in gran parte si consumano, da parte dei minori, reati di tipo furto e rapina, per i quali si è riscontrata la più alta percentuale di condanne sul totale negli anni tra il 1991 ed il 2001 raggiungendo soglie pari al circa il 70% del totale dei reati contestati. In tale segmento, quello appunto del bullismo, non si raccoglie una differenziazione sostanziale nell'ambito del territorio nazionale in termini di incidenza del fenomeno in quanto quest'ultimo si registra al sud come anche al nord e nelle altre regioni d'Italia in egual misura. Il maggior numero di denunce di minori presso le procure dei minorenni che si riscontra dai dati a disposizione e che vedono per il 2001 primeggiare il meridione d'Italia in termini assoluti, solo se si tiene conto dei reati contestati a cittadini italiani, non li si deve sicuramente al fenomeno del bullismo con ciò evidenziando la diversa origine dei reati contestati che si consumano nell'ambito di contesti criminali più accentuati ed organizzati, fino a giungere a veri e propri fenomeni associativi. Il minore infatti, molto spesso si trova a operare in maniera criminale per vere e proprie organizzazioni che si servono di minorenni per portare a termine il loro obiettivo criminale. La scelta di servirsi di minori per portare a termine le attività criminali è frutto di una vera e propria pianificazione organizzativa. Il minore infatti, facilmente sostituibile, è visto dalle organizzazioni criminali come una vera e propria pedina del crimine a basso costo ed ad alta redditività, vista la mancanza di remore supportata da una dose di incoscienza che caratterizza il minore che si avvicina a tali organizzazioni. Inoltre non è da sottovalutare l'aspetto giuridico, infatti l minore non essendo imputabile se il reato viene commesso in età inferiore agli anni 14 e godendo inoltre di un regime differenziato in caso di sua imputabilità, ciò non determina una perdita del minore da parte dell'azienda criminale nel momento in cui lo stesso dovesse entrare nel circuito penale dal quale molto velocemente potrebbe uscire. Il fenomeno del crimine associativo per i minori nasce per chiari intenti economici con l'abbaio di una vita facile. Nell'ambito del territorio meridionale il fenomeno appare maggiormente diffuso nelle città di Palermo, Catania, Bari e Napoli, con una presenza importante anche se secondaria rispetto all'intero fenomeno di Caltanisetta e Reggio Calabria, in quest'ultima città si registra la più alta incidenza di denunciati per associazione a delinquere di stampo mafioso nel periodo 1990/2001sul totale dei denunciati. Certamente una maggiore presenza del fenomeno in determinate città è determinato dalla posizione di centro nevralgico della criminalità organizzata in ambito territoriale. Tale fenomeno associativo inoltre è caratterizzato da un'alta partecipazione al sodalizio criminale da parte di minori per la forte influenza ambientale ricca di consorterie organizzate prevalentemente a base familiare, oltre alla presenza di contesti socio-economici fortemente degradati e con bassa scolarizzazione. Dal punto di vista della tipologia di reato i minori sono maggiormente utilizzati dall'industria del crimine per spaccio di sostanze stupefacenti che in termini percentuali raggiunge nel 2001, ultimi dati a disposizione, il 10% delle condanne nei tribunali per minorenni.

Dott. Rita Tulelli

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Continua il dissesto di Via Santa Tecla

Ci risiamo, dopo poche gocce d'acqua (perchè poche sono state come si è potuto notare) si ritorna a riparare la ormai famosa strada situa in Via Santa Tecla, territorio di Satriano e Davoli, riparazioni che avvengono per mano dei residenti per cercare di ridurre al minimo eventuali danni su un tratto di strada ormai ridotta ai minimi termini, ma oggetto di questa discussione è il tratto già franato e riparato in breve tempo dal comune di Satriano (a questo punto si preferiva che i lavori duravano qualche mese, non che venivano terminati in tempi record). Dovevo pubblicare le foto come promesso, ma non mi va di mettere in mostra un lavoro fatto tanto per fare, e che non mi si venga a dire che sto dicendo un sacco di stupidate, perchè se il lavoro fosse stato effettuato con un minimo di interessamento ora non saremmo in questa situazione di asfalto che se ne va con l'acqua piovana, un cavo che penso e spero sia di rete telefonica che invece di viaggiare per via aerea viaggia per via "bordo strada" e buche che iniziano a crearsi su un manto stradale ricostruito cosi per non far viaggiare le autovetture direttamente al contatto con il terreno (forse era meglio il terreno). Sono veramente senza parole, non so più cosa pensare e scrivere, neanche un titolo mi viene in mente di inserire. Tanto per ricordare, volevo dire che c'è qualcuno che aspetta che gli venga ricostruito il proprio manto stradale "privato" asfaltato, che nel periodo dei lavori è stato usato a piacimento dai camion che dovevano fare manovre, riducendo questa strada "privata" uno schifo. Non voglio usare proprio per niente mezzi termini, la situazione è vergognosa. Indirizzo questi righi a qualsiasi personalità che voglia cercare di risolvere questo problema seriamente! Saluti e ringrazio la redazione di SoveratoWeb che mette a disposizione le proprie pagine web per noi cittadini del comprensorio soveratese, nella speranza che non si debba tornare più su questo argomento, questa volta mi firmo.

Gatto Salvatore

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