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Caro Morgan chiedi scusa

Mi ritrovo qua, a sfogliare pagine di giornali online che hanno come unico argomento “Morgan, Sanremo, e la sua pubblicità”, e mi ritrovo a pensare, a ricordare.

 Avevo 17 anni, erano gli anni delle scuole superiori , a Catanzaro Lido, il famoso magistrale!! Era una giornata di sole, primavera, gli ultimi mesi di scuola.. ricordo che era un giovedì, e come tutti i giovedì era obbligatorio andarsene in giro al mercato, assentandosi dalla scuola o come si usa dire  in gergo “marinando la scuola”!

Dopo una splendida mattinata  trascorsa con i compagni a girovagare per il mercato, e  in riva a mare a giocare a pallone , alle 12.30 mi avviai verso la stazione per prendere, come tutti i giorni, l’autobus di linea  che mi avrebbe riportato a casa. Arrivata alla stazione aspettai impazientemente il mio autobus che tardava però ad arrivare. Forse, una coincidenza, per tutto ciò che avrei scoperto dopo, non lo so!

Vidi una macchina ferma.. ce n’erano tante, come tutti i giorni, ma quella mi colpì in maniera particolare. Non ricordo il modello, ma solo il colore, grigia. Era ferma, forse ormai da ore! Mi avvicinai. Vidi un uomo, seduto, occhi chiusi, aspetto trasandato, pochi capelli, forse 30 anni, sicuramente non di più. All’inizio pensavo stesse riposando, ma non notando nessun movimento decisi di avvicinarmi. Intanto l’autobus era arrivato, ma decisi di prendere quello successivo. Volevo capire. E non credo fosse solo curiosità.

Mi avvicinai  a quella  macchina, cercando di aprire lo sportello; ma quella persona non aprì nemmeno  gli occhi; provai a chiamare, ma non ebbi nessuna risposta; avvolsi un fazzoletto tra le mie mani, e iniziai a dargli spintoni, ma nulla, non c’era nessuna reazione. Da lì capì che quella persona era morta. Eppure, non mi arresi, volevo capire perché un ragazzo a 30 anni si trova a morire in macchina, da solo, di giorno, davanti ad una stazione sempre popolata. Mi sentivo una detective, ma volevo a tutti i costi capire! Guardai intorno e su tutto il corpo. Non aveva segni di colluttazioni, né sangue sui sedili o addosso, non aveva lividi addosso, tranne che su una parte del corpo:  le braccia. Aveva una maglia bianca a maniche lunghe, ma le maniche erano tirate leggermente su. C’erano dei lividi. Guardai attentamente, non erano lividi di botte, ma lividi causati dal troppo uso di droga. Lo capii  dal fatto che, non solo su uno delle due braccia ci fosse  l’incrostazione  del  sangue fuoriuscito, probabilmente  perché, prima di morire, aveva fatto la sua ultima iniezione endovenosa di  droga, ma anche dai lividi blu! Mi sentii impotente, mi chiesi cosa bisognava fare: “Chiamare il 118, avrebbe avuto senso? Chiamare la polizia?” Rimasi senza parole. Attonita.

Decisi di chiamare la polizia, spiegai al telefono la situazione e tutto ciò che avevo visto, mi dissero che sarebbero intervenuti loro.

Il mio autobus intanto era arrivato. Io non potevo più rimanere.  Dovetti prenderlo. Lasciai quel corpo solo, davanti centinaia di persone che, nel frattempo, si erano avvicinate  a constatare l’accaduto. Salì sull’autobus, trovai un posto libero, e rimasi in silenzio per tutto il percorso. Tante domande sopraggiunsero nella mia mente: “Chissà qual era il suo nome? chissà se aveva una famiglia?, chissà se qualcuno gli darà una degna sepoltura?, chissà se, con l’aiuto di qualcuno, il suo destino sarebbe stato diverso?”

Tutte domande a cui non ebbi nessuna risposta!

Qualche anno dopo, all’università, dovetti dare l’esame di farmacologia, e tra gli argomenti del programma c’erano gli effetti e gli usi terapeutici delle droghe. Ancora una volta quelle immagini ritornarono nella mia  mente. Usai degli articoli di letteratura scientifica per approfondire l’argomento. Spiegavano tutti i meccanismi cerebrali e gli effetti delle droghe, gli effetti avversi, la farmacocinetica, gli usi. Ricordo che lessi in uno di quegli articoli, che una delle droghe, la cocaina, ha un uso terapeutico, va usata topicamente come anestetico locale negli interventi chirurgici dell’occhio, del naso, dell’orecchio e della faringe. La cosa mi sorprese, ma mi venne confermata poi in sede di esame, al termine del quale, fui io a fare la domanda al mio professore proprio sull’uso delle droghe e dei loro meccanismi biologici all’interno di un corpo che ne fa costantemente uso; E da lì capì il perché della morte del ragazzo che per anni aveva invaso la mia mente con le immagini di un corpo devastato dalla droga. Non ebbi mai  notizie del suo funerale;spero però che riposi in pace. Ma avevo ed ho ancora  quel viso e quei lividi come immagini fissi nella mia memoria.

E ora mi ritrovo a pensare a quanta gente fa uso di sostanze stupefacenti e si lascia morire o quando si incontra per strada e si passa oltre, o ancora, a tutti quei volontari che nei centri per le tossicodipendenze, nei sert o nelle comunità., si fanno carico delle sofferenze, delle lacrime, delle storie di giovani ragazzi decisi ad uscire da questo buio, pronti a mettere in gioco tutto ciò in cui credono pur di “tornare a vita nuova”.

E mentre leggo le dichiarazione di colui ,Morgan, che tutti i ragazzini definiscono “un grande idolo“, mi chiedo se esiste  veramente un limite alle parole che tanta gente dice  senza neanche  pensare, senza pensare  alle conseguenze, a tutto ciò che sta dietro il mondo delle droghe; a quanti ragazzi perdono la vita per uno sbaglio, o diversi sbagli, fatti, quando si è  sotto l’effetto di sostanze; se veramente esiste un limite a  tutto il business  e a tutta la pubblicità che se ne sta facendo. Leggo che ormai le sue apparizioni in tv sono continue e ben pagate, ma nessuno legge quante sono le vittime della droga, anche solo per una sola “sniffata” di roba tagliata male.

E mentre i giudici condannano a  4 anni di carcere i pusher che per la  droga mal tagliata, hanno ucciso una ragazza, io vorrei solo che Morgan chiedessi umilmente scusa per tutto ciò che in questo giorni è uscito dalla sua bocca.

Maria Teresa Battaglia

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