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A proposito del PIANO CASA

     
All’inizio del mese di Marzo del 2009, il governo Berlusconi, con l’intento di incentivare l’attività edilizia privata, approva la legge nota, per semplicità, come Piano Casa.
Prioritariamente, è il caso di precisare, per la comprensione di tutti, che i contenuti della legge nazionale vanno comunque recepiti dalle singole istituzioni regionali.
In primis:
  • la legge sostanzialmente prevede in alcuni casi specifici l’ampliamento volumetrico del 20% del volume dei fabbricati esistenti, aventi volumetria inferiore ai 1000 metricubi; mentre nel caso di demolizione e successiva ricostruzione il bonus volumetrico può arrivare a al 35%.
     
  • la legge ha un valore temporale, nel senso che i cittadini  possono usufruire  di quanto contenuto nella legge medesima per circa due anni dall’entrata in vigore delle leggi regionali che l’hanno recepita.
     
  • Possono usufruire del bonus previsto dal cosiddetto Piano Casa solo alcune tipologie di fabbricati.
     
  • Possono usufruire del bonus i fabbricati ricadenti solo in alcune zone specifiche del territorio comunale.
     
  • Il bonus di ampliamento deroga solo alle norme urbanistiche vigenti in ogni singolo comune, mentre tutti gli altri vincoli inibitori e tutori restano sempre in essere.

Tanto premesso e per come è stata strutturata la legge la confusione regna sovrana poiché alcune regioni, quali la Calabria, hanno adottato, recepito la legge da circa quattro mesi e la stessa è divenuta operativa dal 6/12/2010, mentre per altre regioni, quali la Toscana, con la fine del 2010  si è chiusa questa possibilità.

Comunque prescindendo da considerazioni relative ai tempi di applicazione vediamo se i risultati previsti, sbandierati a più riprese ed attesi, sono stati raggiunti o meglio se fossero realmente raggiungibili. Dai risultati pubblicati dalla stampa specializzata il Piano casa si è rivelato un bluff clamoroso: nelle regioni dove le leggi sono state recepite e sono operative da quasi un anno le comunicazioni pervenute presso gli uffici tecnici non arrivano a 60 mila, mentre le previsioni più ottimistiche prevedevano un numero quaranta volte superiore (circa due milioni e mezzo di interventi). Le motivazioni di questo clamoroso flop sono molteplici:

  • le nuove norme tecniche per le costruzioni entrate in vigore dal 2008 per gli edifici di importanza strategica e dalla fine di Giugno 2009 per le altre tipologie, hanno di fatto impedito la sopraelevazione dei fabbricati esistenti per l’ampliamento del 20% in termini di volume, ciò è stato causato dal fatto che la sopraelevazione comporta la verifica strutturale di tutto il fabbricato (ampliamento più esistente) e nel rispetto delle nuove norme tecniche ciò comporterebbe lavori di adeguamento il cui costo è nettamente superiore al valore venale del volume da realizzare in aggiunta grazie al bonus. Nessun fabbricato con l’applicazione delle normative ante 2008 risulterà conforme alle nuove norme estremamente restrittive rispetto al passato. .
     
  • L’intervento come detto riguarda solo alcune tipologie di fabbricati e per la precisione fabbricati la cui volumetria è inferiore a metri cubi 1000, corrispondenti ad una superficie in pianta di circa 330 mq. Da ciò si evince che il campo si applicazione è estremamente ridotto in quanto i fabbricati potenzialmente ampliabili costituiscono non più del 10% del patrimonio edilizio totale.
     
  • Solo i fabbricati ricadenti in determinate zone del territorio comunale potrebbero usufruire del bonus, restano esclusi tutti i fabbricati ricadenti nella cosiddetta zona A (centro storico); paradossalmente almeno per la realtà calabrese proprio i fabbricati ricadenti nella zone A sono più necessari di intervento di bonus e riqualificazione.
        E’ il caso di ricordare che i cosiddetti centri storici dei comuni calabresi in molti casi rappresentano dei potenziali cimiteri collettivi per le popolazioni ivi residenti; essi furono costruiti dopo il disastroso terremoto del 1784 e presentano vulnerabilità sismica altissima in relazione alle caratteristiche costruttive e non sempre rappresentano qualcosa di storicamente e culturalmente interessante. Intervenire quindi su edifici cosiddetti storici ma che nella realtà rappresentano un grave pericolo per la comunità sarebbe stata  forse la cosa più utile, rendendo più vivibili quelle unità abitative che ad oggi presentano solo disfunzioni e pericoli.
  • Come detto la legge prevede la sola deroga alle norme urbanistiche mantenendo ferme ed invariate tutte le altre norme che intervengono nella realizzazione di fabbricati. La norma sicuramente più penalizzante e vincolante è rappresentata dalla nuova normativa sismica che tra l’altro interviene, questa volta, su tutto il territorio nazionale. Per la verità il Piano Casa anche se non direttamente cerca di intervenire su questa problematica concedendo un premio in termini di volumetria del 30% per i fabbricati da demolire e ricostruire secondo i dettami delle nuove norme. Effettivamente questa possibilità poteva considerarsi come l’unico aspetto positivo del Piano Casa, ma non ha avuto riscontri significativi per motivi di carattere squisitamente economico. Con la crisi economica che ormai si trascina da più anni dove trovare le risorse per la demolizione e la successiva ricostruzione?
Allora, anziché sbandierare questa legge come la panacea che avrebbe dovuto risolvere la crisi dell’edilizia non era forse meglio dare applicazione alle nuove norme tecniche ed adeguare il patrimonio di edilizia pubblica esistente? Certamente non sarebbe stato possibile intervenire globalmente su tutto il patrimonio pubblico ma bastava ad esempio, programmare gli interventi in diversi anni adeguando di volta in volta gli edifici scolastici, gli edifici ospedalieri, i palazzi di giustizia, le caserme, ecc. ecc. .
Credo che per giungere a queste considerazioni non si debba essere dotati di poteri soprannaturali ma basterebbe dare ascolto alle lamentele e alle denunce provenienti dai responsabili di tutti gli edifici pubblici.
D’altronde, come si può avere fiducia in istituzioni pubbliche che affermano a più riprese che il 2013 rappresenterà la conclusione dei lavori sulla autostrada A3-Salerno/Reggio Calabria. Per i tratti più impegnativi ancora non esistono i progetti. Figuriamoci se per il 2013 saranno conclusi i lavori… .

 Ing. Giuseppe Voci
 

   
   


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