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Dobbiamo indignarci di più. Se non ora quando?

   


 Otto milioni di cittadini poveri in Italia. Sono i dati che di recente ha pubblicato l’Istat. Di questi, circa tre milioni quasi poverissimi. Quasi trenta giovani su cento sono disoccupati; il numero aumenta vertiginosamente al sud sfiorando il 50%. Intere generazioni ormai precari a vita. Le aziende, compreso le pubbliche istituzioni, prediligono le assunzioni con contratti flessibili e part-time. I CCNL (Contratti collettivi nazionali di lavoro)  sono stati fatti a pezzi tramite accordi deroga (vedi Fiat). Negli ultimi vent’anni non c’è stata legge finanziaria che non abbia ridotto il trasferimenti di risorse alla scuola, all’università, alla ricerca, alla cultura, alla sanità, ai trasporti, agli enti locali e a tutto ciò che di pubblico c’era. In una parola: smantellamento dello stato sociale, deregolamentazione. Niente tagli ai privilegiati, quelli che ormai tutti comunemente chiamiamo “la casta”. Niente investimenti per la crescita, se non qualche opera faraonica (finanziata dall’Europa) come la TAV, che distruggerà gran parte della bellezza naturale del territorio piemontese. Salvo poi spendere quintali di soldi quando si verificheranno disastri naturali. Poiché, sui disastri naturali ci sono gli avvoltoi pronti ad intervenire e succhiare a man bassa i soldi pubblici, anche con corruzione e malaffare. Nelle settimane scorse, l’Italia è stata oggetto di speculazioni finanziarie dei mercati mondiali. Poco c’è mancato allo “Shoch Economy – l’ascesa del capitalismo dei disastri –“ ben raccontato nelle 540 pagine da Naomy Klein. Un assalto dovuto alla instabilità politica di un governo che pensa più ai problemi personali del Premier, che a quelli dell’Italia e degli italiani, e, al debito pubblico da record che a maggio ha raggiunto la cifra di 1.897,742 miliardi di euro, contro  1.890,516 del mese di aprile, più 7 miliardi di euro in un solo mese. Di fronte a questo scenario il governo ha dovuto varare in fretta una manovra finanziaria correttiva di lacrime e sangue. Questa manovra, ancora una volta colpirà i ceti più deboli della società compreso quegli otto milioni di poveri che nei prossimi anni sono destinati ad aumentare. Questa manovra finanziaria di 48 miliardi di euro, si calcola che peserà per il 7% su chi guadagna sotto i 12 mila euro all’anno; per il 10% su chi ne guadagna tra i 12 e i 54 mila; e per il 9% su chi ne guadagna oltre i 54 mila. Si calcola sempre che, un nucleo familiare con un reddito medio tra i 16 e i 27 mila euro all’anno, a regime nel 2014, perderà 620 euro in termini di minori detrazioni fiscali. Al contrario, il 10% più ricco delle famiglie, quelli con un reddito superiore ai 54 mila euro, lascerà allo Stato solo 364 euro. A questo, si aggiungono per tutti i ticket sulla sanità.  Che la nostra Costituzione sia sotto assedio da anni e che qualcuno la ritiene un impaccio lo sappiamo,  e già in molte parti importanti è stata violata; dalla tutela della   salute al diritto allo studio e al lavoro. In 17 anni sono state prodotte ben 80 leggi la maggior parte delle quali ad personam. Anche questa legge finanziaria è l’ennesima picconata. l’art. 53 della Costituzione così recita: Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività. E dov’è il criterio di progressività nelle cifre sopra citate? Non è da escludere (me lo auguro) che la Corte Costituzionale possa giudicare anticostituzionale questa norma della legge finanziaria. Di contro, rispetto ai sacrifici richiesti agli italiani più deboli, l’Italia ha una quota corposa di reddito che viene elusa o evasa. Si parla di qualcosa come 150-200 miliardi di euro all’anno. Quattro volte tanto la manovra correttiva. Infatti, siamo lo Stato d’Europa con la più alta evasione fiscale, con il 50,5%  imponibile che non viene dichiarato, contro il più basso d’Europa della Svezia con il 7,6%. Si calcola che i principali evasori siano gli industriali, banchieri e assicurativi (28%), commercianti (12%), artigiani e professionisti (9%), e poi via via altri. A livello regionale nel 2010 la regione più evasiva risulta la Lombardia con (+10,1%), contro il fanalino di coda, si fa per dire, dell’Umbria con (+4,4%). Tutto questo è possibile grazie anche alle leggi prodotte da questo governo, e che evita volentieri i controlli dovuti. Allora di che cosa parliamo? Parliamo esattamente di un governo dichiaratamente neoliberista. E che cosa significa? Significa lasciare fare tutto ai privati, niente Stato. Ricchezza per pochi e povertà per molti. Privatizzare tutto: dalla sanità alla scuola, dall’università all’energia, dall’acqua (resa di nuovo pubblica con la vittoria del referendum). Da non dimenticare che vi era stato il tentativo di privatizzare anche la protezione civile, e di vendere il demanio ai privati. Il processo è: tagliare finanziamenti e trasferimenti fino al punto di portare al collasso tutto ciò che è pubblico; via via modificare la percezione nella popolazione che il privato funziona meglio. Intanto il governo regala ai privati i pezzi più pregiati dello Stato. Salvo, finanziare le aziende private più delle pubbliche: vedi scuole. E perché i soldi dei cittadini devono finanziare aziende private? Se sono aziende private, non dovrebbero essere in grado di stare sul mercato con le proprie capacità? Semplice: perché tramite questo giochetto, si alimenta meglio il malaffare, la corruzione e la criminalità organizzata. Quest’ultima, ormai ha invaso tutta la penisola, e la legge finanziaria fatta dal governo gli fa un baffo rispetto al suo fatturato. E’ chiaro che nel mentre la gran parte della popolazione si impoverisce, diminuisce la sua capacità di spesa: come si può immaginare una ripresa dei consumi e quindi di domanda e di relativa crescita? E’ su questo che Keynes – teorico dello stato sociale del secolo scorso – teorizzava che, nel momento di maggiore difficoltà economica di uno Stato, esso doveva trovare il coraggio a investire di più sullo stato sociale, considerandolo una ricchezza e non un problema. Poiché, se più cittadini lavorano e stanno meglio, essi producono reddito, più reddito produce più entrate nelle casse dello Stato, di conseguenza più domanda e più crescita; e non solo materiale, ma, culturale e scientifica. Di contro, è necessario che lo Stato da un lato faccia la lotta all’evasione senza tregua, dall’altro deve trasmettere fiducia, sicurezza e tranquillità ai cittadini. Noi cittadini dobbiamo riconoscere che se tutti indistintamente paghiamo le tasse dovute, in modo progressivo come Costituzione prevede, sicuramente staremo tutti meglio. Chiaramente, questo governo neoliberista non lo farà mai. Anzi, se questo governo sopravviverà ancora due anni (scadenza naturale legislatura), non sono da escludere ulteriori catastrofi. Berlusconi sa bene di essere alla fine, proprio per questo è necessario alzare il livello di guardia, poiché è tipico di questo tipo di personaggi fare danni irreparabili proprio con i colpi di coda. Personalmente considero l’Italia in emergenza Costituzionale, e penso che abbia bisogno al più presto di un governo democratico di salvezza nazionale, con tutte le forze sane e oneste del paese che si riconoscono a pieno nei valori della nostra Costituzione e riprendano il cammino dei nostri padri Costituenti. Poiché, per corruzione, malaffare e criminalità, l’Italia primeggia in classifica mondiale. Si ripropone con forza quella questione morale che un grande uomo come E. Berlinguer, ebbe il coraggio di sollevare esattamente trenta anni fa. Un governo di salvezza che ristabilisca le regole democratiche e il rispetto delle nostre Istituzioni con la loro indipendenza come Costituzione prevede. Un governo che abolisca con un solo articolo tutte le leggi ad personam. Un governo che moralizza la politica (che io considero arte nobile). Un governo cha faccia la lotta alla corruzione, alla criminalità organizzata e all’evasione fiscale senza tregua. Un governo cha abbia il coraggio di investire sulla scuola, sull’università accessibile a tutti, sulla ricerca, sulla cultura, sull’arte e sulla sanità. Un governo che ripristini una legge per dare ai cittadini la possibilità di scegliere con preferenza chi votare, abolendo con un solo articolo questa maledetta legge del “porcellum” dei parlamentari nominati e non eletti. Un governo che pianifica i costi della politica, che non sono di per se la salvezza economica, ma, serve a bloccare l’antipolitica che, spesso sfocia nel populismo, quel populismo che serve esattamente a chi pensa che sia meglio un uomo solo al comando. Un governo di alta ispirazione morale che dia fiducia all’economia e all’estero. Alcuni esempi di sproporzioni: Stati Uniti d’America, 310 milioni circa di cittadini, 435 Deputati e 100 Senatori; Italia, 60 milioni circa di cittadini, 630 Deputati e 315 Senatori; dov’è la proporzione? Un Deputato italiano guadagna 144.084 euro all’anno netti più una miriade di privilegi infiniti; quello Tedesco 84.108, quello Svedese 57.000, quello Francese 62.000 Si può pensare una legge che diminuisca i parlamentari e adegui gli stipendi ad una media Europea? E ancora, un Consigliere Regionale dell’Emilia Romagna (40 consiglieri su una popolazione di 4,5 milioni circa) guadagna 5.666 euro al mese netti, il suo Presidente di Giunta ne guadagna 7.768: un Consigliere Regionale Calabrese (50 consiglieri su una popolazione di 2 milioni circa) guadagna 11.316 euro al mese netti, il suo Presidente di Giunta ne guadagna 13.353. Dov’è la proporzione? Mantenere in vita le Istituzioni democratiche è necessario se amiamo la nostra Repubblica ma, le sproporzioni rispetto agli italiani di cui parlavo all’inizio, vanno immediatamente corrette con una semplice legge che stabilisca il numero dei consiglieri in rapporto alla popolazione e una media di stipendio adeguato eguale per tutti. Chiaramente non possiamo aspettarci che sia  l’attuale governo a fare queste cose. Anzi, non è un mistero che per Berlusconi le Istituzioni democratiche Italiane, tipo la Magistratura, la Corte Costituzionale, Il Capo dello Stato e lo stesso parlamento, siano di intralcio. Se non addirittura – secondo lui - da abolire. Tutti gli Italiani di Costituzione, dobbiamo pretendere di più, dobbiamo far sentire la nostra voce in qualunque luogo, e nonostante tutto, nutro un filo di speranza soprattutto nelle giovanissime generazioni. Dobbiamo indignarci di più. Se non ora quando?

 Soverato
 Fausto Pettinato
 

   
   


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