Rubrica di Opinioni di Francesco Raspa

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DELL’INUTILITÀ DELLE PRIMARIE ITALIANE

  


Il sistema di utilizzare le “primarie” per scegliere un candidato premier per una coalizione politica, non è, a mio avviso, tale da garantire la correttezza del risultato. Mi riferisco alle primarie italiane. Da quello che ho letto, nelle primarie organizzate dal PD, ci si presenta ad un seggio opportunamente allestito e si compila un modulo con nome e cognome. Di fatto questo non impedirà mai ad un potenziale elettore di altra coalizione di presentarsi a votare.

Così sono andato a leggere come avvengono le primarie negli Stati Uniti, dove sono in uso da molti anni. Si scoprono differenze profonde con quelle italiane, anche in termini di valenza giuridica.

Negli USA ogni stato ha le sue regole e non vi è coincidenza di date. Infatti le primarie statunitensi si svolgono in un arco di tempo di circa sei mesi. La coincidenza vi è per singolo stato e soprattutto si vota lo stesso giorno e nello stesso seggio per democratici e repubblicani. Esse sono regolate da leggi statali e pertanto i risultati sono vincolanti. Gli elettori votano i rappresentanti alla Convention e saranno loro, poi, a votare il candidato premier, sebbene questi siano vincolati a votare il candidato che ha vinto nel loro stato. Dunque è pur sempre una forma di elezione indiretta.

Contrariamente che in Italia, dove il voto è un dovere di ogni cittadino (art.48 della Costituzione), negli USA per votare bisogna registrarsi alle liste elettorali. Al momento di tale registrazione il cittadino deve esprimere una preferenza o una “simpatia” per i democratici o i repubblicani. Ciò, però, non lo obbliga a votare per l’uno o per l’altro, ma non potrà mai votare per entrambi, essendo la votazione nello stesso seggio e dovendo fare richiesta di una scheda specifica: quella democratica o repubblicana. Per la privacy si possono chiedere entrambe, ma se ne userà solo una. In ogni caso le regole di voto, che non sono uniche per tutti gli stati, sono controllate dalla Corte Suprema che ne verifica la costituzionalità.

Come dicevo, bisogna essere iscritti alle liste elettorali (in Italia siamo tutti iscritti d’ufficio). Non vado oltre, perché il meccanismo nei dettagli è piuttosto complesso ed anche vario, ma in linea di massima quello che rende queste primarie abbastanza credibili è che i risultati hanno valore di legge e che un elettore può votare solo una volta.

Nelle primarie italiane, almeno fino ad oggi, non vi è stato nessun controllo su chi andava a votare, nel senso che ci si poteva organizzare in gruppi politicamente avversi a quelli dei candidati ed esprimere un voto. Vi era un principio di libertà assoluta. Chi poteva impedire ad un noto “liberale” andare a esprimere il suo voto per un candidato di centro-sinistra? L’unica volta che ho partecipato alla primarie è stato peraltro a Soverato per le comunali. All’epoca erano in lizza Rombolà, Perrotta e Caruso. Accaddero due cose. Diverse persone, note per avere simpatie non “centro-sinistrose” si presentarono a votare. E poi, se non ricordo male, il numero di partecipanti al voto fu superiore ai voti raccolti al momento delle elezioni o comunque proporzionalmente non congruo.

Alle primarie vinte da Prodi, si presentarono a votare elettori e deputati del centro-destra. Uno di questi affermò di avere votato più volte in seggi diversi. D’altronde perché uno di destra (e viceversa) dovrebbe partecipare alle primarie di quelli di centro-sinistra (ahimè… di sinistra e basta… niente)?

A mio avviso se primarie devono essere votino gli iscritti ai partiti. Gli altri, votino alle elezioni.

Francesco Raspa

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