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San Vito sullo Jonio, turismo a portata di mano

   


 Vogliamo vivere luoghi di arcana bellezza e fascinose leggende nelle quali la natura e la storia hanno intrecciato indissolubili trame?

Non c’è bisogno di andare troppo lontano, anzi, prima di percorrere lunghe distanze, bisogna conoscere approfonditamente le mete vicine per poter apprezzare e comprendere quelle remote, nuove civiltà e culture. E’ una cosa che facciamo poco, come se i luoghi delle nostre radici, ci scorressero davanti simili a scenari di cartone nella nostra quotidianità, appiccicati al nostro vivere come semplice e non intercambiabile cornice. Ma abituare l’occhio e la mente a guardare con ottica più benevola il proprio territorio da cui traiamo origine, vuol dire cominciare a saper viaggiare, a saper osservare. Chi ha lasciato per motivi di emigrazione la propria casa e la propria terra, sa bene cosa intendo dire, di che emozioni parlo e forse la conosce meglio di noi che siamo rimasti, perché la ama di più. Io, ad esempio mi sono imbattuta anni fa, in un paesino dell’entroterra soveratese, nella provincia di Catanzaro, al quale poi mi sono affezionata e che visito spesso, San Vito sullo Jonio. Conosciuto grazie al suo infaticabile sostenitore e promotore Vito Macrì, presidente dell’Associazione Turistica Sanvitese che lo ha illustrato a tutto il mondo attraverso la sua attività promozionale, San Vito mi è parso da subito un ricco contenitore di aspetti culturali, con  la sua apparente similitudine ad altri centri calabresi, l’immagine sopita e quasi dimenticata, adagiata e un po’ decadente. Ed invece questo borgo a prima vista un po’ spopolato e ubicato ai piedi del monte Serralta, custodisce un’infinità di piccole affascinanti storie e leggende, vestigia remote, un fermento culturale non trascurabile, racconti dal sapore fiabesco. Tant’è, basta conoscerle per assaporarne l’emozione e il brivido solo con l’immaginazione. Di origini antichissime, si sa quasi per certo che la vallata dentro cui si posa, fosse un lago contenuto da mura ciclopiche  che eventi storici clamorosi fecero cadere giù e con esse le immense quantità di acqua contenuta. Beh, oggi la fertilità del suolo che non richiede grandi sforzi agricoli, ne rappresenta la prova lampante che questa teoria in effetti non sia proprio un’invenzione e anzi è supportata dall’esistenza dei resti di Murorotto che a quei lontanissimi tempi del conte Ruggero D’altavilla, racchiudeva le ingenti acque navigabili e pescose del lago Aurunci, oltre ad essere stato molti secoli fa, luogo dell’apparizione di una Madonna bellissima, la Madonna della Luce. Non sono tanto  le date e i dati storici ad affascinarmi in questo viaggio nell’antico, quanto l’idea di pensare ad un grandissimo specchio d’acqua di azzurro brillante circondato dai monti che si riflettevano su di esso e di un centro abitato ricco e fiorente in tradizioni e saperi. Doveva essere uno spettacolo fenomenale. Doveva essere un quadro da dipingere nelle cromie più vivaci e fresche. Ma la bellezza e fecondità di questo territorio aveva anche il colore elegante e nobile dei vari palazzi patrizi che con le loro poderose mura e raffinati decori, ancora oggi rappresentano l’impianto urbano non particolarmente stravolto dalla modernità. E come in tutti i paesi e città dalla lunga storia, San Vito porta con sé ancora i segni delle differenze sociali che vedono convivere l’opulenza delle grandi e ricche costruzioni e la dolce e umile grazia delle casette di gente comune; tante piccole dimore attaccate le une alle altre a formare vicoli e strade dal nome fortemente evocativo: la Ruga dei Mulini ad esempio, così denominata perchè portava ai terreni cuore dell’economia sanvitese: tanti mulini ad acqua che lavoravano instancabilmente i raccolti di grano, avena e svariati altri cereali. Ma la bellezza di queste viuzze stava nell’essere connotate da scalette esterne e ringhiere che come un merletto impreziosivano i percorsi e le strutture. Oggi qualche “merletto” resiste ancora, dando un’idea di quell’architettura così singolare, così predisposta alla socializzazione e più che all’etica, al piacere e all’affetto del buon vicinato, valori oggi sbiaditi dalla frenesia  del vivere veloce. Non posso fare l’elenco di tutte le bellezze di questo borgo rurale (sono davvero tante!), ma non posso neanche trascurare di dire che vi è un fiorente contemporaneo artigianato come quello delle pipe, realizzate in pregiatissima radica di erica locale, gli oggetti in legno realizzati con un antichissimo tornio manuale, del rame che dà vita ai più originali complementi di arredo. Questo paesino dedito un tempo all’agricoltura e alla pastorizia ha anche saputo trarre da questa realtà, l’ispirazione giusta per creare la ormai consolidata tradizione casearia che vede  l’esportazione di prodotti derivati dal latte come le provole, i formaggi, ma soprattutto le golose e saporite mozzarelle che spesso gustiamo trasformate in mille ricette sulla nostra tavola. Pur riconoscendo il valore economico e gastronomico di questi prodotti, non si può trascurare però l’aspetto religioso  che qui da secoli rappresenta una radice profonda di devozione e culto per la figura del Santo protettore che dà il nome al paese. Un santo dai gesti miracolosi, dai prodigi riconosciuti, dalla vita di martire davvero unica. Alcune sue reliquie riposano da secoli nelle teche gelosamente custodite dentro la cappella ipogea che nonostante costruita su solido e roccioso terreno, per un effetto soprannaturale, trasmette l’impressione di avere sotto i piedi il passaggio delle acque di un fiume, forse quello dove fu martirizzato San Vito? Bisogna davvero provare queste sensazioni. Nella chiesa matrice si ha l’effetto di molte chiese calabresi: antiche di culto e di architettura, dove gli arredi fanno mostra delle manifatture artigianali locali fra legno, tessuti, oreficeria, scultura;  le statue, le tovaglie degli altari, le balaustre delle cappelle, i cori, le tele respirano il silenzio e il rigore delle memorie cristiane. Mi piace andare a San Vito sullo Jonio, perché trovo tutto ciò che un viaggio turistico possa pretendere: l’arte, la gastronomia, la storia, il mistero. Nelle campagne c’è un luogo dove un monolite (la Pietra di Santa Nagghjjera) si dice nascondesse covi di serpenti tenuti a bada dalle preghiere e un posto recondito dove i briganti si sfidavano a duello. Ma lo sapevate che vi è anche una torre chiamata “arceria”, da cui nel Medioevo dardi e saette venivano lanciati senza riserva a chi osava invadere o occupare o  minimamente rappresentare pericolo per gli abitanti? C’è anche questo. C’è la “filanda” una costruzione con corte interna dove un tempo si producevano tessuti e filati. Vi sono tanti portali dai più svariati stili che gli scalpellini locali con maestria e gran gusto realizzavano per decorare e dare identità e rango ai portoni più eleganti. In una scelta turistica non manca mai la natura, soprattutto per chi dalla città scappa per cercare una vacanza di relax e salute. E se il lago Aurunci tracimò inondando e rendendo fertili di limo le vallate sanvitesi, oggi ci possiamo accontentare di uno specchio d’acqua un po’ più modesto in quanto non navigabile, ma sicuramente affascinante, il lago Acero, nato da una  progettazione che ha attribuito al territorio quasi montano una bellezza particolare. Questo lago conferisce alla natura intorno i caratteri e gli umori del tempo, del cielo; esso ruba i colori alle nuvole, ai tramonti, alle tempeste, trasformando le sue acque artificiali in una tavolozza cangiante, ora tetra e misterica, ora luminosa e cristallina. Ma a neanche dieci minuti di auto, un’altra acqua chiara e invitante ci attende in ogni mese dell’anno ed è quella del mare di Soverato, Davoli, Montepaone Lido che con bianche spiagge e fondali incredibili, coronano e completano un’offerta turistica bella e sorprendente. Raccontare di re e casati, guerre e matrimoni, minuzie da archivi e cancellerie, sarebbe stato, sono convinta,  un po’ noioso o forse interessante solo per pochi. Io sono la viaggiatrice che ama sognare e che racconta i suoi percorsi ma soprattutto le impressioni, come esperienze di viaggio dove i miei occhi e il mio pensiero sono la pellicola su cui imprimo, come in un film, le mie emozioni.

 Vittoria Camobreco

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