Rubrica di Opinioni di Francesco Raspa

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Un uomo feroce

  
E’ stato arrestato un uomo feroce. Ratko Mladic. Non è certo l’unico. Né l’ultimo. E’ accusato di crimini di guerra, di genocidio. Come furono incriminati gli alti ufficiali nazisti a Norimberga. E come avrebbero potuto esserlo altri, di diverse bandiere. Tutti fautori di distorsioni ideologiche.

Non si tratta di fare una ricostruzione storica del massacro di Srebrenica, nella Bosnia Occidentale. Varrebbe la pena documentarsi in prima persona con qualche ricerca su internet, se la memoria non aiuta. Si era nel Luglio del 1995.

E’ giusto, invece, ricordare la logica di quel massacro. I numeri. Le fonti ufficiali hanno contato più di 8300 vittime. Quelle non ufficiali suppongono un numero superiore a diecimila. Il dato di fatto è che con l’esame del DNA ne sono state riconosciute poco più di 6400. Se si considera l’arco di tempo in cui il massacro si è sviluppato, ciò farebbe impallidire i peggiori gerarchi nazisti. E non solo.

Tutto questo è accaduto cinquant’anni dopo La soluzione finale contro gli ebrei. Vicino ai confini dell’Italia e in un mondo in cui le guerre erano tutt’altro che finite. Forse per questo è importante la memoria. Serve a non perdere di vista che i diritti dell’uomo non sono propriamente un fatto acquisito. Come il concetto di superiorità razziale, il disprezzo così assoluto verso chi non appartiene al proprio codice genetico.

Qualche giorno fa è stato rilasciato quel tifoso serbo che aveva messo a ferro e fuoco la curva dello stadio Marassi, a Genova, nella partita che avrebbe dovuto giocarsi tra la nostra nazionale e quella serba. Quella sera la federcalcio aveva promosso una bella iniziativa, riempiendo le tribune di bambini. Fu uno spettacolo tetro. Il nerboruto tifoso per sfuggire alla cattura si era nascosto nel vano bagagli di un pullman. I codardi sono fatti così. Sbandierano la loro apparente forza e poi, quando le cose vanno male si nascondono come topi. Così Ratko Mladic.

Questo breve articolo è solo una riflessione a voce alta. E’ un nugolo di pensieri, amari. Pensavo anche che tra qualche giorno sarà il 2 Giugno, la festa della Repubblica. Per il 25 Aprile l’amministrazione uscente non ha organizzato nulla. Né tanto meno per il primo Maggio. Chissà se la nuova amministrazione, qualora dovesse essere già insediata, penserà a qualcosa. Chissà se, più in generale, i nuovi  amministratori di questa città, penseranno che la riflessione storica, in chiave educativa, è un bene prezioso, e che non può limitarsi alle fotografie di Soverato com’era cinquanta o sessanta anni fa. La storia locale ci ricorda la nostra identità. La storia, ci ricorda che la nostra identità si unisce e si arricchisce con quella degli altri.

Trovo un certo imbarazzo per chi si definisce suveratano doc. Quasi fosse un merito, un segno distintivo verso chi, vivendo a Soverato e non essendo genealogicamente indigeno, sia da considerare di dignità diversa. Ragioniamo e parliamo di cittadini, che è culturalmente un concetto più elevato. Spero lo facciano anche gli amministratori ed i consiglieri tutti… che a trovarne di Suveratani doc ci sarebbe da tornare a votare.

Ho aggiunto a questo scritto delle foto del massacro di Srebrenica. Sono piuttosto forti. Potrebbero colpire la sensibilità dei lettori. Ma la crudezza delle immagini documentano la violenza di cui è capace l’uomo. E non è giusto nasconderla. 

 Francesco Raspa

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