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Rubrica di Salute & Benessere a cura di Filippo Apostoliti

Numero 43 - Per eventuali Richieste e Consigli scrivere a: info@soveratoweb.it


   
Il presente articolo ha carattere divulgativo e non consultivo. Non può e non deve sostituirsi al rapporto paziente  – medico, che rimane l’unico interlocutore per la corretta diagnosi e terapie delle patologie trattate.

La ricerca scientifica sull’omeopatia: una realtà su cui riflettere
Dott. Giovanni De Giorgio, medico chirurgo, studioso e autore di testi sull’omeopatia

E’ un vero piacere accogliere l’invito del dottor Filippo Apostoliti, farmacista esperto di omeopatia, che gentilmente m’invita a intervenire nell’interessante rubrica da lui curata su “Soverato Web”.

A questo invito non posso rispondere di no.

Il dottor Apostoliti - che ebbi il piacere di conoscere durante un convegno sull’omeopatia - merita una risposta affermativa per molteplici motivi, in particolare, per il motivo più ovvio: Apostoliti è un professionista che argomenta sull’omeopatia in modo rigoroso e senza invadere campi altrui.  

Ebbene, sì, quando si argomenta sull’omeopatia bisogna usare prudenza e precisione, adottando costantemente rigore scientifico, puntualità nelle citazioni, onestà intellettuale, evitando di scadere nella faciloneria che, purtroppo, non è rara nel mondo delle cosiddette medicine non convenzionali.

Su questa faciloneria, scansata prudentemente dagli uomini di scienza, vorrei ragionare con attenzione, evidenziando non soltanto la faciloneria dilagante negli ambienti sottoculturali, ma talvolta presente anche in alcuni ambienti dove la scienza regna sovrana.  

Non è infrequente ascoltare, ad esempio, voci imprecise e facilone che sostengono la tesi per la quale non esisterebbero serie ricerche scientifiche sull’omeopatia e tali da smentire la tesi secondo cui i medicinali omeopatici agirebbero terapeuticamente per suggestione o per effetto placebo.

L’omeopatia, la medicina che cura le persone con le cosiddette “piccole dosi” ed in base alla legge della similitudine (“similia similibus curentur”: per dirla con una metafora,  “i veleni” si curino con i “veleni”), non è carente di ricerche scientifiche. 

In verità, bisogna ammettere che il numero di ricerche scientifiche realizzate sull’omeopatia è notevolmente inferiore rispetto all’enorme numero di lavori realizzati sull’allopatia (“allopatia”: per intenderci, medicina convenzionale), ma questo non significa che la medicina omeopatica sia totalmente priva di letteratura scientifica.

Le voci che sostengono la totale carenza di studi e di letteratura scientifica sull’omeopatia, a mio modesto avviso, sono voci che possono essere smentite facilmente perché nella nostra epoca non è difficile aggiornarsi e riscontrare il contrario di quando sostengono tali voci.

Mi spiego meglio.

Un semplice “click” sulla tastiera del computer consente a chiunque di acquisire informazioni d’ogni genere, comprese le informazioni riguardanti la ricerca scientifica sull’omeopatia. Ricerca scientifica sull’omeopatia: realtà su cui riflettere.

Anche io, grazie ad un semplice “click” scoccato sulla tastiera del computer, ebbi modo di apprendere la notizia riguardante un’importante ricerca scientifica sull’omeopatia realizzata da autorevoli studiosi  dell’Università del Texas. Con questa ricerca è stata evidenziata l’azione citotossica di alcuni rimedi omeopatici sulle cellule cancerose del tumore al seno.  

Per spiegare l’importanza di questa ricerca, e per sottolineare quanto l’informazione circoli velocemente ed efficacemente nella nostra epoca, di seguito desidero riportare per filo e per segno un brano tratto da un limpido articolo giornalistico - pubblicato da “Il Giornale.it” - attraverso cui appresi notizie sbalorditive in un battibaleno, premendo agevolmente un tasto sulla tastiera del computer, scoccando un semplice “click”.

Ecco cosa appresi dopo il “click”: “Il lavoro è firmato dal team di Moshe Frenkel dell’Integrative Medicine Program-Unit del Department of Molecular Pathology dell’University of Texas M.D. Anderson Cancer Center (Houston) e pubblicato sull’ ‘International Journal of Oncology’. Condotto in laboratorio su due linee cellulari di adenocarcinoma e su cellule di tessuto sano, la ricerca mostra che i rimedi testati hanno ‘elevati effetti citotossici’ nei confronti delle cellule cancerose, cosa che non accade nel caso dell’epitelio sano.

Il team di studiosi spiega che l’azione dei rimedi omeopatici sembra simile a quella del paclitaxel, un chemioterapico usato per trattare il tumore al seno” (Il Giornale.it, La scoperta: omeopatia efficace contro il tumore al seno, domenica 14 febbraio 2010, di redazione). E’ evidente che questi risultati non sono affatto conclusivi, ma dovranno essere completati da ulteriori studi e approfondimenti.

Per il momento, credo che i risultati ottenuti dagli studiosi di Houston forniscano spunti di riflessione in base ai quali: 1) vacilla l’ipotesi secondo cui l’azione dei medicinali omeopatici sia frutto di suggestione o di effetto placebo (lo studio è stato realizzato “in vitro”); 2) vacilla l’ipotesi secondo cui le potenzialità terapeutiche dell’omeopatia sarebbero relegabili soltanto nella cura di banali patologie (lo studio riguarda il tumore al seno ed è stato realizzato su cellule cancerose di adenocarcinoma); 3) vacillano alcune critiche secondo cui gli studi omeopatici sarebbero inattendibili e di bassa qualità (il lavoro è stato realizzato da autorevoli studiosi dell’Università del Texas e del prestigioso M.D. Anderson Cancer Center (Houston); 4) vacillano le opinioni secondo cui le ricerche scientifiche sull’omeopatia siano “introvabili”, anzi, si comprende benissimo che esse sono a portata di mano, o meglio, “a portata di click”.

Peraltro, le notizie riguardanti le ricerche scientifiche sull’omeopatia circolano agevolmente, anche attraverso sintetici e brillanti articoli giornalistici che consentono a qualsiasi cittadino – pure a chi non è “addetto ai lavori” - di leggere notizie importanti, sfogliando semplicemente le pagine di un quotidiano.

A questo punto della mia argomentazione, spero che si possa ben riflettere sull’assoluta serietà e autorevolezza di alcuni studi scientifici sull’omeopatia, ma spero pure che si possa ben riflettere sulla superficialità con cui talvolta vengono esternate alcune opinioni per le quali i medicinali omeopatici sarebbero “acqua fresca”, facendo intendere che la medicina omeopatica potrebbe agire terapeuticamente per suggestione ed effetto placebo.

Che l’omeopatia non sia “acqua fresca”, credo lo dimostri abbondantemente lo studio appena citato, di alto livello accademico e realizzato “in vitro” su cellule di adenocarcinoma… cellule che certamente non sono suggestionabili... (mi scuso per la facile ironia). Oltre allo studio appena citato, altri studi scientificamente autorevoli dimostrano che l’azione terapeutica dell’omeopatia non è frutto di suggestione o di effetto placebo.

A questo punto bisogna capire il motivo per cui alcuni studiosi ritengono che l’omeopatia sia soltanto “acqua fresca”.

Il motivo è il seguente: la soluzione con cui si preparano i medicinali omeopatici è “ultradiluita”, tant’è vero che spesso la soluzione contiene soltanto la “memoria” delle molecole di soluto che sono “transitate” nel solvente.

L’accusa secondo cui i medicinali sarebbero costituiti soltanto da “acqua fresca”, dunque, sembrerebbe un’accusa logica e ragionevole, ma, in base all’opinione di autorevoli studiosi, non lo è affatto. Per tentare di spiegare questa delicata questione, che rappresenta il pomo della discordia tra l’omeopatia e l’allopatia, desidero citare l’opinione del grande fisico Pannaria, il quale afferma: “Nelle diluizioni omeopatiche, private anche dell’ultima molecola, resterebbe la stampa, l’impronta della molecola, cioè l’antimolecola, o antiparticella” (Cit. in: Beucci B. Trattato di terapia omeopatica, Edizioni scientifiche Siderea, Roma, 1989, p. 21).

A questa opinione, desidero accostarne un’altra, anch’essa autorevole, esternata dall’illustre matematico Luigi Fantappiè, il quale fu professore presso l’istituto di Alta Matematica dell’Università di Roma. Ecco cosa afferma l’illustre matematico: “L’obiezione che, non potendo esistere una molecola di sostanza nelle fortissime diluizioni usate dalla medicina omeopatica, non possa per questo aversi alcun effetto, non è ragionare: è sragionare; e indica nella medicina (e pure nella biologia) una tendenza a materializzare un po’ tutto, col risultato che ciò che non è materiale, pesabile, si ritiene inesistente” (Cit. in: Zammarano. F., Medicina omeopatica dalle origini ad oggi, prefazione del professor Gaetano Boschi, Edizioni Cappelli, Bologna, 1951, p. 212.).

Questa autorevole opinione, citata da Zammarano in un suo interessante libro, credo offra una ragionevole interpretazione “fisico-matematica” riguardante i medicinali omeopatici “smaterializzati”, costituiti soltanto di acqua, ma non di “acqua fresca”. Nell’omeopatia, insomma, agirebbe terapeuticamente l’acqua “omeopatizzata” e “dinamizzata” (cioè “energizzata” attraverso precise e programmate succussioni), acqua capace di “ricordare” il soluto che l’ha attraversata durante le varie diluizioni e dinamizzazioni.

Tutto questo potrebbe sembrare fantasia, ma le affermazioni del fisico Pannaria e del matematico Fantappiè forniscono interpretazioni scientificamente ragionevoli.  Del resto, se ci appelliamo ad alcune illuminanti ricerche sperimentali, le opinioni di Pannaria e Fantappiè vengono ulteriormente valorizzate.

Le ricerche sperimentali fanno parte della scienza e non della fantascienza. A tal proposito, credo che sia molto istruttivo apprendere i risultati di una ricerca realizzata dalla scienza e non dalla fantascienza, ed esattamente dalla scienza di Jean Claude Cazin (Università di Lille) e dei suoi collaboratori. I ricercatori hanno condotto un interessante esperimento  sull’arsenico omeopatico (Arsenicum 7CH), ottenendo i seguenti risultati: dei 60 ratti a cui era stato somministrato l’arsenico, i 30 ratti a cui era stato somministrato anche l’Arsenicum album 7CH (medicinale omeopatico) hanno eliminato il 40% di arsenico in più, in otto ore, rispetto agli altri 30 ratti che costituivano il gruppo di controllo.

Credo che questo esperimento, similmente a quello realizzato dai ricercatori di Houston, faccia vacillare l’ipotesi secondo cui l’omeopatia agirebbe per effetto placebo, evidenziando invece l’azione “reale” delle diluizioni omeopatiche, tanto “reale” da consentire ai 30 ratti “omeopatizzati” di eliminare il 40% di veleno in più rispetto ai ratti del gruppo di controllo (Cazin J.C., Cazin M., Gaborit J.L., Chaoui A., Boiron J., Belon. P., Cherruault Y., Papapanayotou C.,A Study of the effect of decimal and centesimal dilutions of Arsenic on the retention and mobilization of arsenic in the rat, Human Toxicology, 1987; 6: 315-320).

A mio avviso, questo esperimento rappresenta un’autorevole ricerca scientifica che, similmente alla ricerca effettuata dai ricercatori di Houston, fa intensamente vacillare l’ipotesi secondo cui l’omeopatia agirebbe per suggestione, facendo vacillare anche molte critiche e accuse contro la medicina omeopatica.

Non per difendere l’omeopatia da critiche e accuse, ma soltanto per offrire uno stimolo alla riflessione, alle due ricerche citate in questo articolo desidero aggiungere una terza ricerca, segnalando in questo mio articolo una “triade” di lavori scientifici di altissima qualità. La ricerca in questione, pubblicata sulla prestigiosa rivista “Lancet”, si pone l’obiettivo di valutare l’efficacia dell’omeopatia nella febbre da fieno. Nella discussione gli autori affermano: “I pazienti che hanno assunto preparazioni omeopatiche hanno mostrato un più evidente miglioramento della sintomatologia rispetto a quelli trattati con placebo” (Reilly D.T.Taylor M. A.Mc Sharry C., Aitchison T. Is homoeopathy a placebo response? Controlled trial of homoeopathic potency, with pollen in hayfever as model. Lancet, oct. 1986, 881-886).

Le tre autorevoli ricerche, commentate sinteticamente in questo mio articolo, non sono certamente le uniche, ma esse agevolano il senso della mia argomentazione che non intende far opera di persuasione.

Molto semplicemente, la mia argomentazione è orientata alla riflessione scientifica. Nulla di più.

In buona sostanza, lo scopo di questo articolo è quello di comunicare, per poi riflettere, commentando i dati non per convincere, ma semplicemente per informare il lettore che, giustamente, è libero di pensarla come gli pare. 

Per continuare ad informare - semplicemente con lo scopo di sollecitare riflessioni e ragionamenti - desidero riportare l’opinione espressa da un’alta personalità scientifica, opinione autorevole che consente di differenziare l’omeopatia ciarlatanesca dall’omeopatia seria.

L’opinione autorevole, che differenzia chiaramente l’omeopatia seria da quella ciarlatanesca, viene sintetizzata da una limpida affermazione del professor Gaetano Boschi,  valoroso neurologo ed accademico insigne, tant’è vero che egli fu rettore dell’Università di Modena. Ecco cosa scriveva riguardo all’omeopatia, nel lontano 1951, il professor Boschi: “Nella mia stessa comunicazione alla detta Società neurologica affacciavo qualche doverosa distinzione fra un’omeopatia facilona che largamente si presta al ciarlatanesimo, e quell’altra invece che è coltivata da medici degni di ogni miglior considerazione” (Zammarano. F., Medicina omeopatica dalle origini ad oggi, prefazione del professor Gaetano Boschi, Edizioni Cappelli, Bologna, 1951).

Questa opinione del professor Boschi, tanto per chiarire, non è l’unica attestazione di stima nei confronti dell’omeopatia seria, che, per dirla con le parole del grande accademico, “è coltivata da medici degni di ogni miglior considerazione”. Durante due secoli, le attestazioni di stima verso l’omeopatia si sono manifestate in tutto il mondo, anche attraverso celebrazioni solenni come, ad esempio, quelle che hanno voluto esprimere altissimi riconoscimenti nei confronti di Cristiano Federico Samuele Hahnemann.

Un altissimo riconoscimento nei confronti di Hahnemann (fondatore indiscusso dell’omeopatia) è rappresentato certamente dal monumento eretto a Washington, “per unanime deliberazione del Senato” - scrive Zammarano – “ed inaugurato dal Presidente degli Stati Uniti Mac Kinley, il 21 giugno 1900” (Ibidem, p. 135).

Si può ben dire che questi alti riconoscimenti, assieme agli autorevoli studi scientifici internazionali, corrispondono ad una specie di “traguardo” raggiunto dall’omeopatia. Il senso di questo mio articolo è sostanzialmente quello di indicare questo metaforico  “traguardo”, che non rappresenta la conclusione di una “gara” per “vincere”, ma per “conoscere”, sperando che gli arbitri siano imparziali. Ancora, però, bisogna raggiungere altri traguardi. Questo vale per ogni ramo della scienza.

Ecco perché scrivo con infinita umiltà, precisando che non intendo affatto “vincere” o convincere, ma semplicemente desidero offrire un mio contributo di pensiero. L’omeopatia moderna, che non vuole scontrarsi e non vuole polemizzare inutilmente, dialoga intelligentemente con ogni ramo del sapere e con tutta la medicina. La medicina è una sola: omeopatia e allopatia sono paragonabili alle due mani, destra e sinistra, pertanto servono entrambe. 

Chi vuol continuare a polemizzare inutilmente, a mio avviso, sbaglia e sbaglia di grosso. E sbaglia pure chi, in maniera subdola, tenta di assimilare l’omeopatia alla ciarlataneria. L’omeopatia è una metodologia clinica molto seria. Questo convincimento, in modo chiaro e netto, fu esternato da uno dei più importanti uomini della storia. E’ arcinota, infatti, l’affermazione di Gandhi: “L’omeopatia è il metodo più avanzato e più raffinato per curare il paziente in modo economico e non violento”.

A questo punto qualcuno potrà obiettare, sostenendo che l’affermazione del mahatma non può essere paragonata ad una ricerca scientifica. Giusto. Ma credo che l’obiettore non possa  negare una verità: l’opinione di Gandhi rappresenta il pensiero di un altissimo intelletto. Gandhi non era uno scienziato, ma possedeva una mente illuminata. Qualsiasi mente illuminata, francamente, non deve essere sottovalutata.

Per quanto mi riguarda, non intendo sottovalutare le menti illuminate, così come non intendo sottovalutare le ricerche scientifiche sull’omeopatia: ricerche autorevoli, ricerche che fanno riflettere, ricerche che fanno vacillare l’ipotesi secondo cui l’omeopatia possa essere assimilabile alla ciarlataneria, ricerche per le quali si può ben comprendere che l’omeopatia non è una poetica fantasia.

Dimenticavo: ricerche di cui si può venire a conoscenza con un semplice “click”.

Dott. Giovanni De Giorgio, medico chirurgo, studioso e autore di testi sull’omeopatia.

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Il presente articolo ha carattere divulgativo e non consultivo. Non può e non deve sostituirsi al rapporto paziente  – medico, che rimane l’unico interlocutore per la corretta diagnosi e terapie delle patologie trattate.

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