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Rubrica di Salute & Benessere a cura di Filippo Apostoliti

Numero 52 - Per eventuali Richieste e Consigli scrivere a: info@soveratoweb.it


   
Il presente articolo ha carattere divulgativo e non consultivo. Non può e non deve sostituirsi al rapporto paziente  – medico, che rimane l’unico interlocutore per la corretta diagnosi e terapie delle patologie trattate.

Cellulari & Co. sull’onda della salute
Intervista alla Dr. Masiero di A.P.P.L.E.

Dopo il caso Marcolini, sono tante le richieste di chiarimenti sulla pericolosità dei cellulari e delle onde elettromagnetiche che ci circondano. Abbiamo intervistato per voi la Dr.ssa Masiero di A.P.P.L.E. (Associazione Per la Lotta e la Prevenzione dell’Elettrosmog), che opera a Padova.

Nei giorni precedenti alla nostra intervista ho letto una parte della enorme documentazione pubblicata sul vostro sito (applelettrosmog.it).

Capirà, volevo prepararmi bene.

Quando ho deciso di richiamarla ho preso il mio telefono e mentre componevo il numero ho pensato che forse sarebbe stato meglio usare il telefono fisso, giusto per non espormi inutilmente a delle altre onde elettromagnetiche, ma a casa ho il cordless e quindi mi sono trovato punto e a capo.

La nostra esposizione alle onde è tale che in effetti è oramai necessario parlare di vero elettrosmog.

Soprattutto in questi ultimi due decenni abbiamo assistito ad un considerevole aumento della esposizione umana ai campi elettromagnetici (CEM), in particolare per quanto concerne le radiofrequenze e microonde (RF/MO), in seguito alla introduzione ed allo sviluppo di nuove tecnologie.  

Le esposizioni riguardano la popolazione in generale e tutte le fasce d’età, bimbi compresi.

Facciamo qualche esempio: la telefonia mobile, esigendo l’implementazione di antenne o stazioni radio base per la copertura del segnale a servizio dei cellulari, ha riempito le nostre città di tralicci e pali pieni di ripetitori; l’ introduzione di sistemi di connessione wireless, o senza fili, nelle piazze, nelle strade, sotto le pensiline dei tram, nei luoghi di lavoro pubblici e privati ecc. ha concretamente aumentato l’esposizione individuale; l’utilizzo quotidiano per lavoro e svago di cellulari, tablets, computers portatili ecc. ecc. ha incrementato l’esposizione a contatto con singole parti del corpo.

Dobbiamo riflettere sul fatto che questo utilizzo determina tempi di esposizione sempre più lunghi per tutta la durata della vita a cominciare purtroppo dalla più tenera età, per proseguire in modo sempre più massiccio nell’età lavorativa (esposizioni fino a 5-7 ore al giorno e anche più).

Mi sembra giusto evidenziare che esiste una malattia, che si chiama elettrosensibilità (EHS) che determina disturbi a vari livelli di gravità (fino anche a compromettere la vita quotidiana e lavorativa delle persone) dovuta alla sensibilizzazione all’esposizione ai CEM. L’EHS, riconosciuta ad esempio in Svezia, è in serio aumento ovunque.

Per completare il quadro va detto che, per quanto riguarda l’esposizione alle radiofrequenze dei telefoni mobili, la letteratura scientifica ha messo in relazione in modo statisticamente significativo l’esposizione occupazionale con diversi tipi di tumore oltre a quelli cerebrali: leucemie, linfomi, tumori al testicolo e alla mammella. 

Potevo immaginare conseguenze cerebrali, ma addirittura ai testicoli? 

Per quanto riguarda l’esposizione a cellulare e cordless accostati all’orecchio ovviamente le parti esposte sono la testa, il cervello, l’apparato acustico e la faccia.  

Ma i giovani e i giovanissimi tengono il cellulare acceso nella tasca anteriore dei pantaloni quasi tutto il giorno, oppure il computer portatile sulle gambe per diverse ore: questo determina un rischio di diminuzione della fertilità che, per quanto si sa fino ad ora, è evidenziato per parte maschile della popolazione.  

Gli stessi produttori di cellulari da un po’ di tempo all’interno dei manuali di sicurezza dei cellulari suggeriscono quanto segue: “Per ridurre l’esposizione alle radiofrequenze (RF), tenere in considerazione le seguenti istruzioni sulla sicurezza: utilizzare il dispositivo…..nelle aree dove e’ presente un segnale wireless forte.

L’indicatore che fornisce informazioni sulla forza del segnale wireless si trova nell’angolo superiore destro della schermata iniziale e visualizza cinque barre in ordine crescente. Tre o più barre indicano che il segnale è forte.

Una condizione di segnale ridotto, che potrebbe verificarsi in aree come un parcheggio sotterraneo o durante viaggi in treno o in auto, può indicare una maggiore energia erogata dal dispositivo…..nel tentativo di eseguire la connessione a un segnale debole”.

Ed ancora:  

Utilizzare la funzione vivavoce se è disponibile e tenere il dispositivo…ad almeno 25 cm dal corpo (compreso l’addome per le donne incinte e l’addome inferiore per gli adolescenti) quando il dispositivo è attivato e connesso alla rete wireless….“ridurre il numero di ore trascorse in conversazioni telefoniche”.

Questo è solo un esempio tratto da un modello.

Mi sembra molto indicativo!

Anche perché questi sono gli stessi suggerimenti che da molti anni la nostra Associazione, come altre analoghe organizzazioni di tutto il mondo, ripete insistentemente ai consumatori, perché applicare delle regole preventive è la prima autodifesa.

C’è da chiedersi però chi legga queste istruzioni relegate dentro ai manualetti e spesso scritte in inglese!

E’ evidente che le compagnie temono azioni legali da parte delle persone che hanno subito danni da esposizione e quindi si premuniscono, come è successo anni fa con il tabacco. 

Considerando l’incidenza storica dei tumori alla testa correlabili all’uso dei cellulari, di quale rischio parliamo e quali sono le fasce di età più colpite?

Va premesso che i dati scientifici sono contrastanti ma non a caso: la maggior parte dei lavori scientifici che ci offrono dati negativi rispetto alla correlazione tra telefoni mobili e tumori, sono cofinanziati da produttori e gestori della telefonia mobile e sono caratterizzati da numerosi “errori” metodologici che sono stati di recente evidenziati dalle metanalisi fatte dal Prof. Angelo Levis.

Nella recente e storica sentenza della Corte d’Appello di Brescia, confermata dalla sentenza della Corte di Cassazione Civile sul caso Marcolini (neuroma al nervo trigemino da esposizione lavorativa a telefoni mobili), i giudici hanno chiaramente indicato come i finanziamenti delle compagnie e i conseguenti “business bias” rendano palesemente ininfluenti i risultati negativi degli studi scientifici che ne sono gravati.

Gli studi che indicano aumenti statisticamente significativi di tumori alla testa in chi ha utilizzato telefoni mobili per almeno 10 anni e oltre 2000 ore di utilizzo sono soprattutto quelli del gruppo svedese del Prof. Hardell che dal 1998 in poi ha pubblicato moltissimi lavori.  

L’incremento di rischio più probabile è di circa 6 volte tra chi è esposto in questo modo rispetto ai non esposti.  

Il tempo di latenza è piuttosto lungo nei tumori alla testa: 10-20 anni e anche più. La IARC/OMS ha incluso nel maggio dello scorso anno le radiofrequenze tra i possibili cancerogeni (gruppo 2 b), sulla base dell’incremento di rischio del glioma (tumore cerebrale maligno) per l’esposizione ai telefoni mobili, che, è bene ricordare, sono sia i cellulari che i cordless.  

A proposito dei ragazzi, è vero che il rischio di tumori è maggiore se l’esposizione al cellulare inizia prima dei venti anni? 

I dati del gruppo di Hardell indicano che il rischio in chi ha cominciato ad usare i cellulari e i cordless prima dei 20 anni è decisamente maggiore rispetto a chi ha iniziato ad usarli in età più avanzata.

Nel periodo 2007-08 l’A.P.P.L.E. ha condotto una indagine sull’uso del cellulare utilizzando un campione di 1438 alunni di varie fasce d’età. Cosa avete riscontrato? 

Svolgiamo, sin dal 2004, incontri sui CEM con gli allievi di scuole di ogni ordine e grado dalla quinta elementare all’ultimo anno delle superiori. 

Quella cui si riferisce è un indagine eseguita in un breve periodo ( 2007-2008) della nostra attività informativa - divulgativa presso gli istituti scolastici ed è stata argomento di una tesi di laurea specialistica in psicologia presso l’Università di Padova. 

Abbiamo sottoposto ai ragazzi un questionario prima del nostro intervento per rilevare le abitudini circa l’utilizzo del cellulare (tempi e modi) ed abbiamo potuto constatare ad es. come il 93% di loro utilizzasse abitualmente un cellulare e nel il 60% dei casi lo tenesse sempre con se durante la giornata, anche a scuola, in modalità silenziosa.  

Spesso il cellulare è tenuto di notte sul comodino o addirittura sotto il cuscino e sono sempre di più i ragazzi che si svegliano di notte per controllare l’arrivo di sms o inviarli. Molti di loro dedicano la maggior parte del tempo ad attività connesse con l’uso di cellulari, computer o giochi elettronici, a volte in modo esclusivo o facendo altre attività.

Dopo il nostro intervento nelle classi abbiamo sottoposto ai ragazzi un ulteriore questionario per verificare le conoscenze acquisite sulle tecnologie che emettono CEM e sulle modalità corrette di utilizzo con buoni risultati.  

E’ per questo che la Comunità Europea ha deciso di stanziare dei fondi per una campagna di sensibilizzazione sui giovani e l’uso del cellulare? 

Non so come sia la situazione rispetto allo stanziamento dei fondi, posso dire però che il Parlamento Europeo è intervenuto più volte, anche di recente (2008-2009), circa la necessità che i governi dei Paese membri affrontino il problema dell’inquinamento elettromagnetico e degli effetti biologici e sanitari conseguenti all’esposizione.

Nella dichiarazione del 2009 Il PE invitava gli Stati membri a “adottare la legislazione del Liechtenstein che fissa un limite massimo d'esposizione di 0.6 V/m per le antenne di trasmissione dei telefoni cellulari in aree sensibili come le case, le scuole e i luoghi di lavoro”, a fornire informazioni per sensibilizzare l'opinione pubblica sui possibili rischi dell'esposizione alle radiazioni e sollecitare ricerche autofinanziate sull'elettroipersensibilità, invitando anche la Commissione e gli Stati membri a prendere in considerazione la promozione delle tecnologie via cavo, piuttosto che delle tecnologie senza fili.

E proprio all’interno di questa Risoluzione il PE suggerisce alla Commissione di utilizzare una parte dei finanziamenti comunitari destinati agli studi sui CEM per sostenere una campagna globale di sensibilizzazione dei giovani europei in merito alle buone prassi nell'ambito dell'utilizzo del telefono cellulare, “ad esempio l'uso di kit vivavoce, la riduzione della durata delle telefonate, lo spegnimento del cellulare in caso di non utilizzo (ad esempio in classe) e il posizionamento in zone con buona ricezione quando si telefona”. 

Nel 2011 anche il Consiglio d’Europa è intervenuto con una Risoluzione dove chiede che i governi  “mettano in atto campagne di informazione e crescente consapevolezza sul rischio di possibili effetti  nocivi a lungo termine sull’ambiente e la salute umana, specialmente indirizzate a bambini, adolescenti e giovani in età riproduttiva”.  

Non mi sembra che i governi abbiano recepito molto!  

Il nostro Ministero della Salute ha postato sul suo sito uno scarno comunicato circa le precauzioni sull’utilizzo del cellulare indicando la volontà di promuovere campagne informative, dopo la trasmissione di Report del novembre 2001 (“L’ondalunga”).  

In seguito alla sentenza Marcolini il Ministero ha postato alcune ulteriori pagine, peraltro non facilmente rintracciabili, dove sì richiama quanto indicato dal Consiglio Superiore di Sanità che fa delle affermazioni a nostro parere alquanto criticabili e confutabili in base ai dati scientifici: “il quadro attuale delle conoscenze, pur deponendo nell'insieme verso un giudizio di assenza di rischi a lungo termine, non consente ancora di trarre conclusioni definitive; non appare tuttavia giustificata un'eccessiva preoccupazione in relazione ad eventuali problemi sulla salute”.  

Si danno comunque alcune indicazioni circa “semplici comportamenti individuali, quali l'utilizzo di sistemi a "mani libere" (auricolari e sistemi viva-voce), la limitazione delle telefonate non necessarie e l'utilizzo di messaggi di testo”- come risulta dalle indicazioni date dalla IARC, però si sostiene pericolosamente che “adozione di tali misure ha un valore prudenziale, in quanto resta incerto se ad esse corrisponda effettivamente un beneficio sanitario e una riduzione di ipotetici (non dimostrati) rischi per la salute”. Si dice addirittura che il Consiglio “sottolinea anche l'opportunità che i bambini siano sensibilizzati a un utilizzo non indiscriminato del telefono cellulare” ma che l’interesse nei confronti dei bambini non deriva da particolari evidenze scientifiche che ne indichino una maggiore suscettibilità ad eventuali rischi, ma dalla considerazione della più lunga potenziale esposizione lungo l'arco della vita.

E’ pazzesco, in un momento in cui si stanno evidenziando addirittura possibili danni transgenerazionali nei bambini le cui madri durante la gravidanza hanno utilizzato dispositivi che emettono radiofrequenza.   

A tutti i costi non si vuole percorrere la strada della Precauzione e della Prevenzione: le regole ò si danno o non si danno!  

Proviamo a chiederci perché….. 

Difficile quando le campagne di marketing All-inclusive sono così aggressive. Si riferiscono sempre ad una libertà d’uso che non ci serve.

E’ molto difficile!

Soprattutto per i più giovani che sono invogliati con mille moine dalle compagnie ad utilizzare i cellulari sempre di più. Il PE aveva denunciato proprio le campagne di marketing “particolarmente aggressive” da parte di taluni operatori telefonici in occasione delle festività di fine anno e di altre occasioni speciali, ad esempio la vendita di telefoni cellulari destinati esclusivamente ai bambini o le offerte "minuti gratuiti" mirate per gli adolescenti.  

Ma mi sembra che anche in questo caso i governi siano rimasti colpevolmente a braccia conserte.

Spesso insistete sui rischi maggiori nelle zone di campagne, dove il telefono fisso sta diventando un optional, perché?

Le compagnie incentivano l’abbandono del telefono fisso illudendo le famiglie che così risparmieranno soldi.

Il PE invece nel 2009 chiedeva agli Stati di mantenere il cavo, proprio nel dubbio che potessero manifestarsi problemi di salute aumentando massicciamente l’esposizione individuale. Ricordiamoci che qui il problema non sono tanto o solo le potenze, ma le frequenze (trattasi di microonde che producono sul corpo sia effetti termici che biologici). Se nelle zone rurali non c’è buona copertura è chiaro che il segnale emesso dal cellulare sarà più forte determinando una maggiore esposizione se utilizzato all’orecchio o a contatto col corpo.

Ci sono studi che indicano come il rischio di contrarre tumori alla testa nelle zone rurali poco servite dagli impianti di trasmissione sia maggiore. 

Ancora adesso, però, sembra che i casi di tumori siano veramente pochi. C’è un tempo di latenza da considerare?

Bisogna ribadire che, per dirla con il nostro Prof. Levis, noi stiamo vedendo appena la punta dell’iceberg, ma purtroppo non sappiamo quello che c’è sotto il pelo dell’acqua, anche se le avvisaglie che abbiamo non ci dicono nulla di buono.

I tempi di latenza perché un tumore alla testa si manifesti sono, come dicevamo all’inizio, piuttosto lunghi.

Devo dire che nell’ultimo anno noi stessi come Associazione stiamo ricevendo molte segnalazioni di casi tumori analoghi a quello di Innocente Marcolini, ossia ispilaterali, (cioè dallo stesso lato della testa dove si appoggiava abitualmente il telefono) e causati da lunghe esposizioni lavorative all’utilizzo di cellulari e cordless per almeno 10 anni.

Ma oggi, quante sono le persone che nelle aziende, negli uffici pubblici e privati, stanno lavorando in queste condizioni da 10-15 anni, con l’aggiunta recente del WI-FI, senza che nessuno, né le Autorità competenti, né i datori di lavoro, abbia fornito loro informazioni sulle precauzioni d’uso e sui rischi connessi?

Io credo molte.

Grazie alla esemplare sentenza Marcolini oggi sappiamo che la Magistratura è attenta agli studi scientifici ben condotti e non alterati dai conflitti di interesse e che non importa se la malattia non è tabellata dall’ INAIL: è un risultato molto importante per tutti.

Per evitare il rischio di insorgenza di queste patologie tra venti anni, quali consigli possiamo dare ai lettori per un uso più corretto del cellulare?

Meglio prevenire che curare: dobbiamo convincere le persone a modificare i comportamenti. Le 10 regole del nostro pieghevole possono aiutare. E’ scaricabile dl nostro sito  www.applelettrosmog.it

Cosa dovremmo trovare sulle schede dei cellulari, per orientarci meglio nell’acquisto?

Una chiare etichetta sulle emissioni del cellulare (e cordless) in modo che il consumatore possa facilmente scegliere i modelli più “ecologici”, e una serie di regole di utilizzo chiare e motivate….

Ma c’è ancora molta strada da fare.

Ci aveva provato anche il Sindaco di S. Francisco obbligando i produttori ad etichettare gli apparecchi ma questi gli hanno dato battaglia.

In giro ci sono tanti studi che dicono tutto e il suo contrario. Caso esemplare è il confronto tra gli studi INTERPHONE e HARDELL. Dove sta la verità?

 

La verità deve essere convincente e i punti che abbiamo toccato in precedenza, ossia il condizionamento dovuto ai finanziamenti delle compagnie negli studi che negano la possibilità di danni e che porta a distorcere i dati, i “business bias”, possono aiutarci a farci un’idea più precisa.

Comunque se avessimo dei dubbi, perché rischiare?

Perché non applicare delle semplici regole di prudenza?

Perché in Calabria, regione dalla quale scrivo, non ci siano dati ufficiali dei siti degli impianti televisivi e dei siti per la telefonia mobile.

Quello del “catasto” di questi impianti (telefoni, radio, tv, apparati militari e civili) è un annoso problema che non riguarda solo la Vostra bella regione, ma quasi tutto il territorio italiano.

Ci sono addirittura impianti radio-tv abusivi come succede dalle nostre parti nel parco dei Colli Euganei.

Ricordo che quando, nel 2000, il nostro gruppo decise di mappare le stazioni radio base per la telefonia mobile e le stazioni radio di Padova, girando a piedi e in bicicletta, compilò un elenco notevole di impianti in più rispetto a quelli noti all’amministrazione, che poi decise di dotarsi di una mappatura informatica.

In realtà sono le Arpa che dovrebbero avere questa mappatura aggiornata e in alcune regioni questo avviene.

Come faccio a capire se dove vivo c’è rischio ambientale?

Sarebbe basilare il monitoraggio serio delle emissioni.

Ossia: non conta tanto l’antenna “Totem” che fa paura al cittadino, quanto sapere a che livello di campo elettromagnetico quel cittadino vive (lavora, e dorme).

Con un grosso problema: la soglia di esposizione che non deve essere superata per legge (i famosi 6 Volt/metro) è ormai obsoleta perché dal punto di vista scientifico si ritiene che questo valore debba scendere a 0,5-0,2 al fine di non creare problemi di salute nel breve e lungo termine.

Quella sull’abbassamento delle soglie di esposizione è la battaglia di Davide contro Golia!

E a casa come ci organizziamo? 

Mantenendo il cavo, dove è possibile, per il telefono, per l’accesso a internet a casa e a scuola, usando il cordless solo per brevi chiamate e in viva-voce, riducendo l’uso del cellulare e in ogni caso utilizzando auricolare con il filo o viva voce, utilizzando per portare il segnale nelle stanze nuovi sistemi con cavi sottilissimi, quasi invisibili.  

E se abbiamo il dubbio di vivere in una zona inquinata da campi elettromagnetici (non scordiamoci degli elettrodotti, ossia dell’inquinamento ELF, a bassa frequenza) insistiamo per il monitoraggio da parte delle autorità preposte e delle amministrazioni locali. 

L’A.P.P.L.E. anche in questo caso è di grande aiuto con le sue numerose battaglie. 

L’Associazione è stata fondata nel 2001, dopo un anno di attività di parecchi comitati cittadini patavini, nella convinzione che si dovessero mettere insieme competenze tecniche e scientifiche sul tema dei CEM e che l’associazione di promozione sociale fosse il modo migliore per affrontare la battaglia dell’informazione corretta sui rischi correlati alle esposizioni ai CEM.

Sa cosa facciamo?

Svolgiamo perciò attività di informazione e divulgazione, presso i cittadini, le comunità, le scuole, le amministrazioni locali, attraverso seminari e conferenze. Collaboriamo con altre associazioni di tutto il mondo. Pubblichiamo articoli divulgativi e scientifici. Diamo una mano con documentazione e informazioni anche alle persone che ritengono di essersi ammalate a causa di queste esposizioni.

Ci date un grande aiuto, è indubbio. Chi volesse contraccambiare come può farlo? 

Devolvendo il 5x1000, sostenendoci con l’iscrizione annuale, collaborando con segnalazioni, aiutando nella traduzioni, ma soprattutto diffondendo l’informazione.

Chi è informato può prevenire!

 


Il presente articolo ha carattere divulgativo e non consultivo. Non può e non deve sostituirsi al rapporto paziente  – medico, che rimane l’unico interlocutore per la corretta diagnosi e terapie delle patologie trattate.

Per eventuali richieste e consigli scrivere a: info@soveratoweb.it


   
   

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