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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò

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Un’antica usanza per l’Assunta: la “fadda dâ Madonna”

 La festa di Maria SS. Assunta in cielo è stata nei secoli tra le più sentite della religiosità e della tradizione calabrese. Molte Diocesi erano intitolate all’Assunta

 Antiche sono pure le raffigurazioni dell’Assunzione. Nel Golfo di Squillace, meritano speciale menzione il quadro quattrocentesco della “Dormitio Virginis”, nella Collegiata di Santa Maria Assunta di Cropani; e l’affresco venuto alla luce durante i restauri della Cattolica di Stilo. L’iconografia è molto simile: gli occhi di chi guarda miravano alla Madonna addormentata, poi salgono al coro degli Apostoli, quindi a quello degli Angeli, e a Dio che attende la Madre.

 La devozione popolare celebrò l’Assunzione della Madonna molto prima che, nel 1950 ad opera di Pio XII, divenisse un dogma della Chiesa: si celebrava in molti modi, e anche in coincidenza con san Rocco; e in quel giorno, il 15 agosto, anticamente si tenevano le elezioni comunali, anch’esse in una chiesa.

 Molte confraternite laiche si intitolavano all’Assunta: vive ancora quella di Badolato, e se ne ricorda una anche in Soverato Superiore. Non è raro il nome proprio femminile Assunta.

 Una costumanza secolare, oggi quasi scomparsa, ma di cui resta ancora memoria e qualche traccia, è stata opportunamente richiamata da don Giorgio Pascolo durante la Messa della Festa; e chi scrive, presente e incuriosito, si è messo al lavoro per studiarla. C’è voluto un po’ di tempo, e di interviste, prima di pubblicare questo breve studio: ringrazio, oltre a don Giorgio, la “Monaca”, la signora Orestina, Rita Daniele e Maurizio Paparazzo.

 La “fadda”, detta anche “corona”, era un lungo filo di cotone, in cui le donne, recitando un Pater, Ave, Gloria, stringevano un nodo al giorno, e, in alcuni paesi, anche un nastrino ogni dieci nodi, di diverso colore. L’etimologia di “fadda”, probabilmente in origine “farda”, connesso a “fardala”, grembiale, a “ ‘mpardara”, e all’italiano “falda”, o “fardello”, spagnolo “fardo”, francese “fard”, si fa risalire all’antico tedesco “farawjan”, colore. Significa, per estensione, frangia, striscia, orlo; e, in genere, stoffa colorata. I fili di cotone per la “fadda” venivano intrecciati in casa, come si faceva anticamente per i vestiti di diverso materiale: lana, lino, ginestra e lo stesso cotone. Questo veniva coltivato dovunque, anche nelle colline di Soverato, e chiamato in dialetto “bambaciu”. A Sant’Andrea Ionio una località di campagna porta il nome greco di Bambacati, che significa campo di cotone.

 Il cotone, se non era prodotto in loco, si comprava in matasse. Anche questa è una parola dialettale greca, “mataxa”, che significa anche seta.

 Durante l’anno di preghiera, le donne stringevano 365 nodi, o 366 nei bisestili; in alcuni paesi, si poneva un nastrino azzurro ogni dieci nodi. Era una sorta di S. Rosario di tutto l’anno; un modo per consacrare, in casa, ogni giorno alla Madonna Assunta.

 Il giorno della Festa, le “fadde” venivano portate in chiesa, e si dovevano recitare tante Ave Maria quanti erano i nodi. Era una pratica lunga e impegnativa, divisa perciò in tre momenti: un’ora di mattina, una di pomeriggio, una di sera. Si racconta che non tutte portassero a termine l’impresa!

 Sono le devozioni del nostro popolo, che, con le processioni, i canti, i riti, costituivano la religiosità tradizionale, ma anche dei segni di coesione familiare e sociale: quella coesione che è così palesemente in pericolo, e dovremmo usare ogni mezzo per recuperarla.

 Da sempre, nella storia del Cristianesimo, serpeggia un’ostilità intellettualistica e dualistica per i riti e le tradizioni: gli gnostici, gli iconoclasti, i catari, i protestanti, i cartesiani, i giansenisti, i modernisti si sono adoperati per ottenere una religione timorosa della vita, filosofica, cerebrale, pensata, magari dotta, però pochissimo sentita e pochissimo popolare, anzi elitaria e catacombale. Il S. Rosario, con le altre costumanze millenarie, e questo nostro S. Rosario delle nonne, la “fadda”, sono la religione genuina, quotidiana, vera e operante, che è di tutti, che crede serenamente senza distillarsi la mente, che cerca di mantenere una morale cattolica e romana senza nevrotici perfezionismi, che è di Dio e del mondo senza accidiose separazioni.

 Ai tempi delle “fadde”, erano quasi tutti analfabeti, ricchi e nobili compresi, però le chiese erano zeppe di fedeli. Oggi pare che, a Milano, frequenti le chiese solo il 7% della popolazione; qui da noi, saremo sul 20, ma ben rari i giovani e gli uomini maturi: davvero grasso che cola! Meglio la frangia colorata con i nodi, che sentire la predica di un tizio che ha detto che la Madonna aveva dei dubbi di fede. Secondo me, li ha lui, il predicatore, e dev’essere uno che ha sbagliato mestiere, e ci tiene a raccontarcelo pure. Viva le vecchie nonne, e la loro devozione di cotone.

Ulderico Nisticò

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