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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò

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RIFORME LOCALI

 I più anzianotti ricordano certo i bei tempi che furono, quando ogni paesello sperduto aveva la sua Scuola Media con preside, vicepreside, segretario, applicati, bidelli e professori. Tempi felici, allora sì che non c’era il problema della disoccupazione! Bastava una laurea, un diploma, spesso manco quello, e un’assunzione in una scuola non ve la levava nessuno. A vita, con stipendio, con o senza utile prestazione d’opera, anche, spesso, con dannosa.

 Poi, a forza di leggere le famigerate lettere di don Milani i ragazzini impararono che il lavoro è una disgrazia, e da allora non fatica nessuno; e leggendo le femministe, decisero di non far figli, o, in caso di incidente, abortire. Morale, le innumerevoli Medie chiusero per mancanza di materia prima: gli allievi. Fra poco chiuderanno pure le Superiori. Morale, accorpiamo.

 Scandalo, vogliono accorpare. Niente di meno! I ragazzini costretti a percorrere addirittura dieci chilometri in autobus per andare nel paese vicino! Tragedia! Che ne dirà la zia? E che dirà l’aspirante bidello a cui tolgono il posto? Coraggio, meglio una scuola sola con laboratori e computer e biblioteche, che tre scuole scalcinate con banchi e lavagna sbrecciata. Per i Comuni, costa di meno uno scuolabus, che un edificio. Come per gli ospedali: se a Vibo non ce ne fosse manco uno, i malati avrebbero molte più probabilità di sopravvivere.

 Del resto, tranquilli: in molti casi si tratta di accorpare presidenze e segreterie. Ebbene, se uno vuole fare il preside con relativo alto compenso, trotti da un paese all’altro. Se no, a casa.

 Veniamo dunque agli accorpamenti. Quando li inventarono, dieci anni fa, il Ministero e i suoi uffici locali adottarono il più brutale e tonto dei criteri: la vicinanza. Vennero fuori pipistrelli, ornitorinchi, mostri giuridici. Io, che insegno nel Liceo di Chiaravalle, mi trovo accorpato ad un Tecnico. Ebbene, se volesse insegnare nel suddetto Tecnico invece che dove sono, a metri 300, dovrei rivolgere domanda di passaggio di cattedra e trasferimento al Ministero di Roma esattamente come se volessi trasferirmi a Lampedusa o a Vigevano. E non parliamo della materie, le quali si chiamano ugualmente italiano e inglese e matematica, ma vogliono dire cose completamente diverse. Si capisce dunque che non c’è stato nessun accorpamento, solo una raffazzonata operazione burocratica.

 Adesso bisogna decidere, e, ridete, ridete, dovrebbero esprimere un parere anche quei morti di sonno dei miei colleghi i professori. Sì, proprio loro, quelli che quando c’è un convegno culturale, “non me lo potevi dire prima, proprio oggi pomeriggio ho da fare”, e tornano a dormire.

 Coraggio, uscite dal sepolcreto. Qui delle due è l’una: o si decide per i poli territoriali, cioè una sola scuola superiore per Comune, un solo preside e una sola segreteria, e un sistema intelligente di collegamento internet o fisico; o si sceglie la linea della tipologia, che mi sembra una cosa più seria. Un solo Liceo di Chiaravalle e Soverato; un solo Tecnico con ITIS di Chiaravalle e Geometra e Ragioneria di Soverato; un solo Professionale con Alberghiero di Soverato, Scuola di S. Andrea, Scuola di Stalettì e Agrario di Chiaravalle. Per ora: intanto, studiare bene se il territorio richiede ancora questi tipi di istruzione, o non è il caso di modificare quella che la burocrazia chiama l’offerta, cioè i contenuti e le materie. Lo sapete che la scuola serve a fare scuola, non a risolvere i problemi occupazionali, ovvero sistemare la gente?

 Come si fa per le riunioni, nelle scuole così accorpate? Se ne fanno pochissime, tanto non servono. Il primo giorno dell’anno scolastico, i proff. eleggono dei loro rappresentanti, i quali, pagati, parteciperanno ad attività decisionali. Del resto, via, un viaggetto ogni tanto non fa male, si cambia pure aria.

 Che ne pensate, o miei sonnacchiosi colleghi? Coraggio, pensate, ogni tanto, scrivete, interloquite, esistete, non lamentatevi solo per la quinta ora e “quanto ti manca per la pensione”. Dovrebbero dire la loro anche i sindaci, tra una crisi e l’altra per il vicesindaco e l’assessorato; indire convegni; sentire le scuole...

 Ritenete che io stia sognando? È così, anch’io ho un sogno, che il mondo della scuola si desti e parli. Quando mi sveglio, invece, mi guardo intorno e comincia l’incubo.

Ulderico Nisticò

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