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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò

Numero 79 - Per eventuali Commenti su questo articolo scrivere a: info@soveratoweb.it

LA LINGUA DI BABELE A SOVERATO E A FORCELLA

 Il mito di Babele è denso di significati. A proposito, in un articolo dedicato alla semantica, è bene che io per primo non crei equivoci: i miti sono tutti veri, a patto di non interpretarli alla lettera come gli scemi. Chiarito questo, spieghiamoci, intanto narrando che cosa accadde, secondo la Bibbia. Ahimè, è necessario: ogni giorno devo constatare, tra i credenti, la più desolata ignoranza non dico di storia sacra e teologia, ma anche del più elementare catechismo. Si facesse dottrina, invece di chiacchiere, si spiegasse il Vangelo... come andrebbero meglio tante cose!

 Un tempo gli uomini, colpiti da orgoglio umanistico, antropocentrico, progressista, razionalista, giansenista e giacobino, decisero niente di meno che di costruire una torre per raggiungere il cielo; “e usarono mattoni invece di pietre, e bitume invece di fango”. Il Signore, per punire la tracotanza, e anche per evitare in cielo visite non gradite, confuse le lingue, che da allora divennero diverse per nazione; e del manufatto non si fece più niente, e vi crebbe l’erba come la bretella Petrizzi - Gagliato.

 Quali sono i significati allegorici di Babele? Evidenti, a saper leggere. In breve:

  1. Viene affermata l’unità originaria del genere umano;
  2. Le nazioni non sono naturali e biologiche, ma storiche e culturali (ethnos, da ethos), e la loro prima caratteristica identificante è la lingua;
  3. Gli abitanti di Babele erano progressisti e tecnologicamente progrediti, però di scarsa saggezza e intelligenza, e privi del tutto di buon senso, e credevano di poter guidare il mondo e fare a meno di Dio, anzi di prenderNe il posto;
  4. In quanto tali, in preda all’astrazione e all’intellettualismo senza corpo, subiscono quel che accade sempre a quanti pensano o leggono più di quanto siano in grado di capire: la confusione mentale, e perciò linguistica.

 Infatti mica è credibile che all’improvviso Tizio si sia messo a parlare cinese e l’altro arabo o greco. È invece logico sia avvenuto di peggio: tutti parlavano la stessa lingua, però ognuno dava un significato suo alle parole, tutto suo, tutto nuovo. Così tutti facevano finta di capirsi, e non capivano un accidenti a vicenda.

 A questo punto io dubito anche che certe bugie siano bufale consapevoli. Secondo me, è proprio che le parole hanno smarrito la loro dignità, e possono essere usate come una specie di auto guidata da una talpa. Si innesta una fraseologia fatta, leggicchiata su libri di dubbia consistenza, e via con lo sproloquio.

 Quando, dichiarando di riportare un comunicato altrui, si fa come con le foto delle signore anziane, un ritocchino, io mi domando se si mente sapendo di mentire, o è l’effetto Babele, cioè la convinzione che tanto una parola vale l’altra: sofismi. Come veritatismo, per capirci.

 Che è successo? Che un comunicato televisivo in cui si dice chiaramente e solamente “rammarico” viene taroccato come le borsette finte firmate che vendono a Forcella, quartiere di Napoli, e diventa “chiediamo scusa”, che invece nei comunicato non c’è, allora ci troviamo intanto di fronte a un falso sfacciato, ma anche al tentativo babelico di far passare la bufala che tanto una parola vale l’altra. E invece non è affatto così: rammarico vuol dire dispiacere per quanto sta succedendo ogni domenica dal 9 agosto, e magari sottintende che è un po’ colpa di tutti, di tutti, persino mia; “chiedo scusa”, vuol dire io ho torto e tu hai ragione. Non sono affatto sinonimi; ed è gravemente scorretto contraffare le parole altrui, riportarle in modo artefatto e diverso, come fanno con gli orologi a Forcella. Non c’è alcuna richiesta di scusa! Questo, per la verità, che non è veritatismo.

 Concludo con una noticina aggiuntiva, ma non estranea al contesto. Io ricordo benissimo che, il 16 ottobre, il Reverendo Parroco e il Consiglio Pastorale hanno chiesto solo e unicamente la mia espulsione dal Comitato e non lo scioglimento del medesimo: presenti cinquanta persone, che possono, e moralmente devono confermare. Perciò la Curia ha fatto il contrario di quanto chiesto dal Parroco. Se dall’ambone viene detto che Consiglio e Reverendo Parroco hanno chiesto alla Curia lo scioglimento, ciò a me non risulta per niente, e perciò lo ritengo non rispondente al vero, anzi il contrario del vero, almeno finché non mi verrà cortesemente fornita copia dello scritto con cui tale scioglimento sarebbe stato richiesto, ovviamente in data successiva al 16 ottobre e precedente il decreto della Curia. Le telefonate, essendo volatili, non valgono. Fino ad esibizione di prova, ovviamente genuina, continuerò a sostenere essere non vero che sia mai stato chiesto da Parroco e Consiglio lo scioglimento del Comitato. Non vero.

 Che volete, io sono vecchio, e ho imparato a parlare prima della confusione di Babele: per me vero e falso vogliono ancora dire vero e falso nel senso più reazionario e semplice, non una patacca che somiglia, una merce contraffatta. Esibitemi copia, per favore. Tempo concesso, giorni tre: poi, vedremo

Ulderico Nisticò

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